Oracle denuncia Google per Java, Big G non ci sta

Oracle ha denunciato Google per sette brevetti riguardanti la tecnologia Java. Big G la userebbe senza permesso e legittimità nelle applicazioni per Android. Il colosso di Mountain View però non ci sta: Java è open.

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a cura di Manolo De Agostini

Oracle ha depositato una causa contro Google per l'infrazione di sette brevetti riguardanti il software Java su piattaforma Android. "Nello sviluppo di Android, Google ha infranto coscientemente, direttamente e ripetutamente la proprietà intellettuale di Oracle connessa a Java. La causa richiede la ricerca di un rimedio appropriato per questa infrazione", ha dichiarato Karen Tillman, portavoce di Oracle.

Secondo Oracle oltre all'SDK, anche la macchina virtuale Dalvik - che serve per l'avvio di applicazioni sugli smartphone Android - è stata creata con la piattaforma Java da un dipendente Google con un passato in Sun Microsystems, azienda che ha sviluppato Java e che è stata acquistata da Oracle all'inizio dell'anno.

Java in passato era un linguaggio proprietario concesso in licenza, ma adesso ci sono implementazioni open-source sotto licenza GPL, il che significa che il codice può essere usato liberamente da sviluppatori di terze parti.

"Siamo delusi dal fatto che Oracle abbia scelto di attaccare Google e la comunità open-source Java con una causa infondata. La comunità open-source Java va oltre qualsiasi Corporation e lavora ogni giorno per rendere il Web un posto migliore. Difenderemo con forza gli standard open-source e continueremo a lavorare con l'industria per sviluppare la piattaforma Android", ha dichiarato Aaron Zamost, portavoce di Google.

James Gosling, papà di Java, ha dichiarato che la causa avviata da Oracle contro Google è più che altro uno scontro di soldi, potere ed ego. Oracle, testimone del grande successo di Android (200 mila Androidi al giorno invadono la terra, Android spopola, ma il frutto proibito resta l'iPhone), vorrebbe avere una fetta della torta tramite il pagamento di un risarcimento oppure, ed è la soluzione più probabile del caso, tramite il pagamento di royalty per la licenza sui brevetti.

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