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a cura di Dario D'Elia

Gli effetti collaterali del fenomeno blog cominciano ad essere inquietanti. Già, perché molti utenti probabilmente dovrebbero iniziare a considerare l’importanza dell’anonimato, almeno quando hanno intenzione di sviscerare online ogni aspetto del proprio quotidiano. Questa è sicuramente una regola che alcuni hanno intuito da tempo, ma che il povero Joe Gordon ha dimenticato di applicare alla blogsfera. All’inizio dell’anno, infatti, è stato brutalmente licenziato dalla catena libraria Waterstone, per la quale ha lavorato nella sede di Edimburgo per 11 anni. Il motivo è semplice: pare che le dichiarazioni di Gordon sul proprio blog, la Woolamaloo Gazette, nel tempo si siano dimostrate lesive nei confronti dell’azienda.

Poco prima delle vacanze natalizie uno dei manager di riferimento della catena aveva convocato Gordon nel suo ufficio, e velocemente gli aveva comunicato che era stata attivata un’inchiesta interna per decidere della sua sorte professionale. I suoi commenti sulla pagina del Woolamaloo Gazette avevano indispettito l’intera dirigenza: il buon nome della Waterstone era stato infangato. Con lo stipendio sospeso e l’onta di essere scortato fuori dai locali dell’impresa, Gordon aveva iniziato a meditare sulla sua possibile strategia di difesa, visto che all’inizio di Gennaio, dopo le feste, la “Santa Inquisizione” si sarebbe riunita.

Il 5 Gennaio, con una soluzione rapida e indolore – ovviamente per l’impresa – Gordon è stato silurato, senza alcuna possibilità di dibattimento.

Joe Gordon per anni non aveva svolto del semplice lavoro alla cassa, ma si era prodigato nella promozione della Waterstone, organizzando incontri con gli autori, redigendo guide interne e partecipando a trasmissioni televisive, in qualità di esperto del settore. Durante l’Edinburgh International Book Festival, sponsorizzato dalla Waterstone, aveva partecipato all’organizzazione dell’evento evidenziandosi per zelo e qualità professionale. Quando la stampa scozzese si era scagliata contro la Waterstone per il mancato supporto dell’editoria nazionale indipendente Gordon si era proposto come mediatore, placando gli spiriti.

Ebbene, malgrado tutto questo, il licenziamento è stato immediato. Semplicemente per un blog che è stato redatto in questi anni, come fanno milioni di persone in tutto il mondo. Ovvero, come un diario personale, dove annotare pensieri, curiosità o avvenimenti legati alla propria città, in questo caso Edimburgo. Creare neologismi come “Bastardstone’s” o dar vita a personaggi come “Evil Boss”, sulla falsariga di Dilbert’s Pointy Haired Boss, un noto personaggio della striscia di fumetti statunitensi, non sembrano essere motivazioni sufficienti per sostenere tutto il castello di accuse. Scherzare sui colleghi, descrivere le proprie giornate di noia, condire il tutto con satira e sarcasmo, nella patria del pungente humor britannico, non può essere considerato un reato.

Questo è una campanello di allarme, un pericolo che potrebbe allargarsi a macchia d’olio. Fanno eco i licenziamenti di Ellen Simonetti, cacciata dalla Delta Airlines per aver pubblicato sul proprio sito Web le foto in uniforme da hostess, e l’allontanamento di Jessica Cutler dal team dell’ufficio di un senatore di Washington, a causa delle dichiarazioni pubblicate sul blog personale. Insomma, prima che i regolamenti interni delle imprese blocchino la libertà di espressione sarebbe bene mobilitarsi, a meno che non ci si voglia trovare in futuro con un divieto che proibisca la chiacchiera da bar, anzi da Blog.