Google: Microsoft specula su Android perché ha fallito

Uno degli avvocati di Google ha rilasciato dichiarazioni di fuoco su Microsoft, che chiede ai produttori di smartphone di pagare per i propri brevetti presenti in Android. Parole che non avranno conseguenze immediate, ma che stimolano una doverosa riflessione sulla proprietà e sui vincoli legati al software.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Microsoft si attacca ai brevetti quando i suoi prodotti falliscono. Questa è la lapidaria opinione di Tim Porter, avvocato che si occupa di copyright per Google. "Quando i loro prodotti smettono di aver successo sul mercato, quando vengono marginalizzati, come sta succedendo ora con Android, usano il loro grande portfolio di brevetti per guadagnare dal successo di altri", ha detto Porter in un'intervista al San Francisco Chronichle.

Porter si riferisce al fatto che Microsoft sta chiedendo e ottenendo dai vari produttori di smartphone Android il pagamento di una "tassa" per i brevetti che possiede, per compensare l'uso di codice Microsoft protetto da brevetti.  

Android paga il conto

La vicenda riporta in auge una questione mai risolta, che vede da una parte chi difende i brevetti sul software come un modo per proteggere i diritti di chi innova e investe risorse nello sviluppo, e dall'altra chi invece ci vede un ostacolo all'innovazione che andrebbe rimosso.

Per Microsoft si tratta di una "naturale evoluzione", ma Porter non è d'accordo. "Microsoft aveva la nostra età quanto ottenne il primo brevetto sul software. Non credo che abbiano avuto questo tipo di scontro quando stavano rivoluzionando tutto. Quindi non credo che sia storicamente inevitabile".

E in effetti Timothy B. Lee fa notare su Ars Technica che lo stesso Bill Gates nel 1991 si era dichiarato assolutamente contrario ai brevetti sul software, affermando che "l'intera industria tecnologia si troverebbe in stallo". Ma sono passati vent'anni da allora, e molte cose sono cambiate.

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Allo stesso tempo Porter però evita di dichiararsi in favore o contro i brevetti sul software, l'unica vera domanda importante su questo argomento. Non ci si poteva aspettare altro da un avvocato che emette parcelle proprio grazie a questi brevetti, ma anche se qualcuno potrebbe pensarla diversamente non sono gli avvocati a fare innovazione tecnologica.

Resta da stabilire naturalmente se l'obolo che Microsoft pretende dai produttori di smartphone Android sia davvero un freno allo sviluppo, o semplicemente un costo da tenere in considerazione. Non crediamo che LG, Samsung, Sony o HTC decideranno di lasciar perdere Android per colpa del denaro dovuto a Microsoft. Ma di certo rivedranno le proprie strategia commerciali, per via di un margine più ridotto.

Android porta il messaggio dei ribelli

Questi brevetti in particolare quindi più che un ostacolo all'innovazione sono un freno per la diffusione di Android, questo è certo. Ma se si guarda alla questione in modo più ampio il problema esiste: immaginiamo uno sviluppatore indipendente che ha una grande idea, e che per metterla in pratica abbia bisogno di usare del codice che è proprietà di Microsoft, Google o Apple; o peggio ancora che arrivi a realizzare il proprio lavoro, e poi uno di questi "grandi" gli dica che non poteva farlo. Un panorama che scoraggerebbe praticamente chiunque.

La domanda è quindi del tutto legittima: è giusto che i software siano protetti da copyright come lo sono ora?