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a cura di Saverio Alloggio

Ottimizzazione è la parola d'ordine in casa Apple in questo 2018. Lo è stata per iOS 12 e, alla stessa maniera, rappresenta il concetto dominante in MacOS Mojave. La nuova versione del sistema operativo desktop dell'azienda di Cupertino riesce a far rendere il più possibile la piattaforma hardware della macchina su cui viene installato. Noi lo abbiamo testato su un MacBook Pro Early 2015 versione base con display Retina da 13 pollici.

Parliamo dunque di un dispositivo con processore Intel Core i5 dual-core a 2,7 GHz (Turbo Boost fino a 3,1 GHz) abbinato a 8 GB di RAM DDR3 (con frequenza operativa di 1.867 MHz) e a 128 GB d'archiviazione in SSD. Un notebook che ha mediamente offerto sempre buone prestazioni, pur essendo caratterizzato da alcuni limiti hardware (vedi l'assenza di scheda grafica dedicata) che vengono fuori in determinate tipologie d'utilizzo.

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MacOS Mojave ha portato in dote una migliore gestione delle risorse di sistema, con il MacBook Pro che appare decisamente più performante nelle operazioni quotidiane. Un aspetto che abbiamo riscontrato, ad esempio, anche su un MacBook Air Middle 2013 con Intel Core i5 (dual-core a 1,3 GHz con 3 MB di cache Haswell) e 8 GB di RAM LPDDR3. Anche in questo caso, la fluidità ne ha certamente giovato.

Leggi anche: Apple, arriva MacOS Mojave: ottimizzazione e stabilità

Personalmente ho notato un effetto positivo anche sull'autonomia. Il nostro MacBook Pro ha sulle spalle circa 2 anni e 249 cicli di ricarica, con la batteria che ha comunque mantenuto il 95% della sua capacità. Con High Sierra ci si attestava a circa 8 ore lontani dall'alimentazione con produttività web e social, luminosità al 60% e retroilluminazione della tastiera in automatico.

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MacOS Mojave ha portato l'autonomia, con questo utilizzo, a sfiorare le 9 ore. Da questo punto di vista, difficile poter tirare fuori una statistica su larga scala, così come occorrerà attendere un periodo di tempo più lungo per poter apprezzare al meglio quella che sembra essere anche una maggiore stabilità. Aspetti su cui avremo comunque modo di tornare in approfondimenti specifici.

A livello di funzionalità, ho apprezzato molto la nuova organizzazione in "pile" del desktop. Tutti gli elementi possono infatti essere raggruppati per tipologia (immagini, musica, pdf ecc...), e questo torna molto utile nell'utilizzo quotidiano. Lo store delle applicazione ha adesso una grafica che richiama molto da vicino l'App Store di iOS, in quella logica di continuità tra desktop e mobile divenuta tanto cara ad Apple.

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La modalità Dark (che imposta l'interfaccia su tonalità scure) farà felici tutti coloro che la utilizzano anche nei programmi in cui è disponibile. I wallpaper dinamici (che si trasformano in base all'ora) sono scenografici ma poco utili. Decisamente più interessante la novità legata a Safari, che adesso condivide sul web solo un profilo semplificato dell'utente. 

Un vero e proprio sistema antitracking intelligente dunque, che è stato ulteriormente migliorato da Apple nella versione finale di MacOS Mojave. Adesso infatti impedisce che i contenuti incorporati, come i pulsanti "Like" o "Condividi" e i widget per commentare sui social network, tengano traccia delle attività senza autorizzazione. 

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SIRI, adesso anche attraverso MacOS, può controllare i dispositivi di domotica inclusi nel proprio profilo Home Kit (è comparso di default l'apposito applicativo). Abbiamo testato la funzionalità con due lampadine Philips Hue, senza riscontrare particolari problemi. Del resto, non abbiamo dovuto impostare nulla, in quanto tutti i settaggi sono stati pescati direttamente dall'account Apple.

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Insomma, MacOS Mojave sembra essere stato realizzato con la stessa logica di iOS 12. Non abbiamo a disposizione novità particolarmente eclatanti in termini di funzionalità, ma Apple sembra aver compiuto un lavoro di ottimizzazione convincente. In tal senso, lo testeremo su computer ancora più datati, e avremo modo di approfondire ulteriormente il nostro test nelle prossime settimane.


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