E se ad assumerti fosse un algoritmo invece che un cacciatore di teste?

I cacciatori di teste, gli esperti nel reclutamento del personale per conto delle aziende, potrebbero essere sostituiti da algoritmi? Negli Stati Uniti c'è chi ci pensa e sperimenta. Tranquilli, in Italia non succederà mai, per la variabile impazzita delle raccomandazioni.

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a cura di Pino Bruno

Addio colloqui individuali con manager e cacciatori di teste. Sarà un algoritmo a decidere se quel posto di lavoro potrà essere tuo? Non succede ancora ma negli Stati Uniti molte aziende stanno testando software capaci di selezionare il profilo giusto, elaborando informazioni pubbliche e private. A leggere l'inchiesta di Claire Cain Miller per il New York Times lo scenario, per quanto inverosimile, sembrerebbe invece delineato. Le aziende citate sono Gild, Entelo, Textio, Doxa, GapJumpers, Korn Ferry, alla ricerca di sistemi che possano automatizzare il più possibile alcune fasi, se non tutte, della ricerca di personale.

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Come si può pensare che un algoritmo, per quanto potente e calibrato, possa sostituire il contatto personale, l'empatia, l'attitudine alla conversazione e alla socialità e, perché no, l'aspetto? Dicono gli intervistati che intanto il software farebbe risparmiare tempo e denaro, con una prima e robusta selezione, e poi perché spesso i selezionatori si fanno influenzare da pregiudizi e predilezioni.

Sei uomo/donna, bianco/nero, alto/basso, brutto/bello, sciatto/elegante, simpatico/antipatico? Il software non ne terrebbe conto, analizzerebbe soltanto curriculum e informazioni raccolte sui social network, mentre la valutazione umana è spesso condizionata da questi fattori. Un altro punto a favore dell'algoritmo – sempre a dire dei sostenitori interpellati dal NYT – sarebbe un ambiente di lavoro più diversificato. Il software terrebbe conto delle esperienze pregresse e abbinerebbe le competenze alle esigenze, senza preconcetti umani.  

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Altro che cacciatori di teste

Non tutti sono convinti della bontà dell'esperimento e dubitano che un algoritmo possa valutare meglio dell'uomo. Amish Shah, fondatore e amministratore delegato di Millennium Search, società di cacciatori di teste per il settore tech, dice al New York Times che nessun software potrebbe mai sostituire l'intuizione personale. Come può un computer "sentire" la passione o l'entusiasmo?

Non si può che essere d'accordo con Amish Shah. Quanto all'Italia, a pensarci bene, nessun software o super computer sarebbe in grado di reggere l'impatto delle variabili fondamentali: di quale politico sei figlio/moglie/marito/amante? Andrebbe in crash, roba da "schermo Blu della Morte" dei vecchi Windows.