Poca innovazione nei videogames? Blockchain può risvegliarla

Il mercato dei videogiochi è molto grande ma è dominato da poche aziende non particolarmente interessate a innovare. Di fronte a tale situazione il progetto Nitro potrebbe aiutare a portare cambiamenti, grazie a una criptomoneta per gli scambi virtuali ma anche per sostenere nuovi progetti.

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a cura di Andrey Vedishchev

L'industria dei videogiochi sta vivendo letteralmente una "Golden Age". I videogiocatori nel mondo si stima siano circa 2 miliardi, numero sicuramente destinato a crescere nel corso dei prossimi anni. Gli smartphone hanno dato un contributo sostanziale a tale crescita, insieme a novità come il modello freemium o la semplicità degli store digitali come Google Play, App Store o Steam. Molti sono nati "casual gamer" e sono poi diventati "hardcore gamer".

Una tale esplosione della base utenti ha dapprima notevolmente incrementato il Margine Operativo Lordo delle software house, e in seconda istanza ha reso molto più appetibile l'entrata di nuovi competitor: Rovio e King coi loro Angry Birds e Candy Crush Saga sono solo gli esempi più noti di tale fenomeno.

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L'incrociarsi di tali eventi ha allora reso la competizione decisamente più accesa scatenando una sfrenata corsa ai migliori programmatori, esperti di animazione e di graphic design sulla piazza; che naturalmente hanno iniziato a chiedere e ottenere ingaggi sempre più alti: stando ai dati Forbes, lo stipendio medio è oggi di 97mila dollari. Ed è destinato a lievitare ulteriormente negli anni a venire. Così come cresce il costo di sviluppo dei giochi stessi.

Nel 2013, quando venne pubblicato GTA 5 e venne annunciato il costo di produzione a molti cadde letteralmente la mascella. Si parlava di 265 milioni di dollari. Ma un anno dopo il record venne nuovamente aggiornato con la pubblicazione di Destiny. Mezzo miliardo di dollari circa.

I motivi, come ci spiega il prestigioso The Economist, sono da ricercarsi nella continua ricerca della migliore esperienza di gioco. Destiny ha impiegato 500 persone per realizzarne i soli aspetti grafici. Realizzare un gioco oggi costa quanto dar vita ad una produzione cinematografica californiana, e sicuramente vi contribuisce l'ingaggio - nelle vesti di doppiatori - degli stessi divi hollywoodiani che siamo soliti ammirare sul grande schermo. Senza contare la spesa in marketing su testate di settore, televisione, eccetera.

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Il grosso problema è che tale scenario sta concentrando il potere di mercato nelle mani di pochi grandi player: secondo quanto riportato da Cointelegraph l'industria oggi vale ben 100 MLD di dollari. Di questa torta, 1/3 va a dieci imprese fra cui figurano Sony, EA, Bandai Namco, Google, Apple e Microsoft, oltre alla già citata Activision Blizzard nata nel 2008 dalla fusione di due storici player. È una tendenza del tutto simile a quella del settore automobilistico.

L'oligopolio però non fa bene all'innovazione, e noi consumatori rischiamo di essere vittime della politica di prezzi e non solo di pochi noti.