Google potrebbe progettare microchip, Intel deve tremare?

Google potrebbe realizzare i chip per i propri server internamente, sfruttando l'architettura ARM. Per Intel potrebbe essere un duro colpo dato che il colosso del web è il suo quinto maggior cliente.

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a cura di Manolo De Agostini

Google potrebbe progettarsi in casa i chip dedicati ai propri server. Secondo indiscrezioni pubblicate dal sito Bloomberg, riconducibili a una "gola profonda" che ha voluto mantenere l'anonimato, il colosso di Mountain View starebbe pensando di realizzare soluzioni su base ARM. "Usando i propri design Google potrebbe gestire meglio le interazioni tra l'hardware e il software", ha dichiarato lo "spifferatore".

Dall'azienda ovviamente non è arrivata alcuna conferma alle indiscrezioni, ma il portavoce Liz Markman si è limitato a dichiarare che Google "è attivamente impegnata nella progettazione della migliore infrastruttura al mondo" e che questo "include sia la progettazione hardware - a tutti i livelli - che quella software". La classica dichiarazione di facciata che dice e tutto e niente, per cui per ora accontentiamoci delle voci.

Le informazioni "spifferate" ci consentono però d'immaginarci le possibili ripercussioni di una mossa di questo tipo. Anzitutto avremmo nuove "menti" impegnate nello sviluppo di chip e questa è sempre una bella cosa: nuove tecnologie, più competizione e tanti passi avanti, sia sul fronte prestazionale che su quell'efficienza. Google avrebbe poi maggiore controllo sui costi. Il problema però potrebbe averlo Intel, che spopola nel mercato server e che ha in Google il suo quinto più grande cliente, con un peso del 4,3% percento nel fatturato secondo Bloomberg.

La creazione di un sempre maggior numero di datacenter, con l'istituzione di nuovi servizi e il passaggio di molte persone al cloud, non farà altro che ampliare il mercato server, e per Intel è cruciale continuare a essere leader, soddisfando le necessità dei vari clienti. Se Google dovesse "abbandonarla", allora così potrebbero fare tante altre realtà, dando a una stoccata agli introiti del colosso, già messi alla prova dalla crisi del mercato PC e da un ingresso nel mercato mobile che a oggi non sembra dare i frutti sperati.

Non resta quindi che attendere, senza dimenticare che Google ha già segnalato il proprio interesse per l'industria dei chip. Ad agosto, infatti, IBM ha deciso di concedere la licenza dei chip Power ai membri del consorzio OpenPower, fra cui figurano Google, Tyan, Nvidia e Mellanox. Non bisogna inoltre dimenticare l'X8 Mobile Computing System che ritroviamo nel Motorola Moto X: si tratta di un chip Qualcomm a cui Motorola - che è nella mani di Google - ha aggiunto diversi DSP low-power per la gestione di audio e sensori. Una piccola prova che è il preludio a qualcosa di più grosso?