Vendita PC con software preinstallato, lecita o scorretta?

La vendita di un PC con software preinstallato può essere considerata una pratica commerciale scorretta? La Corte di Giustizia UE si è espressa.

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a cura di Dott. Giuseppe Laganà

Introduzione

Ogni volta che acquistiamo un nuovo pc o notebook, una volta terminata la configurazione del prodotto, siamo tenuti ad accettare il Contratto di Licenza Utente Finale (CLUF) del sistema operativo preinstallato.

Ma se l'utente invece non volesse utilizzare tale software? Questa pratica commerciale, largamente impiegata nel mercato, può essere considerata lecita? E ancora, il consumatore ha la possibilità di richiedere un rimborso per i programmi che non intende utilizzare? Tutti questi interrogativi sono stati oggetto di una importante pronuncia della Corte di Giustizia dell'Unione Europea che ha fatto chiarezza sulla questione.

Abbiamo chiesto un approfondimento al Dott. Giuseppe Laganà dello Studio Legale Associato Fioriglio-Croari.

Le pratiche commerciali sleali

Prima di esaminare la pronuncia giurisprudenziale è opportuno capire bene cosa si debba intendere per pratiche commerciali sleali e quale sia il contesto normativo di riferimento.

Gli artt. 5 e 7 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2005, sono espressamente dedicati alle pratiche commerciali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno.

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In particolare, l'art. 5 al fine di considerare sleale una pratica commerciale richiede il verificarsi di due condizioni: da un lato, la contrarietà della pratica alle norme di diligenza professionale, e, dall'altro, il fatto di falsare o di essere idonea a distorcere in misura rilevante il comportamento economico del consumatore medio in relazione al prodotto.

L'art. 7, invece, definisce sleale la pratica commerciale che omette informazioni rilevanti affinché il consumatore medio possa prendere una decisione consapevole e che lo induca o sia in grado di indurlo ad adottare una decisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso. 

In sostanza, le succitate norme mirano a vietare tutte quelle pratiche commerciali volte a falsare il comportamento economico dei consumatori, considerati parti deboli del rapporto.

La sentenza della Corte di Giustizia UE del 07 settembre

Le disposizioni indicate, come anticipato, sono state oggetto dell'interpretazione della Corte di Giustizia UE, in occasione di una pronuncia pregiudiziale presentata nel corso di una controversia tra un consumatore francese e la Sony Europe Limited.

Il caso trae origine dall'acquisto di un computer Sony, dotato di programmi informatici preinstallati, effettuato da parte di un consumatore francese.

Quest'ultimo, in occasione del primo utilizzo del dispositivo, si rifiutava di sottoscrivere il Contratto di Licenza Utente Finale del sistema operativo e chiedeva alla Sony il rimborso del prezzo di acquisto nella misura corrispondente al costo del software preinstallato e non utilizzato.

Il rimborso veniva negato dal venditore e la questione si spostava nelle aule giudiziarie del Tribunale di primo grado di Asnières, al quale il consumatore francese chiedeva di condannare Sony al pagamento di una somma a titolo di rimborso forfettario per i programmi informatici preinstallati e di un'altra somma a titolo di risarcimento per il danno derivante dalle pratiche commerciali sleali compiute.

I giudici di Asnières respingevano tutte le richieste formulate dall'attore, il quale, peraltro, proponeva appello dinnanzi alla Corte d'Appello di Versailles.

Tuttavia, la sentenza impugnata veniva confermata anche in appello, non ravvisandosi nella procedura di vendita in oggetto alcuna pratica commerciale sleale.

Arrivata la controversia dinnanzi alla Corte di cassazione francese, quest'ultima decideva di sospendere il giudizio e di sottoporre la questione alla Corte di Giustizia UE.

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I giudici comunitari, confermando i precedenti giudizi di merito, definivano la vicenda in senso sfavorevole per il consumatore francese nei seguenti termini.

Nelle motivazioni si rileva che l'impossibilità per il consumatore di acquistare un computer sfornito di programmi informatici (essendo la vendita del pc possibile solo se comprensiva dei programmi preinstallati sullo stesso) non costituisce una pratica commerciale sleale, a meno che tale condotta non sia contraria alle norme di diligenza professionale ed idonea ad alterare in misura rilevante le scelte economiche del consumatore medio in relazione a quel prodotto (ipotesi che, però, spetta al giudice nazionale verificare, tenendo in considerazione le specifiche circostanze di fatto).

I giudici Comunitari concludevano specificando che neppure la mancata indicazione del prezzo di ciascuno dei programmi informatici preinstallati costituisce una pratica commerciale ingannevole, in quanto il prezzo è, sì, considerato quale informazione rilevante per il consumatore, ma soltanto nella sua globalità e non come prezzo specifico di ogni singolo elemento incluso nella vendita.

Conclusioni

Dalla citata pronuncia non si deve tratte la conclusione che esista un obbligo, in capo al consumatore, di acquistare un computer necessariamente con software preinstallati, in quanto è comunque sempre garantito l'esercizio del diritto di recesso qualora non si volessero accettare le condizioni di licenza del software.

Inoltre, a ben vedere, il fatto di vendere congiuntamente al dispositivo alcuni programmi informatici è spesso considerato anche come un'agevolazione per il consumatore, il quale normalmente preferisce procedere all'acquisto di un computer già provvisto dei programmi necessari, in modo da poterlo utilizzare immediatamente.

Nota: una versione più completa e dettagliata di questo articolo, con riferimenti alla sentenza della Corte di Giustizia UE, è disponibile sulla rivista telematica dirittodell'informatica.it.