OpenOffice delude la Pubblica Amministrazione tedesca

La città di Friburgo, in Germania, si prepara ad abbandonare OpenOffice per tornare alle licenze Microsoft. A causa di sviluppo e supporto troppo frammentari, per far funzionare il software si perde troppo tempo e produttività.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Il comune di Friburgo (Germania) non è soddisfatto di OpenOffice, perché "le aspettative e le speranze del 2007 non sono state soddisfatte". Il problema starebbe nel fatto che la suite da ufficio è superata, o almeno la vecchia versione che stanno usando. 

Ci si lamenta in altre parole del fatto che il software OpenOffice 3.2.1 (attualmente alla 3.4.1) non sia sufficientemente aggiornato ed è inadeguato al lavoro quotidiano. In particolare quando si tratta di presentazioni e fogli di calcolo il software open source è una frustrazione per i lavoratori, che rivogliono indietro Microsoft Office.

Friburgo, a due passi dalla Svizzera

Sembra quindi volgere al termine un periodo di sperimentazione in cui la citata versione di OpenOffice ha convissuto con la suite Microsoft. Continuare con il software open source comprometterebbe la produttività, e graverebbe sulle attività di lavoratori e clienti. Ecco quindi che "una nuova licenza Microsoft Office è essenziale per l'efficienza delle operazioni", si legge su un documento del comune stesso.

I problemi descritti sono noti a chiunque abbia usato OpenOffice, come il fatto che passando ai software Microsoft spesso la formattazione dei documenti si modifica, o che Excel funziona generalmente meglio delle alternative. Le difficoltà sarebbero accentuate dal fatto che pochi comuni hanno deciso di passare a OpenOffice, e reso così più palesi i problemi di compatibilità. Anzi, anche a livelli più alti c'è qualcuno che ha rinunciato all'open source (Ministero tedesco torna a Windows: Linux un flop e UE punta sull'open source ma sceglie Microsoft).

Eppure l'amministrazione comunale potrebbe migliorare molto la situazione semplicemente passando a LibreOffice o a una nuova versione di OpenOffice; ma lo sviluppo sarebbe troppo frammentario e inaffidabile, almeno rispetto al più stabile Microsoft Office. La comunità Open Source ha reagito subito con una lettera aperta firmata da Free Software Foundation Europe, Document Foundation e Open Source Business Alliance.

Il comune di Freiburg starebbe confrontando mele e pere. Dopotutto in altri luoghi le cose vanno diversamente, per esempio Linux domina incontrastato in Francia, dove anche la Gendarmerie ha preferito Ubuntu. E anche in Italia si sta almeno provando a risparmiare sulle licenze Microsoft (Open Office perfetto per i Comuni e Brunetta e La Regione Puglia è l'avanguardia open source italiana).

L'OpenSource ha trovato terreno fertile in Puglia

In generale quindi si può affermare che l'Open Source continua ad avanzare presso le istituzioni in molti paesi, ma la scelta della cittadina tedesca (ri)porta all'onore della cronaca un argomento chiave, cioè quello dell'usabilità: è vero che basta aggiornare e "stare dietro" al software per ottenerne ciò che si vuole, ma è vero anche che non si può chiedere a un utente non specializzato di farlo.

Che si tratti di un programma (o di un dispositivo) il funzionamento dev'essere quello desiderato dal primo momento, e non si può proporre a una pubblica amministrazione o ad altri di preoccuparsi di mantenimento e impostazioni.

Per la comunità open source questo è sempre stato uno degli argomenti più controversi: da una parte ci sono molti utenti che pretendono un software flessibile e modificabile prima di ogni altra cosa, e dall'altra quelli che invece vorrebbero lavorare per andare incontro a bisogni più generici. Una tensione che certo non si risolverà presto, e che tiene in ostaggio la potenziale diffusione dell'open source presso il grande pubblico.

Sopra a questo c'è un'idea piuttosto diffusa: se lo sviluppo è nelle mani di persone che pensano solo ai risvolti tecnici, l'usabilità e l'ergonomia vanno a farsi benedire. Forse si tratta di un pregiudizio, o di un eccesso, ma di certo non è un'affermazione priva di fondamento.