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Lo strato di ozono in recupero rischia di aumentare il riscaldamento globale

Secondo uno studio, entro il 2050 l’ozono potrebbe diventare il secondo fattore di riscaldamento dopo la CO2, riducendo i benefici del bando ai CFC.

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Avatar di Patrizio Coccia

a cura di Patrizio Coccia

Editor

Pubblicato il 25/08/2025 alle 12:26

La notizia in un minuto

  • L'ozono si posiziona come secondo fattore di riscaldamento globale dopo l'anidride carbonica, generando un effetto termico del 40% superiore alle stime precedenti per il periodo 2015-2050
  • Il recupero dello strato di ozono, pur essendo essenziale per proteggere dalle radiazioni UV, crea un paradosso climatico annullando gran parte dei benefici ottenuti dall'eliminazione di CFC e HCFC
  • Le strategie climatiche globali necessitano di un aggiornamento sostanziale per integrare l'impatto a lungo termine dell'ozono, che continuerà a riscaldare il pianeta per decenni indipendentemente dalle politiche sulla qualità dell'aria
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

Il riscaldamento globale potrebbe essere più intenso di quanto previsto a causa di un paradosso che vede l’ozono protagonista di una doppia faccia climatica. Se da un lato questo gas protegge la Terra dalle radiazioni ultraviolette, dall’altro agisce come potente gas serra, creando un effetto riscaldante che finora era stato sottovalutato. Una nuova ricerca dell’Università di Reading rivela che il recupero dello strato di ozono, pur essendo fondamentale per la salute umana, contribuirà in modo significativo al cambiamento climatico per decenni.

L’ozono conquista il secondo posto tra i responsabili del riscaldamento

Le proiezioni per il periodo 2015-2050 mostrano che l’ozono genererà un riscaldamento aggiuntivo di 0,27 watt per metro quadrato, valore che lo colloca al secondo posto tra i fattori che guideranno l’aumento delle temperature, subito dopo la CO2 con 1,75 watt per metro quadrato. La scoperta emerge da simulazioni atmosferiche basate su uno scenario con controlli limitati sull’inquinamento, ma con l’eliminazione graduale di CFC e HCFC prevista dal Protocollo di Montreal del 1987.

Il professor Bill Collins, autore principale dello studio pubblicato su Atmospheric Chemistry and Physics, sottolinea che i paesi stanno seguendo la strada corretta vietando le sostanze chimiche dannose per l’ozono. Tuttavia, avverte, il recupero dello strato protettivo porterà a un riscaldamento planetario più alto del previsto, aggravato dalla formazione di ozono troposferico causato dalle emissioni di veicoli, fabbriche e centrali.

Il paradosso climatico dell’ozono sfida le nostre strategie ambientali

Il paradosso del successo ambientale

La ricerca mostra un effetto inatteso delle politiche ambientali: l’eliminazione di CFC e HCFC, oltre a proteggere l’ozono, doveva ridurre anche l’effetto serra. In realtà, man mano che lo strato si ripara, produce un riscaldamento aggiuntivo che ridimensiona gran parte dei benefici climatici ottenuti. Il processo di recupero continuerà per decenni, indipendentemente dalle politiche sulla qualità dell’aria, rendendo inevitabile un contributo al riscaldamento che non era stato pienamente considerato.

Combinando il recupero dell’ozono con l’aumento dell’inquinamento atmosferico, l’impatto risulta superiore del 40% rispetto alle stime precedenti. Questo non riduce l’importanza della protezione dello strato, essenziale per la salute umana e per la vita sulla Terra, ma indica la necessità di aggiornare le strategie climatiche globali. Secondo gli autori, il futuro delle politiche ambientali dovrà bilanciare meglio la salvaguardia degli ecosistemi e la lotta al riscaldamento globale, riconoscendo il ruolo ambivalente dell’ozono all’interno del sistema climatico terrestre.

Fonte dell'articolo: www.sciencedaily.com

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