RAM al posto degli hard disk e addio colli di bottiglia

A Stanford pensano che per velocizzare la gestione dei dati nei datacenter si possa usare la DRAM al posto degli hard disk. Un'idea interessante, ma complicata e forse anche troppo costosa. Google la ritiene buona, ma solo se applicata in piccola scala.

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a cura di Manolo De Agostini

Abbandoniamo gli hard disk e salviamo tutto nella RAM. È questa la proposta di un gruppo di ricercatori di Stanford, che sta lavorando su un modo di velocizzare la gestione dei dati nei datacenter. Gli hard disk offrono infatti una capacità senza eguali a prezzi popolari, ma la velocità con cui gestiscono le informazioni è tutt'altro che elevata.

Per applicazioni in cui devono essere manipolati rapidamente un numero elevato di dati - pensate agli scambi borsistici o alla traduzione istantanea delle pagine Web da una lingua all'altra - la lentezza di un hard disk può diventare un problema. Da qui nasce quindi il concetto di RAMCloud, sviluppato dal professor John Ousterhout dell'Università di Stanford.

Oggi i dati recuperati da un hard disk sono temporaneamente ospitati nella DRAM, sottoforma di carica elettrica all'interno di un condensatore. Secondo i ricercatori recuperare bit dalla DRAM e inviarli attraverso una rete interna è un buon modo per raggiungere velocità da 100 a 1.000 volte superiori rispetto a quelle di un hard disk.

C'è chi però è scettico su questo approccio, come il professor Murat Demirbas della State University of New York, che ritiene l'uso di tanti dischi in parallelo una soluzione migliore e fattibile. La creazione di RAMCloud si scontra inoltre con un problema di non poco conto, ovvero il prezzo.

Secondo Ousterhout duemila server potrebbero offrire 48 terabyte di DRAM a 65 dollari al gigabyte, con un esborso superiore da 50 a 100 volte rispetto a quello degli hard disk. La cifra però andrebbe rapportata ai benefici prestazionali e in quel caso a uscire vincitrici sarebbero le DRAM. Nel 2020 un sistema RAMCloud potrebbe consentire di archiviare da uno a dieci quadrilioni di byte a 6 dollari al gigabyte.

Il limite più evidente sta però nella natura della DRAM, che è una memoria volatile e come tale in assenza di energia elettrica perde informazioni. Un sistema RAMCloud dovrebbe quindi usare dei dischi come soluzioni di backup, in modo da ripristinare i dati in seguito a possibili problemi.

Secondo Luiz Barroso, ingegnere di Google, il problema che sta affrontando il gruppo di Stanford è di grande rilevanza, ma il sistema proposto non è attuabile su larga scala. "L'attuale economia delle DRAM escluderebbe RAMCloud come soluzione per gestire un elevato numero di dati, ma potrebbe essere interessante per carichi di lavoro di più modeste dimensioni".