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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Prodursi in casa energia elettrica e rivenderla usando blockchain. Potrebbe sembrare la solita boutade costruita sulla parola del momento, e magari lo è, ma dietro a questa pazza idea c'è il Politecnico di Milano, in particolare l'Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger. Un'idea che nasce da un'attenta osservazione del panorama attuale, e che riprende concetti già espressi a livello internazionale dalla metà del 2017 in poi.

"Il settore energetico è al quarto posto, dietro al settore finanziario, governativo e logistico, per numero di progetti che sfruttano le potenzialità della Blockchain", recita il comunicato stampa inviato dai ricercatori universitari. "Una tecnologia che [...] rivoluziona le tradizionali dinamiche di produzione e vendita di energia. Come la figura del prosumer, consumatore e produttore di energia allo stesso tempo, ma non ancora venditore".

Insomma, non solo prodursi la propria energia ma anche rivenderla. L'idea esiste ormai da diversi anni, e in effetti in passato era possibile ottenere uno sconto in bolletta per l'energia immessa in rete. Oggi non più, e la nota del Politecnico ci ricorda che "il contesto attuale non consente di vendere il surplus energetico". Un vero peccato.

contatore eletrico piccolo

La soluzione si chiama, o potrebbe chiamarsi, blockchain. La tecnologia resa famosa da Bitcoin, infatti, "potrebbe consentire di acquistare questa energia elettrica prodotta in eccesso a un prezzo inferiore a quello di mercato, spingendo ulteriormente la crescita di prosumer e valorizzando maggiormente l'energia immessa in rete".

Dopotutto non sarebbe affatto complicato associare l'energia prodotta a una versione dedicata della blockchain Ethereum, agendo direttamente sul contatore. A questo punto ognuno di noi potrebbe comprare e vendere tramite smart contract, e ai gestori resterebbe la responsabilità di ripartire spese e profitti a ognuno, in cambio di un loro guadagno. Sembra un futuro lontano ma non è detto che lo sia.

"In vari paesi lo scambio di energia p2p è già attuabile ed è presumibile che in un futuro non troppo lontano si vada in questa direzione", sostiene Valeria Portale (direttore dell'Osservatorio Blockchain & Distributed Ledger), "La Blockchain consentirebbe di registrare tutti gli scambi (per ora solo virtuali e non fisici) e semplificare la fatturazione tra gli utenti. Sviluppare questa soluzione consentirebbe alle utility italiane di anticipare i tempi e semplificare la vita ai prosumer che vogliono vendere energia".

E non si tratterebbe di semplice compravendita, come ci ricorda ancora Portale, perché "il vero valore per le utility italiane consiste nei servizi a valore aggiunto che potrebbero essere abilitati da questa infrastruttura per lo scambio di energia p2p". 

Per esempio, questo approccio renderebbe possibile ottenere un aumento di potenza temporaneo e a brevissimo termine: magari ho ospiti e mi serve far funzionare tre asciugacapelli alla volta, insieme al forno; ma solo per due o tre giorni, che passati quelli si sa che l'ospite è come il pesce. Oppure potrei scegliere da chi comprare la corrente, se da un grande fornitore o dal vicino, secondo chi mi fa il prezzo più basso - magari prendendo quella del vicino finché ce n'è per poi passare al fornitore più caro quando è necessario.

Lo studio del PoliMi propone quindi l'idea di "un marketplace, gestito congiuntamente dalle utility, che consenta a tutti i prosumer di vendere a qualsiasi consumer la propria energia. I consumatori, infatti, avranno la possibilità di generare il proprio piano di approvvigionamento elettrico andando a selezionare il mix di approvvigionamento tra energia prodotta dalle utilities e/o prodotta dai prosumer".

Tutto molto bello ma i guadagni? Chi e perché dovrebbe entrare in un sistema simile? La risposta arriva dalla stessa nota stampa: "l'accesso al marketplace potrebbe essere consentito in funzione del pagamento di una quota annuale per remunerare la gestione del processo di fatturazione per i prosumer che rimarrebbe in capo alle utility". Cioè Enel, ENI o chi per loro, guadagnarebbero la loro parte come gestori del bazar digitale. E sarebbe un profitto più che discreto visto che, secondo gli esperti milanesi, sarebbe "possibile garantire al gestore un incremento dell'1% dei ricavi, che andrebbe a ridurre l'impatto dei mancati ricavi dovuti alla perdita del margine sull'energia venduta dai prosumer".

L'idea sarebbe già stata "avallata dalle varie utilities che hanno partecipato al tavolo di lavoro", ci ricorda Paola Testa (Ernst & Young). Secondo lei c'è "il potenziale di rivoluzionare il classico paradigma di acquisto dell'energia elettrica" nel quale i classici fornitori diventerebbero intermediari tra cittadini che producono energia e altri che la consumano e basta.

Insomma, con blockchain tutti contenti: chi consuma elettricità, chi la produce e chi la vende. Ma sarà davvero possibile?