Lo Stato scopre il software libero e l'open source

La Commissione Bilancio ha approvato l'emendamento del deputato radicale Marco Beltrandi che introduce la possibilità per la PA di acquistare software libero o a codice sorgente aperto. Si tratta di una modifica storica del codice dell'amministrazione digitale.

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a cura di Dario D'Elia

La Pubblica Amministrazione potrà finalmente acquistare software libero o a codice sorgente aperto. La novità si deve alla Commissione Bilancio, che ieri durante l'analisi della manovra economica del governo ha approvato l'emendamento proposto dal deputato radicale Marco Beltrandi. Si tratta di una modifica per il "Codice dell'amministrazione digitale", legge n. 82 del 7 marzo 2005, che interviene direttamente sul comma 1d. In pratica si prevede per la PA la possibilità di acquistare non solo "programmi informatici a codice sorgente aperto", com'era prima, ma anche programmi informatici "appartenenti alla categoria del software libero".

"Si tratta di una modifica storica del codice dell'amministrazione digitale", ha spiegato Beltrandi. "Per la prima volta si riconosce nel nostro ordinamento la necessità per le amministrazioni pubbliche di tenere in considerazione non solo l'economicità ma anche l'impatto che il software stesso ha sulla nostra società sempre più tecnologica dal punto di vista dei diritti fondamentali dei cittadini e delle imprese che vogliono innovare". 

Il Governo Monti guarda avanti

Già, perché la differenza tra software libero e open source è sostanziale. Nel primo caso si tratta di soluzioni che fanno dell'utilizzo etico l'elemento chiave, quindi possono essere utilizzate e modificate da chiunque nel rispetto di pochi paletti licenziatari. Nel secondo caso vi sono minori libertà regolate (idelogicamente) dall'Open Source Definition ed è prevista anche la possibilità di far pagare la redistribuzione. Insomma, da una parte vi è un maggiore accento sull'eticità mentre dall'altra sulla praticità dello sviluppo condiviso.

"L'adozione di software libero ha ricadute profonde sulla maggiore libertà dello scambio dei contenuti immateriali, sulla libera circolazione della conoscenza, del know-how e più in generale delle informazioni", ha aggiunto il deputato radicale. "Un emendamento che spinge sull'acceleratore dello sviluppo dell'ICT anche in Italia, muovendosi verso la liberalizzazione di un settore dove troppo spesso la chiusura di conoscenze tecniche e scientifiche è un freno per l'innovazione e per l'entrata nel mercato di nuovi soggetti".

Marco Beltrandi

Insomma, almeno sulla carta, se oggi e domani l'aula acconsentirà, si potrebbe prospettare una riduzione della spesa pubblica in ambito software. In verità il dibattito sull'argomento non è scontato poiché i cosiddetti TCO (total cost of ownership) non vengono azzerati del tutto ma spesso si spalmano su voci diverse rispetto al software proprietario. Ad esempio formazione, sviluppo e gestione di eventuali problemi spesso incidono non poco nelle previsioni di spesa.

Ovviamente sarà sempre più conveniente utilizzare Open Office al posto di Microsoft Office, a patto però di disporre di una forza lavoro ricettiva. Ben altro discorso invece quello che riguarda il settore server e gli ambiti più strategici: qui ogni passo verso il mondo open va ponderato al millimetro.