La Cina alza i firewall contro le criptovalute

Con il divieto arriva anche l'ordine di restituire il denaro ottenuto con i finanziamenti. I prezzi sono crollati e ci vorrà del tempo prima che tornino normali. Per gli investitori cinesi, gli strumenti di anonimato sembrano all'improvviso più interessanti.

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a cura di Andrey Vedishchev

Il governo cinese, tramite la banca centrale, ha deciso di proibire le ICO (Initial Coin Offering), assestando così un duro colpo a tutte le criptovalute.  Negli ultimi giorni abbiamo assistito a un notevole crollo dei prezzi in tutto il mondo. L'effetto secondario potrebbe essere un maggiore anonimato tra gli investitori.

Le ICO sono diventate uno strumento molto potente, sia per chi ci vede un "semplice" strumento di investimento sia per chi le usa per finanziare una startup o un nuovo progetto. Il fenomeno è ha attirato persino celebrità insospettabili come Floyd Mayweather o Paris Hilton.

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Dal 2014 ad oggi sono investiti 1.78 miliardi di dollari in ICO (fonte), ma di questi 1,6 mld fanno riferimento al solo 2017.  Un fenomeno enorme, incredibile, ed era abbastanza prevedibile che le autorità in Cina - il paese dove ci sono i maggiori movimenti di capitale - prima o poi prendessero una qualche contromisura.

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Per effetto della nuova legge le aziende che hanno ottenuto finanziamenti tramite ICO dovranno restituire il denaro. Si parla di circa 766 milioni di dollari. Inoltre, sono stati messi sotto stretta osservazione sessanta Exchange la cui lista completa è riportata qui dall'autorevole sezione Finance di Caixin.

Ethereum (ETH), riconosciuto come la piattaforma di riferimento per realizzare token dei quali poi lanciare ICO ha perso il 19.03% in 24 ore. Ancora peggio per NEO, la moneta cinese che è più o meno un clone di Ethereum. I prezzi sono risaliti un po' successivamente ma gli effetti si faranno sentire ancora un po'. Forse molto a lungo.

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Ma gli investitori cinesi smetteranno di partecipare alle ICO? Abbandoneranno le opportunità di investimento e di guadagno? Probabilmente no. Anzi, ci sembra probabile che saranno di più quelli che useranno i cosiddetti mixer, servizi che aggiungono un ulteriore layer all'anonimità già parzialmente concessa dalle Blockchain.

Ci saranno quindi investimenti e investitori ancora più difficili da rintracciare, per non dire impossibili. Un dettaglio che potrebbe vanificare gli sforzi messi in atto dal governo cinese. Certo, le aziende che volessero fare una ICO non potrebbero farlo su suolo cinese. E sarebbe difficile raggiungere i potenziali investitori - superando il grande firewall che circonda il Paese. Difficile fare previsioni ora.

Infine, è lecito anche aspettarsi decisioni controcorrente dalla Banca stessa. Come strumento finanziario, ICO e crypto sono giovanissime, e sarebbe poco razionale rinunciarvi già da ora considerato la potenziale spinta per aziende e società. Sicuramente le autorità asiatiche stanno osservando - come molti altri - e prenderanno decisioni diverse secondo il momento.