L'allattamento al seno potrebbe rappresentare una difesa naturale contro il cancro mammario grazie a un meccanismo immunitario che finora era rimasto nell'ombra. Un team di ricercatori australiani ha scoperto che nelle donne che hanno allattato si accumula nel tessuto mammario un particolare tipo di cellule immunitarie, i linfociti T CD8+, che persistono per decenni e fungono da sentinelle contro lo sviluppo di cellule maligne. Questa scoperta getta nuova luce sul legame, già noto da tempo, tra allattamento e riduzione del rischio di tumore al seno.
La ricerca, condotta da Sherene Loi del Peter MacCullum Cancer Centre nello stato di Victoria, ha coinvolto l'analisi di tessuto mammario prelevato da 260 donne di età compresa tra i 20 e i 70 anni, appartenenti a diverse etnie e con storie riproduttive variegate. Nessuna delle partecipanti aveva mai ricevuto una diagnosi di cancro al seno, ma il numero di figli e l'esperienza dell'allattamento differivano significativamente tra loro. I risultati hanno rivelato una presenza marcata di questi "guardiani locali" nelle donne che avevano allattato, con cellule T che in alcuni casi rimanevano attive nel tessuto mammario fino a 50 anni dopo il parto.
Per comprendere meglio il fenomeno, gli scienziati hanno condotto esperimenti paralleli su modelli murini. I topi che avevano completato un ciclo completo di gravidanza, allattamento e recupero mammario durante lo svezzamento dei cuccioli mostravano un accumulo significativo di linfociti T specializzati nel tessuto mammario, anche 28 giorni dopo il ritorno delle ghiandole mammarie allo stato pre-gravidanza. Al contrario, questo accumulo non si verificava nei topi a cui erano stati rimossi i cuccioli subito dopo la nascita o in quelli che non erano mai stati gravidi.
La fase successiva dell'esperimento ha fornito dati ancora più interessanti. Quando i ricercatori hanno impiantato cellule di carcinoma mammario triplo negativo – una forma particolarmente aggressiva di tumore al seno – nel tessuto mammario dei topi, gli animali che avevano completato l'intero ciclo di allattamento hanno mostrato una crescita tumorale molto più lenta. Tuttavia, quando i ricercatori hanno deliberatamente eliminato questi linfociti T, i tumori hanno ripreso a crescere rapidamente, dimostrando il ruolo protettivo diretto di queste cellule.
L'analisi si è poi estesa ai dati clinici di oltre mille donne che avevano ricevuto una diagnosi di carcinoma mammario triplo negativo dopo almeno una gravidanza portata a termine. Le pazienti che avevano allattato presentavano tumori con una densità più elevata di linfociti T CD8+, suggerendo un'attivazione immunitaria continua dell'organismo contro il cancro. Dopo aver corretto i dati per altri fattori di rischio associati alla mortalità da tumore al seno, come l'età, è emerso che le donne che avevano allattato mostravano una sopravvivenza complessiva significativamente più lunga, sebbene i dati fossero troppo variabili per stabilire se la durata dell'allattamento influisse sull'effetto protettivo.
Gli studi epidemiologici precedenti avevano già evidenziato che il rischio di cancro al seno – la seconda forma di tumore più diffusa al mondo – si riduce del 4,3 per cento per ogni anno di allattamento, con effetti protettivi particolarmente marcati nelle madri più anziane. Tuttavia, i meccanismi alla base di questa protezione restavano in gran parte misteriosi, con ipotesi che chiamavano in causa modifiche al tessuto mammario e variazioni nell'esposizione ormonale.
Secondo l'ipotesi formulata dai ricercatori, l'accumulo di linfociti T durante l'allattamento potrebbe essere una risposta evoluzionistica per prevenire infezioni che potrebbero portare a mastite, un'infiammazione dolorosa della ghiandola mammaria. Il legame tra gravidanza e cancro al seno è più complesso e stratificato: la ricerca suggerisce infatti che la riduzione del rischio si verifica principalmente quando la gravidanza avviene in giovane età.
Daniel Gray del Walter and Eliza Hall Institute of Medical Research di Victoria, non coinvolto nello studio, ha sottolineato che l'analisi di gruppi multipli di donne rappresenta uno dei punti di forza della ricerca. Secondo Gray, il lavoro "pone le basi per studi futuri che potrebbero spiegare come i linfociti T CD8+ mantengano una memoria dell'allattamento" per periodi così prolungati.
Loi ha tuttavia tenuto a precisare che le implicazioni dello studio, pur significative per comprendere perché alcune donne possano essere naturalmente più protette contro forme aggressive di cancro al seno e per sviluppare strategie di prevenzione o trattamento personalizzate, non devono trasformarsi in pressioni sociali. La decisione di allattare rimane una scelta individuale, non sempre possibile per ragioni mediche o personali, e l'allattamento non garantisce comunque una protezione assoluta dallo sviluppo del tumore mammario.