Mining di criptovalute, un boom da crisi energetica

I Bitcoin hanno raggiunto livelli da record e la richiesta energetica legata al mining vale quanto quella dell'Ecuador. Insomma, minare criptomonete ha un forte impatto ambientale.

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a cura di Manolo De Agostini

Il mining di criptovalute potrebbe mettere a rischio il futuro del Pianeta. Già, perché pochi ci pensano ma il consumo elettrico legatio ai sempre più potenti sistemi di mining potrebbe arrivare in pochi anni a raggiungere l'equivalente di interi stati come l'Olanda o la Svizzera.

A sollevare il tema è il Financial Times, in un articolo in cui si parla di un costo di 215 chilowattora di elettricità per singola transazione (stima di Motherboard), l'equivalente di quanto consuma una famiglia media statunitense in una settimana. Remy Briand del gruppo finanziario MSCI arriva addirittura a parlare un pericolo per gli accordi sul clima di Parigi.

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Il sito New Scientist rincara la dose, e parla di un consumo elettrico annuale legato al mining di 2307 terawattora, all'incirca la quantità di elettricità usata dall'Ecuador ogni anno. E per ottenere energia spesso non si usa energia rinnovabile ed eco-friendly, con l'emissione di CO2 in atmosfera.

Quale può essere una soluzione? Secondo Teunis Brosens, analista economico di ING, è necessario trovare modi per verificare le transazioni o minare che usino meno energia. In poche parole cambiare come funziona la blockchain. E sembra che il creatore del protocollo BitTorrent, Bram Cohen, possa dare una mano a raggiungere questo obiettivo.

Cohen ha appena creato un'azienda chiamata Chia Network che lancerà una criptomoneta - Chia, appunto - basata su "proof of time" e "proof of space" anziché l'attuale "proof of work", una misura per garantire la sicurezza delle transazioni. Essenzialmente Chia sfrutterà lo spazio di archiviazione inutilizzato e sui dischi rigidi dei miners per verificare la sua blockchain.

"L'idea è fare un bitcoin migliore per risolvere il problema della centralizzazione", ha affermato Cohen. I due problemi che vede nel bitcoin sono l'impatto ambientale e l'instabilità che nasce dai pochi minatori di bitcoin che hanno accesso economico all'elettricità, un aspetto che ha un'enorme influenza sul traffico della valuta. Chia vuole risolvere entrambi.

Bitcoin usa la tecnica proof of work per verificare la blockchain. Da Wikipedia "è una misura economica per scoraggiare attacchi denial of service e altri abusi di servizio, come spam sulla rete, imponendo alcuni lavori dal richiedente del servizio, di solito intendendo tempo di elaborazione di un computer. Una caratteristica chiave di questi schemi è la loro asimmetria: il lavoro deve essere moderatamente complesso (ma fattibile) dal lato richiedente ma facile da controllare per il fornitore del servizio (service provider). Questa idea è anche conosciuta come funzione di costo della CPU, client puzzle, puzzle computazione o funzione di pricing della CPU".

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Chia invece combina le misure proof of time e proof of space. A questo indirizzo un paper sul funzionamento. La prima misura dimostra che una quantità di spazio è stata allocata per un'operazione tramite la risposta a interrogazioni a bassa latenza e con costo ammortizzato. Proof of time è un tipo speciale di proof of work che occupa un numero preciso di iterazioni. Ogni iterazione potrebbe essere accelerata, ma i calcoli non possono essere parallelizzati tra le iterazioni.

Richiede inoltre che le proprietà dell'output siano verificabili rapidamente e in modo canonico: qualunque delle due parti che svolgono il calcolo otterranno lo stesso risultato e il processo di verifica assicura che l'output non sia stato modificato in alcun modo.

"Non sono la prima persona con questa idea", ha affermato Cohen, ma implementarla richiede competenze di un certo livello che a lui non mancano. L'obiettivo è fare le prime vendite di Chia nel secondo trimestre 2018, in previsione di un lancio in pompa magna entro fine 2018, anche se lo stesso Cohen ritiene l'obiettivo ambizioso.