Perché i gruppi di WhatsApp possono migliorare la scuola

La scuola italiana cambia lentamente anche perché al suo interno sono molti quelli che si oppongono al cambiamento. E se il cambiamento sono le chat di WhatsApp tra genitori, di ragioni per lamentarsi ce ne sarebbero. Ma ci sono anche grandi potenzialità positive.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Le chat di WhatsApp fra genitori degli alunni che frequentano la stessa classe sono uno strumento demoniaco da vietare? L'interrogativo sorge spontaneo a seguito dell'articolo sul tema pubblicato da La Repubblica. Sappiamo tutti che una discussione può degenerare, e un gruppo Whatsapp non fa certo eccezione. Il malumore può crescere velocemente e portare a un conflitto tra le parti in causa: alunni, insegnanti e genitori.

Filomena Massaro, preside di una scuola di Bari ha rivolto un appello ai genitori chiedendo di "non usare affatto questi strumenti", ma come lei stessa ammette "è una battaglia difficilissima". È doveroso domandarsi se sia il consiglio giusto da dare, e quali altri commenti siano possibili a riguardo.

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Tanto per cominciare non si può impedire ai genitori di comunicare, siamo in paese libero e la libertà di parola è ben tutelata dall'articolo 21 della Costituzione, come ci ha ricordato il dirigente Salvatore Giuliano. Uno strumento come WhatsApp, inoltre, non è né buono né cattivo per definizione: bisogna saperlo usare, che significa saper comunicare. Potrebbe essere uno strumento prezioso, tra l'altro, a beneficio degli alunni e del rapporto scuola-famiglia. Ne abbiamo parlato con il citato Giuliano, con alcuni insegnanti e con qualche genitore.

Non abbiamo trovato nessuno che fosse d'accordo con la preside Massaro, che pure ha citato un caso estremo di cattivo utilizzo del mezzo; un caso che non è certo l'unico, e tutti spesso cadiamo vittima dello stesso tranello. Scriviamo cose che non dovremmo scrivere, e dimentichiamo che in un gruppo le cose si amplificano e i problemi diventano drammi molto in fretta.

Se esiste un problema, quindi, è il modo in cui usiamo i mezzi di comunicazione. Spesso si tende a esprimere opinioni senza filtri, attaccare il prossimo, e bastano poche voci "forti" per dare il via a una sommossa popolare.

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"Andrebbero educati, genitori e insegnati, all'uso consapevole del mezzo di comunicazione. Che come tale è pubblico e non privato ed è semplicemente una estensione di ciò che noi siamo. Sarebbe interessante spiegare che questo tipo di comunicazione è funzionale e utile se usata bene. Ma che non è uno sfogatoio libero di inciviltà. Educazione al digitale per tutti. Sul divieto non concordo", ci ha detto Caterina Policaro, che aggiunge come anzi la chat potrebbe diventare "carbonara e autorizzare maggiormente ognuno a dirne di tutti i colori magari proprio sul preside in questione. Uso consapevole, implicazioni, pro e contro. Ci riguarda tutti".

Le fa eco un altro insegnante molto esperto di metodi moderni, Mimmo Aprile, che rileva come "i sistemi di Instant messaging sono uno strumento dei nostri tempi: il fatto che i genitori li utilizzino per tenere una comunicazione tra di loro non mi pare un male assoluto. Io, se fossi Dirigente, mi porrei il problema di educare all'utilizzo di uno strumento. Da tre anni a questa parte, nelle classi prime, sviluppo un modulo di comunicazione con le social web app e i social network".

Ecco, al massimo si può parlare di imparare a usare lo strumento. Un'affermazione per tutte le stagioni, ma che nel caso della scuola acquista un valore particolarmente complesso. Per i genitori si tratta dell'esigenza di tutelare i figli, e la chat di gruppo potrebbe anche essere d'aiuto nel sostenerli ad affrontare il percorso scolastico. Un percorso che, inutile nasconderlo, spesso e volentieri è irto di pericoli e minacce che la scuola come istituzione non solo è incapace di affrontare (come il bullismo), ma a volte amplifica e peggiora.

