Gli effetti dell'eruzione vulcanica di Tonga si sono avvertiti anche nello spazio

L'eruzione vulcanica a Tonga iniziata a dicembre 2021 ha generato un'enorme nube di cenere, terremoti e tsunami che hanno raggiunto le lontane coste del Perù dall'altra parte del Pacifico. Ora gli scienziati stanno persino cercando gli effetti dell'eruzione nello spazio.

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a cura di Alessandro Crea

La colonna di eruzione del vulcano di Tonga ha raggiunto la stratosfera terrestre. Il suono dell'esplosione è stato sentito a migliaia di chilometri di distanza nel territorio dello Yukon, in Canada. E sebbene al di sotto della soglia per l'udito umano, le onde di pressione (sonore) sono state rilevate anche dai barometri nel Regno Unito. Sembra che l'eruzione abbia generato una serie di cosiddette onde gravitazionali atmosferiche, che sono state rilevate da un satellite della NASA, irradiandosi verso l'esterno dal vulcano in cerchi concentrici.

Gli scienziati stanno ora cercando di vedere quale impatto queste onde potrebbero avere nello spazio. Lo scopo della ricerca è quello di comprendere meglio i livelli superiori dell'atmosfera, ben al di sopra di dove orbita la Stazione Spaziale Internazionale (ISS), e in particolare in che misura i cambiamenti in essa sono guidati da eventi sulla Terra.

La ricerca potrebbe anche aiutarci a capire meglio come la tecnologia, tra cui il GPS, è influenzata dalle eruzioni vulcaniche. Poiché l'atmosfera è per lo più trasparente agli occhi umani, raramente la pensiamo come una struttura complessa e dinamica con molti strati distinti. Questi strati atmosferici sono pieni di onde che viaggiano in tutte le direzioni, non diversamente dalle onde sulla superficie del mare. Tali onde gravitazionali atmosferiche possono essere generate da diversi fenomeni, comprese le tempeste geomagnetiche causate da esplosioni sul Sole, terremoti, vulcani, temporali e persino l'alba. Queste stesse onde possono creare nuvole ondulate.

Tali onde non viaggiano solo orizzontalmente, ma si propagano anche verso l'alto in alcune delle parti più alte dell'atmosfera del nostro pianeta: la ionosfera. Questa è una regione dell'atmosfera terrestre che si estende da circa 65 km a oltre 1.000 km in su (la ISS orbita a circa 400 km). A queste altitudini, i gas atmosferici sono parzialmente "ionizzati", formando un cosiddetto plasma, il che significa che le sue molecole sono divise in particelle cariche, atomi positivi chiamati ioni ed elettroni negativi.

La ionizzazione nell'atmosfera si verifica a causa dell'esposizione di radiazioni ultraviolette dal Sole, particelle ad alta energia dallo spazio e persino meteore che bruciano. Ma dato che le particelle caricate in modo opposto esercitano una forza attrattiva l'una sull'altra, anche ioni ed elettroni tendono a ricombinarsi, producendo ancora una volta molecole neutre.

Quindi c'è una fluttuazione complessa e continua nella ionosfera tra la produzione di plasma e la perdita di plasma dovuta alla ricombinazione. Mentre questi processi sono per lo più non rilevabili nella luce visibile, possono influenzare la luce radio a lunghezza d'onda più lunga. Il plasma nella ionosfera può riflettere le onde radio a determinate frequenze, disperderle ad altre o persino bloccarle completamente.

Queste proprietà rendono la ionosfera utile per diverse tecnologie moderne tra cui le comunicazioni radio ad alta frequenza e il radar over-the-horizon. Ma proprio come a livello del suolo, la ionosfera è soggetta alle condizioni meteorologiche. Ciò è causato dall'ambiente spaziale (meteorologia spaziale) o da eventi sulla Terra.

Quando le onde gravitazionali atmosferiche generate da un'eruzione vulcanica (o da qualsiasi fonte) raggiungono la ionosfera, possono innescare quelli che vengono chiamati "disturbi ionosferici itineranti".

Queste sono onde di compressione che possono aumentare sostanzialmente le fluttuazioni della densità del plasma in un breve lasso di tempo e possono viaggiare per migliaia di chilometri in tutto il mondo. Questi effetti possono sconvolgere la tecnologia moderna, ad esempio interferendo con l'accuratezza dei sistemi di posizionamento globale satellitare (GPS).

Le eruzioni vulcaniche in passato sono state associate a cambiamenti misurabili nella ionosfera rilevati dai ricevitori GPS a terra, ad esempio nel 2015 e nel 2013. Per studiare questi disturbi in modo più dettagliato rispetto ai loro effetti sul GPS, sono stati utilizzati i dati del LoFar (Low Frequency Array), uno dei più grandi radiotelescopi del mondo, costituito da dozzine di antenne radio sparse in tutta Europa, progettate per osservare sorgenti radio naturali distanti nell'Universo primordiale, come le radiogalassie.

L'aspetto delle sorgenti radio nello spazio, se visto attraverso la ionosfera, è simile a come la visione degli oggetti attraverso un bicchiere d'acqua può diventare distorta quando lo scuotiamo. Con un'attenta analisi, si possono usare queste distorsioni per capire cosa sta succedendo nella ionosfera stessa. I disturbi ionosferici viaggianti possono migliorare queste distorsioni, in particolare alle lunghezze d'onda radio che usiamo con Lofar. Nelle prossime settimane, i dati Lofar saranno esaminati molto attentamente per indagare se ci sono modelli distinti visibili che potrebbero essere attribuiti all'eruzione tongana.

In definitiva, la ricerca potrebbe aiutarci a capire meglio come i vulcani sulla Terra influenzano lo spazio e la tecnologia. Poiché la ionosfera è l'interfaccia atmosferica tra la Terra e lo spazio, può anche far luce sul grado preciso in cui i disturbi sono guidati da eventi meteorologici terrestri rispetto a quelli spaziali.