Il computer che è riuscito a spacciarsi per un essere umano

Affinché una macchina si possa definire intelligente, un parametro fondamentale è la sua capacità di comunicare con un essere umano senza che quest'ultimo capisca di avere a che fare con una macchina. È ciò che ha fatto IBM Watson, in un contesto ristretto ma comunque rilevante.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Un computer è riuscito a farsi passare per un essere umano agli occhi di decine di studenti, e il trucco è andato avanti per mesi. Non è un vero e proprio test di Turing, ma è comunque sorprendente quanto è successo al Georgia Institute of Technology (GIT).

Gli studenti del corso di Intelligenza Artificiale presso l'Università, hanno accesso a una chat online per consultarsi con insegnanti riguardo i contenuti del corso. Ebbene, dallo scorso gennaio tra questi assistenti c'è Jill Watson, un'intelligenza artificiale basata - come si poteva intuire - su IBM Watson.

A Jill era assegnato il compito di rispondere a semplici richieste da parte degli studenti, stimolare il dibattito sugli argomenti del corso, ricordare le scadenze e così via. Attività che è riuscita a svolgere egregiamente, tanto che gli studenti erano convinti di avere a che fare con una dottoranda. Possiamo immaginare la loro sorpresa quando gli è stato rivelato che invece parlavano con un computer.

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L'idea è venuta al professor Ashok Goel, che era preoccupato dal fatto che gli assistenti erano troppo impegnati nel rispondere a moltissime domande semplici e rutinarie, con l'assistenza online. Parliamo di circa 10.000 domande ogni semestre. Così si è rivolto a IBM per chiedere a Watson di svolgere questo compito; l'occasione di scoprire se il computer poteva farsi passare per un umano era troppo ghiotta per non coglierla.

Secondo Goel siamo davanti a un risultato eccellente, perché entro un anno Watson potrà rispondere al 40% delle domande, così gli assistenti in carne e ossa potranno occuparsi di quelle più complicate, come per esempio "come definisci l'intelligenza" - una questione che ci attanaglia da sempre.

La mancanza di una vera e propria personalità avrebbe sollevato forti sospetti in altri contesti, ma nel caso specifico gli studenti non ci hanno visto nulla di strano. "È quello che ti aspetti da un TA (Teaching Assistant), che sia serio e concentrato sul darti le risposte", ha commentato Eric Wilson, uno degli studenti che hanno interagito con Watson.

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Lo sviluppo di Jill, questa specifica versione di IBM Watson, è cominciato l'anno scorso quando alcuni ricercatori del GIT hanno cominciato ad "addestrarla" per renderla capace di rispondere alle domande degli studenti. Facendo attenzione soprattutto alla precisione: Jill risponde solo se è sicura almeno al 97% della sua risposta, spiega il Dr. Goel.

"La maggior parte dei chatbot è a livello principiante. Jill lavora al livello di un esperto".

A dire il vero qualche studente, ogni tanto, ha notato delle risposte un po' insolite da parte di Jill, e qualcuno ha anche detto "sembra un computer", ma per farci una battuta. Qualcuno, pare, ha anche voluto verificare; ma naturalmente cercando "Jill Watson" sui social network si trovano moltissime persone vere - una qualsiasi di loro potrebbe essere quella che risponde in chat.

Per il prossimo anno Goel vuole alzare il livello della sfida: dirà agli studenti che uno dei TA è un computer, senza rivelare chi. Una sfida particolarmente adeguata per un corso dove si studia proprio lo sviluppo di Intelligenze Artificiali.

Siamo ancora lontanissimi da una vera e propria intelligenza artificiale, qualcosa di simile al film Ex Machina, uscito l'anno scorso, e di sicuro Jill Watson non reggerebbe a lungo in una chat generica - ma resta comunque un prodotto ben più raffinato di, ad esempio, Cleverbot. L'esperienza di Watson presso il Georgia Institute of Technology è comunque entusiasmante, è proietta un futuro interessante per la formazione online e in generale per l'interazione tra uomo e macchina.