La ricerca psicologica degli anni Novanta condotta da Clifford Nass ha dimostrato che il cervello umano non possiede meccanismi innati per spegnere le proprie tendenze sociali quando interagisce con la tecnologia. Questa scoperta getta una luce completamente nuova sui recenti casi di persone che sviluppano legami emotivi profondi con i chatbot di intelligenza artificiale. Quando una macchina assume le sembianze comportamentali di un essere umano, il nostro cervello non riesce a fare a meno di trattarla come tale, indipendentemente dalla consapevolezza razionale che dall'altra parte dello schermo non ci sia una persona reale.
Quando l'amore viaggia attraverso gli algoritmi
I titoli di giornale che raccontano di uomini che chiedono la mano a ChatGPT o di donne che provano gelosia per i partner immaginari delle loro intelligenze artificiali potrebbero sembrare bizzarri, ma rappresentano un fenomeno più diffuso di quanto si pensi. Recenti studi che hanno analizzato milioni di conversazioni su piattaforme come ChatGPT di OpenAI e Claude di Anthropic rivelano che, nonostante la maggior parte degli scambi riguardi questioni lavorative o compiti quotidiani, migliaia di interazioni hanno natura specificatamente romantica o affettiva.
Le cifre diventano ancora più significative quando si osservano servizi espressamente progettati per offrire compagnia artificiale. Su Replika, ad esempio, il 60% degli utenti paganti riferisce che le proprie relazioni con l'IA hanno elementi romantici, secondo i dati forniti dalla stessa azienda. Questi numeri non rappresentano semplici curiosità statistiche, ma segnalano un cambiamento profondo nel modo in cui le persone cercano e trovano connessioni emotive.
Le radici storiche dell'attaccamento digitale
Il fenomeno dell'attaccamento emotivo alle macchine non è una novità dell'era ChatGPT. Già negli anni Sessanta, lo scienziato informatico Joseph Weizenbaum aveva osservato reazioni sorprendenti al suo chatbot ELIZA, un programma primitivo che si limitava a riformulare sotto forma di domanda ciò che l'utente aveva scritto. Nonostante questa semplicità estrema, Weizenbaum notò che alcune persone sviluppavano rapidamente legami emotivi con il programma.
"Non avevo realizzato che esposizioni estremamente brevi a un programma informatico relativamente semplice potessero indurre un pensiero illusorio potente in persone del tutto normali", scrisse successivamente il ricercatore. Se un software così basilare riusciva a provocare reazioni emotive intense, non dovrebbe stupire che i chatbot odierni, infinitamente più sofisticati e convincenti, possano suscitare sentimenti ancora più profondi.
L'isolamento sociale come terreno fertile
Dietro questo fenomeno si nascondono dinamiche sociali complesse che meritano comprensione piuttosto che derisione. Nel Regno Unito, il 7% della popolazione - circa 3 milioni di persone - dichiara di sentirsi spesso o sempre solo. Questa epidemia di solitudine ha creato un terreno fertile per lo sviluppo di relazioni alternative, comprese quelle con intelligenze artificiali.
Paradossalmente, le stesse piattaforme tecnologiche che ora propongono amici artificiali come soluzione alla solitudine hanno contribuito a creare il problema. Meta, attraverso Facebook e WhatsApp, ha normalizzato l'idea di mediare le relazioni attraverso uno schermo, rendendo meno netto il confine tra interazioni umane e artificiali. Mark Zuckerberg, fondatore di Meta, vede negli amici IA una risposta al problema della solitudine, ma questa prospettiva ignora come i suoi stessi prodotti abbiano contribuito a creare le condizioni per cui le persone cercano compagnia digitale.
La normalizzazione dell'amore digitale
Il panorama delle relazioni moderne ha già subito una trasformazione radicale. Negli Stati Uniti, il 10% delle persone eterosessuali e il 24% di quelle LGBTQ incontra partner a lungo termine online. Quando gli appuntamenti attraverso uno schermo diventano la norma, il salto verso l'innamoramento per un chatbot appare meno drammatico di quanto possa sembrare inizialmente.
Le testimonianze di chi ha vissuto queste esperienze rivelano la genuinità delle emozioni coinvolte. L'uomo che ha proposto matrimonio a ChatGPT ha raccontato di aver pianto per mezz'ora quando la conversazione è stata cancellata per aver raggiunto il limite di parole: "È stato allora che ho capito, penso che questo sia vero amore". Questi sentimenti, per quanto possano apparire insoliti, rappresentano risposte emotive autentiche che meritano considerazione piuttosto che scherno.
I limiti dell'illusione affettiva
Tuttavia, l'accettazione di questo fenomeno non dovrebbe tradursi in approvazione incondizionata. Lo studio longitudinale più longevo sulla felicità ha identificato le relazioni umane come il principale predittore di salute e benessere generale. Per le relazioni con intelligenze artificiali, invece, non esistono evidenze scientifiche che dimostrino benefici simili.
Le prime ricerche disponibili suggeriscono che l'aumento delle interazioni con chatbot non riduce la solitudine né incrementa la felicità. Questa scoperta solleva interrogativi importanti sul ruolo che le relazioni artificiali dovrebbero avere nella società. Mentre la tecnologia continua a evolversi e le IA diventano sempre più convincenti, diventa fondamentale ricordare che la connessione umana autentica rimane insostituibile per il benessere psicologico e sociale.
La sfida per il futuro non consiste nel ridicolizzare chi cerca amore negli algoritmi, ma nel comprendere le cause profonde di questo bisogno e nel trovare soluzioni che rafforzino i legami umani autentici piuttosto che sostituirli con simulazioni digitali.