Nella chat i genitori possono scoprire di essere un gruppo con una sua forza, un fronte democratico che prima non esisteva. Ed è proprio qui che "la chat" ha il potenziale per innescare il cambiamento. Questo non significa certo "un'unione contro la scuola", né mai dovrebbe esserlo perché la collaborazione tra istituzione e genitore è determinante per il successo formativo dell'alunno.

Il gruppo di WhatsApp è qualcosa che appartiene ai genitori, dunque, ma è anche qualcosa che definisce il gruppo stesso, che lo crea ex-novo. Prima di questi strumenti ci si sentiva ogni tanto al telefono, forse ci si incontrava un paio di volte l'anno per le rituali e noiose assemblee. Oggi si può parlare in tempo reale di ciò che accade dentro le mura della scuola. Di fatto si sta abbattendo una barriera che esisteva da secoli, e l'impatto di questo cambiamento ha appena cominciato a farsi sentire.

gruppo whatsapp dei genitori

La chat è dei genitori, e la scuola deve o almeno dovrebbe tenerne conto - ed è forse proprio questo punto a creare malumori in qualche docente. Nessun insegnante dovrebbe mai adeguarsi acriticamente a ciò che chiedono madri e padri, per quanto coalizzati. Ma non si può nemmeno far finta che i genitori non si parlino.

Il tempo delle museruole è finito da un pezzo, quindi cercare il dialogo è a questo punto un passo necessario. Ci sono certi insegnanti che aprono gli incontri dicendo che non si può mettere in discussione il metodo didattico, e 30 secondi dopo chiedono la collaborazione dei genitori. Ma come si fa a collaborare con qualcuno che prima di tutto ti ha chiesto (ordinato in effetti) di accettare supinamente tutto ciò che dice? Non si può più, ed è quindi imperativo trovare il dialogo.

Come? Ci fa un esempio Chiara Legnani, (insegnante scuola primaria, provincia di Varese). "Nella nostra scuola abbiamo istituito una chat fra insegnanti e rappresentanti di classe. I rappresentanti si appoggiano a questo canale anche per moderare il gossip nella chat fra genitori, che è uno strumento istituito spontaneamente e non vietabile.  

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I rappresentanti di classe si sono presi carico di riferire e moderare 'i casi' che esplodono nella chat genitori, riferendo il messaggio dell'insegnante coinvolto, o convocando una riunione con l'insegnante quando serve. Esempi pratici sono l'incomprensione del compito a casa da parte dei bambini, un 'castigo' di classe mal digerito dai genitori o qualsiasi fatto verificatosi in classe che dà adito a discussioni".

Quello che c'è da comprendere è che per non far degenerare le discussioni ed evitare corto circuiti di comunicazione fra genitori e insegnanti l'unico modo è quello di far comprendere l'utilità di una chat di classe, e fare in modo che qualcuno si prenda carico della moderazione.

Insomma altro che divieto, questo nuovo strumento può innescare meccanismi virtuosi che possono cambiare la scuola in meglio. Ognuno deve fare la propria parte: gli insegnanti, che siano pronti a discutere, ad accettare critiche (non aggressioni), che diano la giusta importanza alla comunicazione con i genitori. Pur sapendo che è faticoso, e che almeno in parte sarà un sforzo che esce dall'orario scolastico. I genitori, da parte loro, dovrebbero smettere di usare la chat come canale di sfogo, capire che è uno strumento per crescere come individui e aiutare i loro figli a diventare studenti di successo. "Ben venga uno strumento di comunicazione, che di per sé non è ne buono né cattivo", dice a ragione veduta Giuliano.

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A chi può dare fastidio una risorsa del genere? Sicuramente a coloro che sono vittime di un social-cecchinaggio, e a loro bisogna dare solidarietà e supporto. Ma che i genitori parlino tra loro dà fastidio anche ai cattivi insegnanti, a quelli che "si è sempre fatto così" e rifiutano di adattare i metodi a bambini e ragazzi che sono cresciuti in un mondo diverso, a quelli convinti che gestire i problemi sia sinonimo di castigare. "Se quelli hanno frustrazioni di altro tipo, sono problemi loro", conclude serafico Giuliano, che dirige una delle scuole più moderne del nostro Paese.