Montare un router in casa? Facciamo chiarezza

Il nuovo Decreto Ministeriale che riguarda l'installazione di dispositivi di accesso alle Rete potrebbe creare problemi. Non solo prevede la nascita di un nuovo patentino ma rimanda al Ministro per lo Sviluppo Economico tutte le responsabilità sulle future eccezioni.

Avatar di Dario D'Elia

a cura di Dario D'Elia

La notizia "Montare un router in casa? Non si può, rischi la multa" riportata ieri ha acceso gli animi di tutti i nostri lettori, tra chi analizzava la notizia e non scontava critiche ai fautori di questa legge, e chi criticava il contenuto stesso della notizia. Oggi vogliamo approfondire la questione proprio perché il nostro primo interesse è informare tutti i nostri lettori, nel migliore modo possibile, accogliendo i complimenti, ma soprattutto le critiche e le (sempre benvenute) differenti chiavi di lettura. 

Ci poniamo quindi una domanda: può un comune utente continuare a montarsi un router in casa senza rischiare sanzioni? La risposta probabilmente è sì, anche se la nuova normativa approvata dal Consiglio dei Ministri potrebbe essere responsabile di spiacevoli effetti collaterali.

Come ha ribadito stamani l'esperto TLC Stefano Quintarelli su Radio 24 (Nove in punto, la versione di Oscar) il provvedimento riguarda l'installazione di router (o altri dispositivi) su rete pubblica. Ieri il dibattito online si è accesso perché in molti hanno pensato che si trattasse di un'iniziativa volta a salvaguardare le strutture della Pubblica Amministrazione.

Cotti e mangiati?

In verità come indica il codice delle comunicazioni elettroniche una rete pubblica di comunicazione è "una rete di comunicazione elettronica utilizzata interamente o prevalentemente per fornire servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico". Insomma l'area di intervento è chiara.

A questo punto quando si è parlato di "apparecchiature allacciate direttamente o indirettamente all'interfaccia di una rete pubblica di telecomunicazioni per trasmettere, trattare o ricevere informazioni; in entrambi i casi di allacciamento, diretto o indiretto, esso può essere realizzato via cavo, fibra ottica o via elettromagnetica; un allacciamento è indiretto se l'apparecchiatura è interposta fra il terminale e l'interfaccia della rete pubblica" ovviamente il pensiero è subito caduto ai router e agli switch.

Tutti questi elementi confezionati insieme non potevano che accendere gli animi. Tanto più che al sentir parlare di un nuovo patentino per tecnici specializzati l'Assoprovider è balzata dalla sedia. Già perché questo provvedimento normativo approvato il 22 ottobre scorso dal CdM riguarda proprio l'Attuazione della direttiva 2008/63/CE relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni.

In pratica nasce(rebbe) per gli installatori e quindi per sostituire il Decreto Ministeriale 314 del 1992. Il problema è che la correzione è stata un po' maldestra. Come ha ribadito l'Assoprovider leggendo in vecchio articolo 5 si scopriva che "gli abbonati possono provvedere direttamente all'installazione, al collaudo, all'allacciamento ed alla manutenzione di apparecchiature terminali omologate con capacità non superiore a due linee urbane, qualora l'allacciamento alla terminazione della rete pubblica richieda il solo inserimento della spina nel relativo punto terminale".

"Bene, è per i collegamenti Internet?", chiesero i rappresentati dell'Associazione qualche tempo fa. Ebbene il Ministero delle Comunicazioni  rispose che "erano gestibili in autonomia dall'utente solo quelli il cui bit rate fosse inferiore a 128 Kb/s", quindi di fatto "l'installazione di un modem ADSL da parte dell'utente finale è sempre stata fuorilegge…".

"Quando l'abbiamo scoperto come Assoprovider per anni ne abbiamo chiesto l'abrogazione  ma la lobby/casta dei soggetti dotati di Patentino (secondo DM314) ha ottenuto che questa magnifica evoluzione peggiorativa", ha scritto ieri il presidente Dino Bortolotto sul blog di Quintarelli.

"La chicca (che speriamo si vergognino a riproporre) è che il vecchio primo grado si poteva ottenere solo avendo tra il proprio personale un direttore tecnico che avesse trascorso almeno due anni in una ditta dotata di patentino di primo grado… in pratica non contava se eri un ingegnere od un salumaio ma solo che per osmosi la conoscenza si fosse infusa in te restando in una azienda con patentino di primo grado".

Il Ministro per lo Sviluppo avrà tempo 12 mesi per regolamentare in maniera più precisa. Dovrà infatti decidere i requisiti per ottenere i patentini, i dispositivi da escludere dall'obbligo di installazione specializzata, etc. C'è tempo per recuperare insomma, ma non è chiaro il motivo per cui si parta da una regola generale che vieti tutto e preveda (future) eccezioni.

Gli italiani potranno fare quel che vogliono in casa insomma, ma a mio parere rimane un pericolo. E fondamentalmente è il tarlo che mi ha attanagliato per tutta la giornata di ieri. Se si decide che un router VoIP Wi-Fi è un dispositivo che ha bisogno di un tecnico specializzato per la sua installazione, cosa faranno i provider? Dovremo pagare un plus, l'installazione a casa con tecnico non sarà più facoltativa? E a che prezzo? Forse non succederà nulla di tutto questo, ma voi cosa ne pensate?

-

Ieri la questione è esplosa online con una certa energia. Non si sono sprecati attacchi alla mia persona e alla redazione – alcuni a mio parere esagerati e ingiustificati. Ho cercato di rispondere alle perplessità e alle dure critiche di alcuni lettori: qualcuno ha apprezzato pur mantenendo un'opinione diversa, altri no. 

Oggi ho deciso di ritornare sull'argomento per dimostrare che per noi il rapporto con i lettori è importante. Nessuno si nasconde. Tutto è sotto la luce del Sole (o forse della retro-illuminazione degli schermi). Questo è Tom's Hardware. Questo è il Web.