IBM: processori ai nanotubi di carbonio pronti nel 2020

IBM fissa una data limite per la produzione di chip con transistor ai nanotubi di carbonio. L'azienda ha fatto passi avanti verso questo obiettivo negli ultimi anni, ma c'è ancora molto da fare e non è detto che il successo sia assicurato.

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a cura di Manolo De Agostini

IBM potrebbe commercializzare i primi microprocessori basati su transistor ai nanotubi di carbonio nel 2020. è così fissata la data per andare oltre il silicio, un materiale usato dagli albori della storia dell'elettronica fino a giorni nostri. A scriverlo è MIT Technology Review

Gli ultimi chip di Intel integrano transistor da 14 nanometri, ma non è chiaro fino a quando l'industria potrà continuare nella sua corsa alla miniaturizzazione e a quali costi. Perciò si studiano alternative di ogni genere. Secondo IBM il silicio potrà essere usato fino a 5 nanometri, dopodiché ci saranno grandissimi problemi nello spingersi oltre. Il materiale infatti diventerà instabile e inutilizzabile per la produzione di chip complessi.

Secondo Wilfried Haensch, ingegnere del centro di ricerche T.J. Watson di IBM a Yorktown Heights, New York, i nanotubi sono l'unica tecnologia d'immediata implementazione in grado di permettere al settore di fare passi avanti, senza rallentare la corsa tenuta negli ultimi decenni.

Wafer con 10.000 transistor ai nanotubi di carbonio

IBM è pioniera nella realizzazione di nanotubi di carbonio avendo concepito una delle prime soluzioni funzionanti nel 1998 e recentemente è riuscita a realizzare wafer con 10.000 transistor ai nanotubi (foto). Ora sta lavorando sul progetto di transistor realizzabili con cambiamenti minimi nei metodi di progettazione e produzione odierni.

Il design è stato scelto in base a simulazioni che hanno stimato le prestazioni di un chip con miliardi di transistor e che hanno dato ottimi risultati: sarebbe possibile infatti realizzare processori cinque volte più veloci di quelli al silicio usando la stessa quantità di energia.

Il progetto di IBM si avvale di sei nanotubi allineati in parallelo per realizzare un singolo transistor. Ogni nanotubo è largo 1,4 nanometri, lungo circa 30 nanometri e distante circa otto nanometri dal vicino più prossimo. Entrambe le estremità dei sei nanotubi sono incorporate in elettrodi che forniscono corrente, lasciando circa 10 nanometri della loro lunghezza esposta al centro. Un terzo elettrodo corre perpendicolarmente sotto questa porzione di nanotubi e permette al transistor di commutare - on/off - per rappresentare gli 1 e gli 0 digitali.

Il team di IBM ha testato transistor ai nanotubi con quel design, ma finora non ha trovato un modo per posizionare i nanotubi più vicini tra loro, dato che le tecnologie attuali non possono lavorare a quel livello di miniaturizzazione. La soluzione potrebbe essere quella di "etichettare chimicamente" il substrato e i nanotubi con composti che potrebbero portarli ad auto assemblarsi nella posizione desiderata. Questi composti sarebbero poi rimossi, lasciando i nanotubi nella giusta disposizione e pronti per interfacciarsi a elettrodi e altra circuiteria.

IBM acquista i nanotubi in volumi e filtra quelli con le giuste proprietà per i transistor usando una versione modificata di una macchina dell'industria farmaceutica. Questo macchinario usa una carica elettrica per separare i nanotubi semiconduttori utili ai transistor da quelli che conducono elettricità come i metalli e non possono essere usati per i transistor.

Per ora l'impegno di IBM a centrare la data del 2020 rimane un progetto di ricerca, e il successo non è garantito. L'azienda statunitense ritiene però che se l'industria non sarà pronta per quella data si potrebbe perdere la finestra temporale favorevole all'introduzione della tecnologia. Il problema è che non ci sono moltissime alternative: i dispositivi che manipolano gli spin dei singoli elettroni rappresentano un candidato probabile secondo IBM, ma sono meno maturi e a differenza di nanotubi di carbonio non si comportano in modo simile ai transistor al silicio.