Dal silicio al DNA, elettronica 1000 volte più piccola

L'elettronica basata sul silicio è ormai vicina ai suoi limiti fisici e si stanno cercando alternative. Una di queste è l'uso di molecole di DNA per realizzare componenti elettronici. Un ambito di studio nel quale un gruppo di ricerca ha ottenuto un ottimo risultato, di recente.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Ricercatori delle università della Georgia (USA) e Ben Gurion (Israele) hanno realizzato un diodo con una sola molecola di DNA, composta solo da undici coppie di base. Il risultato è un componente elettronico infinitamente più piccolo rispetto a quelli, già microscopici, che troviamo negli attuali microchip.

Si tratta di una svolta importante, perché anticipa un ulteriore passo avanti verso la miniaturizzazione dell'elettronica. Un aspetto chiave per mantenere valida la legge di Moore e continuare a far evolvere la potenza e la velocità dei componenti elettronici.

Al momento infatti siamo vicini ai limiti fisici della tecnologia basata sul silicio. I processori più avanzati sono realizzati con processo litografico a 14 nanometri, e nei prossimi anni dovremmo riuscire ad arrivare ancora oltre. A un certo punto però i circuiti diventano instabili e inutilizzabili. Questo significa che presto raggiungeremo il numero massimo di transistor all'interno di un processore (senza aumentare le dimensioni del processore stesso).

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Il team che ha realizzato questo diodo, guidato da Bingqian Xu, va quindi ad affrontare un problema che è sempre più pressante, con un risultato che fa ben sperare nella realizzazione di componenti elettronici più piccoli rispetto a quelli possibili con il silicio.

In particolare, gli scienziati hanno sviluppato una molecola chiamata coralyne e un'elica di DNA composta solo da 11 coppie di base. Questa molecola lascia passare la corrente elettrica in una direzione ma la blocca quasi completamente in quella opposta, esattamente quello che fa un diodo.

"Xu e un team di assistenti alla UGA hanno isolato una singola elica di DNA con 11 coppie di base specificamente progettata, e l'hanno connessa a un circuito elettronico grande solo alcuni nanometri. Dopo che la misurazione di corrente non ha evidenziato alcun comportamento particolare, il gruppo ha inserito una piccola molecola chiamata coralyne nel DNA. Hanno scoperto che la corrente che scorreva attraverso il DNA era 15 volte più forte per i voltaggi negativi che con quelli positivi, un aspetto necessario per un diodo" si legge su eurekalert.org.

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Bingqian Xu

Yanantan Dubi della Ben-Gurion University ha sviluppato un modello teorico per spiegare come il comportamento rilevato sia dovuto al fatto che il voltaggio spezza la simmetria spaziale nella molecola di DNA dopo l'inserimento della coralyne.

Ancora più importante, questa ricerca dimostra per la prima volta che è possibile usare molecole di DNA per realizzare componenti elettronici in scala nanometrica. "La nostra scoperta", commenta infatti Xu, "può portare a progressi nella progettazione e nella costruzione di elementi elettronici in scala nanometrica che siano almeno 1000 volte più piccoli rispetto ai componenti odierni". 

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