La UE boccia l'equo compenso italiano, SIAE nei guai

L'interpretazione del Decreto Bondi sull'equo compenso è sbagliata. La tassa può essere applicata solo ai prodotti destinati alla copia e masterizzazione, non basta essere idonei. La SIAE dovrebbe prepararsi a restituire il maltolto.

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a cura di Dario D'Elia

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha sonoramente bocciato l'interpretazione che il Governo italiano (e non solo) ha dato dell'equo compenso. A distanza di quasi un anno dall'approvazione del Decreto Bondi oggi scopriamo che applicare la tassa a così tanti dispositivi elettronici è stato un abuso. L'elenco dei dispositivi da tassare avrebbe dovuto includere solo ed esclusivamente quelli destinati alla copia e masterizzazione, non quelli semplicemente idonei (alla copia). Insomma è evidente la differenza tra un masterizzatore e una penna USB, no?

Il Ministro dei Beni e delle Attività Culturali Sandro Bondi

Il concetto di "destinazione" è l'elemento chiave del dibattito. "L'art. 5(2)(b) della Direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che è necessario un rapporto tra l'applicazione dell'equo compenso per copia privata in relazione ad un dispositivo o supporto ed il suo utilizzo per l'esecuzione di una copia privata", sostengono i giudici nel pronunciamento ufficiale. 

"[…] conseguentemente, l'indiscriminata applicazione dell'equo compenso, in particolare, in relazione a dispositivi o supporti distribuiti a soggetti diversi dai consumatori e evidentemente riservati ad usi diversi dall'effettuazione di copie private, è incompatibile con la disciplina europea contenuta nella Direttiva 2001/29".

A questo punto è chiaro che il decreto Bondi è illegittimo e la SIAE dovrebbe essere costretta a restituire il denaro ricevuto.

Chiudiamo ovviamente un occhio di fronte all'azione di lobbying che la Società Italiana degli Autori ed Editori ha attuato per ottenere un decreto così ingiusto - per altro ottimo per le sue casse. Ci manca solo l'ennesimo mal di fegato.