Software spia in azienda, la Cassazione dice no

Una sentenza della Corte di Cassazione toglie ogni legittimità ai dati raccolti sul lavoro di un dipendente, a meno che il monitoraggio non avvenga con il consenso dei sindacati o dell'Ispettorato del lavoro.

Avatar di Valerio Porcu

a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

Per la Corte di Cassazione le aziende non possono spiare i computer dei lavoratori, a meno di autorizzazioni esplicite. Secondo una recente sentenza alle aziende è vietato "installare software in grado di controllare i PC dei dipendenti durante l'orario di lavoro, anche solo per accertarsi che non vengano effettuate sessioni di navigazione in rete non autorizzate".

Privacy, questa sconosciuta.

La sentenza chiude un ricorso per licenziamento, nell'ambito del quale è emerso l'uso di questo tipo di strumenti. L'azienda ha presentato come prova i dati raccolti con un software per monitorare la rete interna, ma la difesa del lavoratore le ha fatte invalidare perché acquisite illecitamente. Qualcuno si potrebbe chiedere come gli sia venuto in mente di portarle in aula, viste le nostre leggi sul lavoro e sulla privacy.

Curiosamente tra i file log del computer e quelli dell'applicazione di controllo c'erano delle incoerenze: un dato dimostrava un uso improprio delle risorse aziendali, mentre l'altro qualche minuto di navigazione privata in pausa pranzo. 

Cosa ci tocca fare per farci i fatti nostri.

Le applicazioni di controllo, quindi, si potranno usare solo dopo l'approvazione da parte dei sindacati o dell'Ispettorato del Lavoro, nel rispetto delle leggi per la protezione della privacy.

La corte sostiene la sua decisione con lo Statuto dei Lavoratori, secondo il quale:  "la vigilanza sul lavoro, ancorché necessaria nell'organizzazione produttiva, vada mantenuta in una dimensione "umana" e cioè non esasperata dall'uso di tecnologie che possono rendere la vigilanza stessa continua e anelastica, eliminando ogni zona di riservatezza e di autonomia nello svolgimento del lavoro".