PC con software preinstallato, la Corte UE chiude la storia

La Corte di Giustizia UE chiude definitivamente una vicenda riguardante il software preinstallato sui PC. Un utente francese voleva un rimborso per le applicazioni inutilizzate e indesiderate.

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a cura di Dario D'Elia

Vendere un computer provvisto di programmi informatici preinstallati senza la possibilità di alternative non è una pratica commerciale scorretta. La conferma giunge dall'ultima sentenza della Corte di Giustizia UE che sembra mettere fine a un caso che ha coinvolto un cittadino francese e Sony.Nel 2008 Vincent Deroo-Blanquart ha acquistato un portatile VAIO VGN-NR38E, provvisto di di vari programmi informatici preinstallati fra cui il sistema operativo Microsoft Windows Vista edizione Home Premium.

VAIO VGN-NR38E
VAIO VGN-NR38E

Al primo avvio ha rifiutato di sottoscrivere il contratto di licenza Microsoft, dopodiché ha chiesto alla Sony "il rimborso della parte del prezzo di acquisto del computer in questione corrispondente al costo dei programmi preinstallati". L'azienda ha rifiutato, ma dopo un ulteriore confronto durato 4 mesi ha proposto il rimborso totale del portatile (549 euro) a fronte della restituzione dello stesso.  

Deroo-Blanquart non ha accettato l'accordo e denunciato l'azienda presso il tribunal d'instance d'Asnières (tribunale di primo grado di Asnières, Francia) per ottenere il pagamento "della somma di 450 euro a titolo di rimborso forfettario per i programmi informatici preinstallati e della somma di 2500 euro per il danno derivante dalle pratiche commerciali sleali". La corte ha respinto le richieste. Deroo-Blanquart si è appellato e ha perso nuovamente, poi si è rivolto alla Cassazione nel 2013. Quest'ultima ha chiesto il parere alla Corte di Giustizia UE e oggi c'è stata la sentenza.

Furio
Vincent o Furio?

L'Ottava Sezione oltre alla questione dei software preinstallati ha ricordato che non vi è neanche l'obbligo di indicare i prezzi di ciascuno dei programmi informatici preinstallati.

Insomma, probabilmente si chiude definitivamente una vicenda che da anni è oggetto di dibattito in alcuni ambienti Linux. In Italia, un caso simile, si è risolto però in modo completamente opposto. Nel settembre 2014 la Cassazione ha dato ragione a un informatico fiorentino che aveva lamentato lo stesso problema di Deroo-Blanquart con un computer HP.