Douglas Engelbart e la Demo 68: la nascita del mouse

Usiamo il mouse da ormai 45 anni, ed è ormai radicato nella nostra cultura quotidiana. Eppure quando fece la sua comparsa rappresentò una rivoluzione profonda, che pochi seppero capire da subito. Ecco la storia dell'uomo che lo ha inventato.

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a cura di Felice Pescatore

Introduzione

Delle tante periferiche che nel corso degli anni hanno affiancato il Personal Computer, ne esiste una che è praticamente diventata suo stesso sinonimo: stiamo ovviamente parlando del mouse, che quest'anno festeggia ben 45 anni. In questo approfondimento non parleremo, però, dell'evoluzione del mouse ma del suo inventore, Douglas Engelbart e della sua prima presentazione pubblica.

Dai primi passi all'istituzione dell'Augmentation Research Center

Partiamo dallo sfatare un mito: così come i sistemi con interfaccia grafica, anche il mouse non è stato inventato da Apple. La geniale intuizione si deve infatti a Douglas Engelbart (con la collaborazione di Bill English) nato nell'Oregon nel 1925, e considerato uno dei pionieri della ricerca sull'interazione uomo-macchina.

Dopo aver terminato l'high school nel 1942, si iscrive alla facoltà di ingegneria elettrica presso l'Università statale dell'Oregon, ma lo zio Sam ha bisogno di lui e ciò lo porta in Marina come tecnico radar. Engelbart viene destinato alle Filippine e, durante il servizio, per non staccarsi completamente dall'ambito universitario e della ricerca, si dedica nel tempo libero alla lettura di diversi saggi scientifici. Tra questi, resta particolarmente affascinato da As We May Think di Vannevar Bush che ipotizza un sistema automatizzato con il quale uno studioso possa raccogliere e organizzare i vari testi che possono servire per i suoi studi: "…un giorno potremo estrarre informazioni da una macchina con la stessa sicurezza con cui ora usiamo un registratore di cassa…".

Douglas Engelbart

Bush chiama tale macchina MEMEX, MEMory EXpansion, ovvero un sistema elettro-meccanico con cui è possibile visualizzare, contemporaneamente, due frame provenienti da uno o più microfilm. Il sistema è in grado di creare una relazione tra i frame visualizzati e permette all'utilizzatore di aggiungere annotazioni che vengono automaticamente microfilmate per garantirne la conservazione.

Tutto il lavoro di "linking" può essere a sua volta microfilmato per essere preservato e/o esportato per il suo riutilizzo successivo. Terminata la guerra Engelbart completa gli studi, laureandosi nel 1948 e iniziando la propria attività lavorativa presso il NACA Ames Laboratory, seguendo attività di ricerca che successivamente sarebbero confluite nella NASA.

Il MEMEX

Nel frattempo l'ingegnere si specializza a Berkeley (1952) dove consegue anche il dottorato (PhD, 1955), coltivando sempre il sogno di realizzare una macchina che permetta di organizzare le informazioni in modo veloce e flessibile. Completato il percorso di studi, Engelbart diventa assistente presso la sua stessa università d specializzazione, e nel 1962 pubblica il saggio "Augmenting Human Intellect" in cui sostiene che i computer digitali forniscono il modo più veloce per "…incrementare la capacità dell'uomo di approcciare problemi complessi e di trovare una soluzione ad essi attraverso un sistema che colleghi gli aspetti tecnici e sociali della tecnologia del calcolatore personale…".

Il saggio è influenzato, oltre che da Bush, anche da Joseph Carl Robnett Licklider che, nel 1960, ha pubblicato "Man-Computer Symbiosis" in cui ipotizza lo sviluppo di una sorta di automa elettronico che coopera con l'uomo per risolvere problemi complessi. Engelbart lo studia convincendosi ulteriormente della validità delle sue idee, anche se è ormai chiaro che per metterle in atto deve lasciare Berkeley.

Si trasferisce così allo Stanford Research Center (SRI) dove, nel 1963, istituisce l'Augmentation Research Center (ARC) con l'obiettivo di migliorare l'efficienza dell'interazione uomo-macchina.