Paghereste di più una CPU fatta in Occidente?

TSMC, il più grande fabbricante di semiconduttori, lancia l’allarme: ci potrebbero essere rincari fino al 30%, con l’apertura di fabbriche in USA ed Europa.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

I microchip potrebbero diventare più cari nel prossimo futuro, e la causa (o una delle ragioni se non altro) è l’apertura di fabbriche in Europa, Stati Uniti e altre zone “ricche” del mondo.

TSMC, il produttore di chip più importante al mondo, ha di recente sottolineato come i processori realizzati negli USA potrebbero costare fino al 30% in più. Una situazione che ritroviamo anche per gli stabilimenti giapponesi (+15%).

Il “problema” è in parte il costo della manodopera - TSMC in Asia riesce a trovare facilmente personale preparato e a un buon prezzo, mentre nelle aree citate si spende di più. Ma anche tutti gli altri costi sono più alti, e poi ci sarebbe da aggiungere il costo per importare le terre rare.

La fabbrica Europea, di prossima realizzazione, probabilmente sarà nella stessa situazione. Ammesso che sarà costruita, perché per ora l’Unione Europea non ha deliberato alcun finanziamento, che dovrebbe aggiungersi ai 10 miliardi di euro messi sul tavolo da TSMC, in cordata con altri partner. Se il piano andrà in porto, la nuova struttura sarà realizzata in Germania.

Perché TSMC vuole affrontare in costi maggiori?

Sì ma se tutto costa di più, e alla fine i chip saranno più costosi, perché prendersi il disturbo? Beh, la risposta è che in questo momento si sente la necessità di diversificare (geograficamente) almeno il settore dei semiconduttori.

A oggi infatti tutte le fabbriche e quasi tutte le competenze sono concentrate a Taiwan, con alcune ramificazioni in Cina e Giappone. Solo Intel ha una rete di stabilimenti negli Stati Uniti (e alcuni in Israele).

problemi di disponibilità che abbiamo vissuto dal 2020 a oggi sarebbero stati meno gravi, se TSMC avesse avuto fabbriche funzionanti in altri luoghi del mondo, e questa è una buona ragione per costruire nuove strutture in USA ed Europa.

E poi, naturalmente, c’è la “questione Taiwan”. Tutte le aziende dell’isola hanno un qualche interesse ad allontanarsene, visto che oggi più che mai ci sono dubbi e paure sul suo destino politico.

Ma, e qui c’è il paradosso, se TSMC dovesse davvero aprire stabilimenti altrove, proprio quello potrebbe essere il segnale che fa precipitare la situazione. Ad oggi, infatti, né la Cina né gli Stati Uniti vogliono mettere a rischio quella che è, in pratica, la fabbrica di semiconduttori del mondo intero. Ma se lo scenario dovesse cambiare, da una parte Pechino potrebbe pensare che è giunto il momento di riannettere l’isola; e dall’altra Washington potrebbe pensare che non c’è più nulla che valga la pena di difendere sull’isola.

Immagine di copertina: mshmeljov