Liberator, la prima pistola stampata in 3D funziona

Nei giorni scorsi è stata testata con successo una pistola interamente stampata in 3D, a eccezione delle munizioni e del percussore - costituito da una comune vite. Si apre così una nuova epoca in cui tutti possono farsi un'arma in casa.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Si chiama "Liberator" la prima pistola completamente stampata in 3D,

il cui test sul campo è stato effettuato solo pochi giorni fa e raccontato da Andy Greenberg di Forbes. Dietro a questo progetto c'è Cody Wilson, fondatore e dirigente di Defense Distributed. Dallo scorso marzo l'azienda è un produttore di armi autorizzato.

La Liberator è quasi tutta di plastica, e si compone di 16 diversi pezzi. Quindici sono stati creati. In circa quattro ore, con una stampante 3D di seconda mano (circa 8000 dollari). Il pezzo numero 16 è il percussore, costituito da una comune vite d'acciaio.

La Liberator ha funzionato senza problemi con proiettili calibro .380 (commerciali, non stampati in 3D), ma è esplosa quando è stata caricata con munizioni per fucile (5.7x28). Il test dei giorni scorsi, in ogni caso, è stato dichiarato un successo: la pistola funziona.

L'obiettivo di Wilson è quello di mettere chiunque nelle condizioni di prodursi in proprio un'arma funzionante. Il progetto della Liberator, insieme ad altri, sarà infatti scaricabile dal sito web di Defense Distributed; sono le wikiarmi, come le definisce il giovane - che la stampa definisce "liberale, radicale e anarchico". Il passo successivo sarà far funzionare tutto con stampanti 3D ancora più economiche.

"Puoi stampare un'arma letale. È spaventoso in qualche modo, me è ciò che vogliamo dimostrare", ha detto Wilson tempo fa. "Dovunque ci sia un computer e un collegamento a Internet, c'è la promessa di una pistola". Il progetto CAD della Liberator, infatti, dovrebbe comparire sul sito dell'azienda durante la giornata di oggi.

I problemi tecnici sono la parte più facile da gestire, perché Wilson dovrà fronteggiare il sistema legale, critiche di gruppi civici, e anche vere e proprie minacce di morte. Tanto per cominciare ci sono leggi contro le armi non rilevabili dai metal detector, e non mancano politici statunitensi pronti a bloccare la Liberator e altri progetti simili basandosi su tali norme.

In tutta risposta Wilson ha inserito un 170 grammi di acciaio nella Liberator, il che rende il progetto legalmente accettabile. Chi se la stampa in casa, tuttavia, non è tenuto a fare la stessa cosa, quindi si tratta di una soluzione puramente burocratica. In ogni caso, questo e altri stratagemmi sono valsi a Wilson la licenza di produttore di armi, lo scorso marzo.  

Ieri infatti si sono levate le prime voci sul blocco totale delle pistole stampabili in 3D. "I controlli di sicurezza e le leggi sulle armi serviranno a ben poco se i criminali si potranno stampare a casa armi da fuoco e farle passare attraverso i metal detector", ha dichiarato per esempio il deputato Steve Israel. "Un terrorista, una persona malata di mente, un marito violento potrebbero sostanzialmente aprire una fabbrica di armi in garage", ha poi aggiunto il senatore C. Schumer, che sosterrà leggi per rendere illegali le armi stampate in 3D.

Bloccare (almeno provarci) la circolazione di progetti CAD tuttavia non riguarda solo le armi. Si tratta d'informazioni, e quindi il discorso sulla censura si sovrappone a quello della sicurezza. Una bella gatta da pelare per i politici di turno, questo è certo. Il progetto di Wilson solleva critiche più che comprensibili, e anche trovare il denaro per proseguire è stato difficile. Defense Distributed se l'è cavata ricorrendo alle donazioni in Bitcoin, che ora rappresentano il 99% degli asset aziendali - grazie anche al discreto anonimato garantito da questo sistema.

Per molti Wilson è semplicemente un folle che istiga alla violenza, uno che suggerisce di tenere pronte le armi per eliminare i rappresentanti del governo. Wired l'ha persino inserito tra le 15 persone più pericolose del mondo. Probabilmente hanno ragione, e a lui farebbe bene un qualche tipo di cura; ma l'interessato si difende spiegando che l'obiettivo è solo dimostrare come la tecnologia possa servire per aggirare le leggi, fino a rendere i governi irrilevanti.

"Qui si tratta di dare alle persone la capacità di creare il proprio spazio sovrano. [...] Il governo sarà sempre più emarginato, nel tentativo di arginare. Si tratta di creare un nuovo ordine dentro al guscio in rovina del vecchio ordine", è infatti la sua opinione. 

"Riconosco che questo strumento si potrebbe usare per far male a qualcuno. È una pistola. Ma non credo che per questo non vada messa in circolazione. Credo che la libertà sia l'interesse più importante", continua Wilson, con parole che avrebbero inorgoglito - forse - il poeta americano Whitman (per non parlare di Tim O'Reilly)

D'altra parte la Liberator riprende il proprio nome da un'altra arma, che le forze Alleate lanciavano sulla Francia per armare la Resistenza, durante la Seconda Guerra Mondiale; l'obiettivo era scoraggiare il nemico facendogli sapere che le armi piovevano dal cielo. "Noi facciamo meglio, noi abbiamo Internet", commenta Wilson.