La complessità delle malattie genetiche ereditarie rappresenta da sempre una sfida enorme per la medicina moderna. Condizioni come la fibrosi cistica, l'emofilia o la malattia di Tay Sachs non derivano da un singolo difetto nel DNA, ma da molteplici mutazioni che variano anche tra pazienti affetti dalla stessa patologia. Questa eterogeneità genetica ha reso finora estremamente complicato sviluppare terapie geniche efficaci su larga scala, lasciando indietro intere categorie di malati.
Un team di ricercatori dell'Università del Texas ad Austin ha sviluppato una tecnica di editing genetico che potrebbe rivoluzionare questo scenario. Il metodo, basato su elementi genetici chiamati retroni, consente di correggere simultaneamente diverse mutazioni responsabili di malattie nelle cellule dei mammiferi. Gli scienziati hanno ottenuto risultati promettenti anche sugli embrioni di pesce zebra, riparando mutazioni associate alla scoliosi.
I retroni sono strutture genetiche originariamente identificate nei batteri, dove svolgono una funzione difensiva contro le infezioni virali. Fino a oggi non erano mai stati utilizzati per correggere mutazioni legate a patologie negli organismi vertebrati. La scoperta pubblicata sulla rivista Nature Biotechnology apre prospettive concrete per lo sviluppo di nuove terapie geniche applicabili all'uomo.
L'aspetto più innovativo di questo approccio risiede nella sua capacità di sostituire intere sezioni di DNA difettoso con sequenze sane. A differenza delle tecniche tradizionali, che possono correggere una o al massimo due mutazioni specifiche per volta, un singolo "pacchetto" di retroni può potenzialmente agire su numerosi difetti presenti nello stesso tratto di materiale genetico. Questa caratteristica rappresenta un cambio di paradigma nel campo dell'editing genomico.
Jesse Buffington, studente di dottorato e coautore dello studio, ha spiegato che l'obiettivo è sviluppare una tecnologia più inclusiva. "Molti dei metodi esistenti di editing genetico sono limitati a una o due mutazioni, il che esclude moltissime persone. La mia speranza è che l'utilizzo dei retroni possa ampliare l'impatto su una popolazione di pazienti molto più ampia", ha dichiarato il giovane ricercatore.
Le prestazioni del sistema messo a punto dal gruppo texano superano di gran lunga quelle dei tentativi precedenti. Mentre gli esperimenti passati con retroni nelle cellule di mammifero raggiungevano un'efficienza di appena l'1,5%, il nuovo metodo riesce a inserire DNA sano in circa il 30% delle cellule target. Il team è convinto di poter spingere questa percentuale ancora più in alto con ulteriori perfezionamenti della tecnica.
Un altro vantaggio significativo riguarda la modalità di somministrazione. Il sistema può essere veicolato nelle cellule sotto forma di RNA racchiuso in nanoparticelle lipidiche, particelle microscopiche progettate appositamente per superare gli ostacoli che affliggono molti sistemi tradizionali di editing genetico. Questa soluzione potrebbe semplificare notevolmente l'applicazione clinica della terapia.
Il professor Ilya Finkelstein, responsabile del laboratorio di bioscienze molecolari dell'università texana, ha sottolineato l'importanza dell'aspetto economico e regolatorio. "Vogliamo democratizzare la terapia genica creando strumenti pronti all'uso che possano curare un grande gruppo di pazienti in una sola volta. Questo dovrebbe renderla finanziariamente più sostenibile e molto più semplice dal punto di vista normativo, perché serve una sola approvazione della FDA", ha affermato lo scienziato.
Il gruppo di ricerca sta ora applicando questa tecnologia alla fibrosi cistica, una malattia potenzialmente letale causata da mutazioni nel gene CFTR. Queste alterazioni genetiche provocano l'accumulo di muco denso nei polmoni, con conseguenti infezioni croniche e danni progressivi all'apparato respiratorio. Esistono oltre mille mutazioni diverse che possono causare la patologia, rendendo impraticabile lo sviluppo di terapie mirate per ciascuna variante.
L'Università del Texas ha recentemente ricevuto un finanziamento da Emily's Entourage, organizzazione no-profit dedicata alla ricerca di cure per quel 10% di pazienti con fibrosi cistica che non risponde alle terapie attualmente disponibili. I ricercatori stanno iniziando a lavorare sulla sostituzione delle regioni difettose del gene CFTR in modelli di laboratorio che riproducono i sintomi della malattia, per poi passare alle cellule delle vie aeree prelevate direttamente dai pazienti.
Buffington ha evidenziato come le tecnologie tradizionali, oltre a funzionare meglio con singole mutazioni, richiedano costi elevati per l'ottimizzazione. "Le terapie geniche tendono quindi a concentrarsi sulle mutazioni più comuni. Ma non è economicamente fattibile per le aziende sviluppare una terapia genica per, diciamo, tre persone. Con il nostro approccio basato sui retroni possiamo rimuovere un'intera regione difettosa e sostituirla con una sana, il che può avere un impatto su una porzione molto più ampia della popolazione affetta da fibrosi cistica", ha precisato il ricercatore.
Un secondo finanziamento, questa volta dalla Cystic Fibrosis Foundation, sosterrà un lavoro parallelo mirato alla regione del gene CFTR che contiene le mutazioni più frequenti responsabili della malattia. Oltre a Buffington e Finkelstein, il team di ricerca comprende Hung-Che Kuo, Kuang Hu, You-Chiun Chang, Kamyab Javanmardi, Brittney Voigt, Yi-Ru Li, Mary E. Little, Sravan K. Devanathan, Blerta Xhemalçe e Ryan S. Gray. Il progetto ha ricevuto il supporto anche di Retronix Bio e della Welch Foundation, istituzioni impegnate nel finanziamento della ricerca scientifica avanzata.
Questa innovazione tecnologica potrebbe rappresentare una svolta per migliaia di pazienti con malattie genetiche complesse che finora sono rimasti esclusi dalle possibilità terapeutiche. La capacità di correggere multiple mutazioni con un'unica soluzione terapeutica non solo aumenterebbe l'efficacia dei trattamenti, ma renderebbe anche sostenibile lo sviluppo di cure per condizioni rare o con varianti genetiche poco comuni. Il percorso verso l'applicazione clinica è ancora lungo, ma i risultati ottenuti finora aprono prospettive concrete per una medicina genetica più accessibile e inclusiva.