Il kakapo, iconico pappagallo neozelandese incapace di volare e simbolo degli sforzi di conservazione, ha perso nel corso dei secoli una parte fondamentale del suo ecosistema interno rimasta fino a oggi completamente invisibile. Un team internazionale di ricercatori ha infatti scoperto che oltre l’80% dei parassiti presenti nelle feci di questi uccelli prima degli anni Novanta è scomparso dalle popolazioni contemporanee. L’analisi di campioni fecali risalenti a oltre 1500 anni fa apre così una finestra inaspettata su un fenomeno di estinzione parallela che potrebbe riguardare molte altre specie a rischio nel mondo.
Un'indagine nel passato remoto
Attraverso tecniche di analisi del DNA antico e osservazioni microscopiche, i ricercatori dell’Università di Adelaide, del Manaaki Whenua–Landcare Research e dell’Università di Auckland hanno ricostruito la storia millenaria del microbioma del kakapo. Dei 16 taxa parassitari originariamente identificati, ben nove risultavano già estinti prima degli anni Novanta, quando l’intera popolazione venne sottoposta a gestione controllata. Altri quattro si sono estinti nel periodo successivo, portando il totale a una perdita che ha sorpreso gli esperti per la sua portata.
Alexander Boast, autore principale dello studio pubblicato su Current Biology, ha ammesso che “il livello di perdita parasitaria nel kakapo è stato superiore alle nostre aspettative”. I risultati mostrano che solo poche specie erano presenti sia nei campioni antichi che in quelli moderni, suggerendo che molte specie in pericolo nel mondo conservino solo frammenti delle loro comunità parasitarie originarie.
Il paradosso della conservazione
La ricerca sfida l’idea comune dei parassiti come organismi puramente dannosi. Il dottor Jamie Wood dell’Università di Adelaide sottolinea come “nonostante la loro reputazione negativa, i parassiti sono oggi riconosciuti per la loro importanza ecologica”. Questi organismi, tra i più diffusi e ricchi di specie del pianeta, svolgono ruoli cruciali: contribuiscono allo sviluppo del sistema immunitario e competono con altri parassiti, potenzialmente più dannosi per l’ospite.
Il fenomeno osservato nel kakapo è un esempio di coestinzione o estinzione secondaria, in cui la scomparsa di una specie comporta la perdita di altre che dipendono da essa. I modelli predittivi indicano che i parassiti possono estinguersi prima dell’ospite, poiché le opportunità di trasmissione diminuiscono drasticamente con il calo della popolazione ospite.
L'urgenza di un piano globale
Le implicazioni vanno oltre il caso del pappagallo neozelandese. Wood evidenzia come “i tassi crescenti di cambiamento climatico, alterazione degli ecosistemi e perdita di biodiversità” impongano di riconoscere anche gli effetti collaterali su parassiti, simbionti e predatori. Il problema è aggravato dal fatto che queste specie vengono raramente monitorate o conservate, rendendo difficile valutare l’effettiva portata del fenomeno.
Secondo i ricercatori, le estinzioni parassitarie potrebbero essere molto più diffuse di quanto stimato finora, con conseguenze ancora sconosciute sugli equilibri ecologici. Documentare queste perdite, comprendere la velocità con cui avvengono e stimare il numero di parassiti a rischio sono passi essenziali per sviluppare un vero e proprio piano globale di conservazione dei parassiti e per formulare previsioni più accurate sulle perdite di biodiversità, passate e future.