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Degli escrementi antichi svelano una catastrofe dimenticata

Analizzando dei resti di 1500 anni fa, i ricercatori hanno scoperto l’estinzione silenziosa di parassiti ormai spariti.

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a cura di Patrizio Coccia

Editor

Pubblicato il 05/08/2025 alle 17:26

La notizia in un minuto

  • Il  kakapo, pappagallo neozelandese incapace di volare, ha perso oltre l'80% dei suoi parassiti originali nel corso dei secoli, come rivelato dall'analisi di campioni fecali risalenti a 1500 anni fa
  • La perdita dei parassiti rappresenta un fenomeno di coestinzione che potrebbe interessare molte specie in pericolo, poiché questi organismi svolgono funzioni ecologiche cruciali per il sistema immunitario degli ospiti
  • La scoperta evidenzia l'urgenza di sviluppare un "piano globale di conservazione dei parassiti" per comprendere gli impatti a cascata del declino della biodiversità sulle specie dipendenti
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

Il kakapo, iconico pappagallo neozelandese incapace di volare e simbolo degli sforzi di conservazione, ha perso nel corso dei secoli una parte fondamentale del suo ecosistema interno rimasta fino a oggi completamente invisibile. Un team internazionale di ricercatori ha infatti scoperto che oltre l’80% dei parassiti presenti nelle feci di questi uccelli prima degli anni Novanta è scomparso dalle popolazioni contemporanee. L’analisi di campioni fecali risalenti a oltre 1500 anni fa apre così una finestra inaspettata su un fenomeno di estinzione parallela che potrebbe riguardare molte altre specie a rischio nel mondo.

Un'indagine nel passato remoto

Attraverso tecniche di analisi del DNA antico e osservazioni microscopiche, i ricercatori dell’Università di Adelaide, del Manaaki Whenua–Landcare Research e dell’Università di Auckland hanno ricostruito la storia millenaria del microbioma del kakapo. Dei 16 taxa parassitari originariamente identificati, ben nove risultavano già estinti prima degli anni Novanta, quando l’intera popolazione venne sottoposta a gestione controllata. Altri quattro si sono estinti nel periodo successivo, portando il totale a una perdita che ha sorpreso gli esperti per la sua portata.

Alexander Boast, autore principale dello studio pubblicato su Current Biology, ha ammesso che “il livello di perdita parasitaria nel kakapo è stato superiore alle nostre aspettative”. I risultati mostrano che solo poche specie erano presenti sia nei campioni antichi che in quelli moderni, suggerendo che molte specie in pericolo nel mondo conservino solo frammenti delle loro comunità parasitarie originarie.

Il paradosso della conservazione

La ricerca sfida l’idea comune dei parassiti come organismi puramente dannosi. Il dottor Jamie Wood dell’Università di Adelaide sottolinea come “nonostante la loro reputazione negativa, i parassiti sono oggi riconosciuti per la loro importanza ecologica”. Questi organismi, tra i più diffusi e ricchi di specie del pianeta, svolgono ruoli cruciali: contribuiscono allo sviluppo del sistema immunitario e competono con altri parassiti, potenzialmente più dannosi per l’ospite.

La dipendenza dai loro ospiti rende i parassiti particolarmente vulnerabili all'estinzione

Il fenomeno osservato nel kakapo è un esempio di coestinzione o estinzione secondaria, in cui la scomparsa di una specie comporta la perdita di altre che dipendono da essa. I modelli predittivi indicano che i parassiti possono estinguersi prima dell’ospite, poiché le opportunità di trasmissione diminuiscono drasticamente con il calo della popolazione ospite.

L'urgenza di un piano globale

Le implicazioni vanno oltre il caso del pappagallo neozelandese. Wood evidenzia come “i tassi crescenti di cambiamento climatico, alterazione degli ecosistemi e perdita di biodiversità” impongano di riconoscere anche gli effetti collaterali su parassiti, simbionti e predatori. Il problema è aggravato dal fatto che queste specie vengono raramente monitorate o conservate, rendendo difficile valutare l’effettiva portata del fenomeno.

Secondo i ricercatori, le estinzioni parassitarie potrebbero essere molto più diffuse di quanto stimato finora, con conseguenze ancora sconosciute sugli equilibri ecologici. Documentare queste perdite, comprendere la velocità con cui avvengono e stimare il numero di parassiti a rischio sono passi essenziali per sviluppare un vero e proprio piano globale di conservazione dei parassiti e per formulare previsioni più accurate sulle perdite di biodiversità, passate e future.

Fonte dell'articolo: www.sciencedaily.com

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