Schemi di codifica a confronto

Viaggio alla scoperta della storia dei computer. Questa volta ci soffermiamo sugli hard disk, a partire dalle prime unità a nastro di IBM fino ad arrivare alle tecnologie più moderne.

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a cura di Tom's Hardware

Schemi di codifica a confronto

La figura mostra un esempio di forma d'onda scritta per archiviare il carattere ASCII X su un hard disk usando tre schemi di codifica.

In ognuno di questi esempi la riga superiore mostra i bit di singoli dati (01011000b, per esempio) all'interno delle loro celle di bit separate nel tempo dal segnale di clock, rappresentato come un punto (.). Sotto quella riga c'è la forma dell'onda effettiva, che mostra le tensioni positive e negative, così come le transizioni nella tensione dela testina, che portano alla registrazione delle transizioni di flusso. La linea in basso mosta le celle di transizione, dove T raffigura una cella di transizione che contiene una transizione di flusso e N che rappresenta una cella di transizione vuota.

La prima immagine mostra la codifica FM, èd è relativamente semplice. Ogni cella bit ha due celle di transizione, una per l'informazione di clock e una per il dato. Tutte le celle di transizione di frequenza contengono transizioni di flusso e le celle di transizione dati contengono una transizione di flusso solo se il dato è 1. Nessuna transizione è presente quando il dato è 0. Iniziando da sinistra il primo dato è 0, decodificato come un modello di transizione di flusso di TN. Il bit successivo è un 1, è decodificato come TT. Il bit successivo è 0, che è decodificato come TN e così via.

Figure 8.10??ASCII character X write waveforms using FM, MFM, and RLL 2,7 encoding.

Lo schema di codifica MFM aggiunge una cella per il clock e una per la transizione dati per ogni bit da registrare. Come potete vedere la cella per la transizione di clock trasporta una transizione di flusso solo quando ci sono due "0" consecutivi. Da sinistra, il primo bit è uno 0 e il bit precedente è sconosciuto (ipotizziamo 0), quindi il modello di transizione di flusso è TN per quel bit. Il bit successivo è un 1, che porta sempre a una serie TN. Il bit successivo è uno 0, che era preceduto da un 1, quindi il modello archiviato è NN. Usando la tabella della pagina precedente, potete facilmente tracciare il modello di codifica MFM alla fine del byte. Potete vedere che i numeri minimi e massimi delle celle di transizione tra due flussi di transizione sono uno e tre, rispettivamente, il che spiega perché la codifica MFM può anche essere chiamata RLL 1,3.

Il modello RLL 2,7 è più complicato perché codifica gruppi di bit anziché bit invididuali. Iniziando da sinistra, il primo gruppo sono i primi tre bit, 010. Questi sono tradotti in un modello di transizione di flusso in TNNTNN. I successivi due bit, 11, sono tradotti in TNNN; e il gruppo finale, 000, è tradotto in NNNTNN per completare il byte. Come potete vedere in questo esempio, nessun bit aggiuntivo è necessario per completare l'ultimo gruppo.

I numeri minimi e massimi di celle di transizione vuote tra due transizioni di flusso in questo esempio sono due e sei, ma un esempio differente potrebbe mostrare un massimo di sette celle di transizione vuote, da cui deriva RLL 2,7.

L'ultimo tipo di codifica quindi riduce il numero di transizioni da registrare rispetto a MFM, e quindi si può aumentare la frequenza di clock, tre voltre rispetto a FM o 1,5 volte rispetto a MFM. E quindi si possono archiviare più dati nello stesso spazio.

L'onda risultante tuttavia non è diversa da quella ottenuta con FM o MFM in termini di numero e separazioni delle transizioni di flusso per una data porzione fisica del disco. In altre parole, le distanze fisiche minime e massime tra due transizioni di flusso rimangono le stesse in tutti questi tre esempi di schemi di codifica.