Linus Torvalds: il successo di Linux sfida la Legge di Moore

Torvalds e altri esponenti del settore open source hanno parlato di Linux e non solo. L'avvicinarsi della fine della Legge di Moore potrebbe rappresentare un problema anche per il mondo software.

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a cura di Manolo De Agostini

In questi giorni si è tenuto il LinuxCon North America. La conferenza che ha chiuso "i lavori" ha visto esponenti di primo piano del mondo Linux confrontarsi sul futuro dell'ecosistema. Ne ha parlato Jon Brodkin su Arstechnica. Presente l'immancabile Linus Torvalds, il manteiner del ramo stabile Greg Kroah-Hartman, ma anche Sarah Sharp (sviluppatore kernel Linux di Intel) e Tejun Heo (RedHat). Una "chiacchierata informale" che ha fatto emergere alcuni temi interessanti.

Torvalds si è detto ad esempio preoccupato circa la possibile fine della Legge di Moore (alcuni la fissano al 2020/2022), un problema che interesserà non solo gli sviluppatori di hardware, ma anche quelli di software. "Nell'arco di un periodo tra cinque e dieci anni sono curioso di vedere come reagirà l'industria al fatto che presto andremo a scontrarci contro dei limiti fisici. Le persone parlano della possibilità d'integrare migliaia di core in un die perché pensano che continueremo a miniaturizzare, ma chiaramente non tengono conto della fisica. Non si potrà miniaturizzare per molto tempo ancora".

Torvalds è quindi "alla finestra", conscio che l'impatto dei progressi in ambito hardware su Linux è stato enorme. "La ragione per cui Linux funziona davvero bene sui telefoni è la stessa crescita (hardware, ndr) dei telefoni", che ora sono migliaia di volte più potenti rispetto al primo sistema su cui girava Linux due decenni fa.

"In cinque, dieci anni, diventerà più difficile. Questo influirà anche sul kernel perché siamo il layer tra l'hardware e il software. Che cosa succede se l'hardware non migliora? Sarà interessante. Potrebbero non essere 5 o 10 anni, potrebbero essere 15, ma sta per accadere". Torvalds spera che i produttori di hardware riescano mantenere il passo in qualche modo, anche se l'avanzamento nei processi produttivi rallenterà. "Speriamo che l'innovazione hardware non si blocchi solo per la miniaturizzazione".

Linux però non è solo computer o grandi datacenter, ma anche mobile. L'adattamento a tantissimi prodotti, di ogni fascia e dimensione, è essenziale. Greg Kroah-Hartman afferma che il suo "grande obiettivo" è vedere Linux continuare ad avere successo. "Dobbiamo continuare a cambiare per far lavorare Linux con tutto l'hardware e su tutti i dispositivi disponibili. Se bloccheremo il cambiamento, moriremo". Non potremmo essere più d'accordo, l'immobilismo è rassicurante ma alla lunga non paga.

L'hardware è comunque solo un pezzo del puzzle, perché sono i prodotti nel loro complesso a fare l'esperienza. Sarah Sharp ha fatto notare per esempio come l'hardware dei Google Glass sia tutt'altro che incredibile, ma si possono fare cose molto interessanti. E paradossalmente è proprio lavorando su Linux e i dispositivi più piccoli che si fanno passi avanti anche nei datacenter, migliorando continuamente il rapporto d'efficienza tra consumi e potenza.

La discussione, davanti a una platea di persone preparate, è poi passata a temi ancora più specifici, come lo stato dei contributi al kernel e il processo che determina l'integrazione delle varie patch, ma è terminata anche con due chicche. La prima si è palesata quando hanno chiesto ai presenti se il governo statunitense avesse mai cercato di "avvicinarli" per inserire una backdoor nel kernel Linux - ovviamente scatenando risate a non finire - mentre la seconda è stata quella di proporre a Torvalds la poltrona di CEO di Microsoft. Il "guru" si è lasciato andare a un sorriso, e ha fatto capire di non essere disponibile. Peccato, chissà cosa avrebbe combinato…