L'infrastruttura digitale globale si trova davanti a una sfida epocale che molti non avevano previsto: il cambiamento climatico sta trasformando i data center da fortezze tecnologiche apparentemente invulnerabili a strutture sempre più fragili di fronte alla furia degli elementi. Due studi recenti, condotti da XDI e Verisk Maplecroft, dipingono un quadro allarmante di come inondazioni, incendi e fenomeni meteorologici estremi stiano già mettendo a rischio i cervelli digitali del nostro pianeta. La questione non riguarda più scenari futuri lontani, ma una realtà che sta bussando alle porte dei principali hub tecnologici mondiali.
Il conto alla rovescia è già iniziato
La ricerca di XDI, denominata "Global Data Center 2025 Physical Climate Risk and Adaptation Report", ha passato al setaccio 8.868 strutture in tutto il mondo, rivelando numeri che dovrebbero far riflettere chiunque si occupi di tecnologia. Attualmente, il 6,25% dei data center mondiali è classificato come ad alto rischio climatico, mentre un ulteriore 15,79% si trova in una zona di rischio moderato. Ma è la proiezione al 2050 a preoccupare maggiormente: le strutture ad alto rischio saliranno al 7,13%, mentre quelle a rischio moderato raggiungeranno il 19,6%.
Gli esperti hanno identificato otto minacce principali che stanno già colpendo o colpiranno questi centri nevralgici della nostra economia digitale: dalle inondazioni fluviali e costiere ai venti estremi, dagli incendi boschivi ai movimenti del suolo, fino ai fenomeni di gelo-disgelo e ai cicloni tropicali. Ognuna di queste calamità può causare danni devastanti all'elettronica delicata, ai sistemi elettrici e alle strutture che ospitano i nostri dati più preziosi.
Quando i giganti tecnologici tremano
Le metropoli che oggi rappresentano i pilastri dell'economia digitale globale potrebbero presto trovarsi in ginocchio. New Jersey, Amburgo, Shanghai, Tokyo, Hong Kong, Mosca, Bangkok e Hovestaden sono tutti destinati ad affrontare rischi climatici significativi entro il 2050, con una percentuale che oscilla tra il 20% e il 64% delle loro strutture altamente vulnerabili ai danni climatici. È come se i nostri archivi digitali più importanti fossero costruiti su sabbie mobili.
La Virginia, che attualmente ospita il più grande hub di data center al mondo, potrebbe sembrare relativamente al sicuro con solo il 3,21% delle sue strutture considerate ad alto rischio. Tuttavia, questo dato apparentemente rassicurante nasconde una realtà preoccupante: 16 dei 529 data center dello stato sono già classificati come ad alto rischio climatico, un numero destinato a crescere.
L'Asia-Pacifico in prima linea
Paradossalmente, la regione che sta guidando l'espansione globale dei data center è anche quella più esposta ai rischi climatici. L'Asia-Pacifico presenta già nel 2025 oltre il 10% delle sue strutture in condizioni di alto rischio, una percentuale destinata a superare il 12% entro il 2050. Gli Stati Uniti non se la passano molto meglio: oltre il 6% dei 3.382 data center analizzati sono considerati ad alto rischio entro il 2050, con 16 stati che vedranno questa percentuale salire al 10%.
Il New Jersey si distingue negativamente con un data center su cinque potenzialmente ad alto rischio, seguito da Massachusetts, Oregon e Michigan. Questi numeri acquisiscono un significato ancora più drammatico se consideriamo che ogni interruzione di servizio in queste strutture può paralizzare servizi essenziali per milioni di persone e aziende.
La corsa contro il tempo dell'adattamento
Di fronte a questa emergenza, l'industria tecnologica sta esplorando soluzioni di adattamento strutturale che potrebbero ridurre significativamente i rischi. Le simulazioni mostrano risultati incoraggianti: le misure di adattamento potrebbero ridurre del 72% il numero di strutture ad alto rischio entro il 2050, portandole da 632 a 175, mentre i siti a rischio moderato diminuirebbero del 71%. Nel complesso, il rischio di danni potrebbe calare del 74%.
Tuttavia, gli esperti avvertono che l'adattamento architettonico, per quanto efficace, non rappresenta una soluzione definitiva. La resilienza dipende da una rete complessa di fattori: dall'accesso affidabile alla rete elettrica alle forniture energetiche stabili, dalle politiche climatiche efficaci alla gestione delle risorse idriche.
L'emergenza idrica che aggrava tutto
Lo studio di Verisk Maplecroft aggiunge un ulteriore elemento di preoccupazione al quadro già complesso. Entro il 2030, il 52% degli hub globali dovrà affrontare uno stress idrico elevato o molto elevato, una percentuale che salirà al 58% entro il 2050. Il problema è duplice: da un lato, il cambiamento climatico riduce la disponibilità d'acqua, dall'altro, l'aumento delle temperature costringe i data center a intensificare i sistemi di raffreddamento, aumentando drasticamente il consumo idrico.
Le regioni più vulnerabili includono il Medio Oriente e Nord Africa, con città come Abu Dhabi, Dubai e Istanbul in prima linea, seguite dall'Africa con Lagos, Johannesburg e Nairobi. Negli Stati Uniti, Los Angeles, Denver e Phoenix sono considerate tra le aree più a rischio, creando un panorama globale di vulnerabilità che attraversa continenti e culture.
Senza investimenti massicci nella resilienza climatica, i premi assicurativi per i data center potrebbero aumentare da tre a quattro volte entro la metà del secolo, trasformando quella che oggi è una sfida tecnica in un problema economico di portata globale che potrebbe ridefinire il futuro stesso dell'economia digitale.