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Dall’intestino un indizio chiave su diabete e malattie del fegato

Un composto batterico spinge il fegato a produrre zuccheri e lipidi in eccesso, ma una “trappola” intestinale può bloccarne gli effetti.

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a cura di Patrizio Coccia

Editor

Pubblicato il 11/09/2025 alle 14:03

La notizia in un minuto

  • Ricercatori canadesi hanno scoperto che i batteri intestinali producono D-lattato, una molecola che stimola il fegato a produrre glucosio e grassi in eccesso, contribuendo a diabete e malattie metaboliche
  • È stato sviluppato un polimero biodegradabile che "cattura" il D-lattato nell'intestino prima che entri nel sangue, riducendo glicemia e grasso epatico senza modifiche di dieta o peso
  • La scoperta rappresenta una nuova ramificazione del ciclo di Cori e apre prospettive terapeutiche rivoluzionarie per diabete di tipo 2 e steatosi epatica, agendo preventivamente sul microbioma intestinale
Riassunto generato con l'IA. Potrebbe non essere accurato.

Mentre la medicina ha sempre guardato a ormoni e fegato come bersagli principali per trattare diabete e malattie metaboliche, un gruppo di ricercatori canadesi ha scoperto che la soluzione potrebbe trovarsi altrove: nell’intestino e nei suoi abitanti microscopici. La loro ricerca, che ribalta l’approccio tradizionale alle terapie metaboliche, dimostra come sia possibile “catturare” una molecola dannosa prodotta dai batteri intestinali prima che raggiunga il sangue e danneggi il fegato. Questo innovativo meccanismo di intercettazione ha mostrato risultati sorprendenti nel controllo della glicemia e nella riduzione del grasso epatico, aprendo scenari terapeutici del tutto nuovi.

Il ruolo nascosto dei batteri intestinali

La scoperta, pubblicata su Cell Metabolism il 29 luglio 2025, parte dall’osservazione di un fenomeno poco conosciuto ma cruciale. I ricercatori delle università McMaster, Laval e Ottawa hanno identificato come i microbi intestinali producano una molecola chiamata D-lattato, capace di infiltrarsi nel sangue e stimolare il fegato a produrre eccesso di glucosio e grassi. Jonathan Schertzer, autore principale dello studio e professore di Biochimica e Scienze Biomediche alla McMaster University, la definisce “una nuova ramificazione di un ciclo metabolico classico”.

Il team ha rilevato livelli molto più alti di D-lattato sia in topi obesi che in persone con obesità. Diversamente dal più noto L-lattato prodotto dai muscoli, questa variante batterica si è rivelata molto più aggressiva nell’aumentare la glicemia e l’accumulo di grasso epatico.

Una trappola molecolare per proteggere l’organismo

La soluzione ideata dai ricercatori rappresenta un approccio rivoluzionario: una “trappola per substrati intestinali”, ovvero un polimero biodegradabile e sicuro che si lega al D-lattato direttamente nell’intestino, impedendone l’assorbimento nel sangue. Nei modelli murini, i risultati sono stati notevoli: riduzione della glicemia, miglioramento della sensibilità all’insulina e calo significativo di infiammazione e fibrosi epatica.

Invece di colpire ormoni o fegato, intercettiamo il carburante microbico prima che faccia danni

Un aspetto particolarmente interessante è che i miglioramenti sono stati ottenuti senza modifiche della dieta o del peso corporeo, segno che l’intervento agisce su un meccanismo metabolico di base, indipendente dalle strategie tradizionali legate al dimagrimento.

Un nuovo capitolo del ciclo di Cori

La ricerca si ricollega al celebre ciclo metabolico descritto da Carl e Gerty Cori, che nel 1947 valse loro il Premio Nobel, quel ciclo spiegava come i muscoli producano lattato per alimentare il fegato nella produzione di glucosio. Oggi i ricercatori canadesi hanno identificato una “ramificazione batterica” dello stesso processo, in cui anche il microbioma partecipa attivamente allo scambio metabolico.

Questo risultato rafforza l’idea che il microbioma intestinale giochi un ruolo centrale nelle malattie croniche e apre prospettive terapeutiche per diabete di tipo 2 e steatosi epatica. Lo studio è stato finanziato dai Canadian Institutes of Health Research.

Verso nuove terapie metaboliche

L’innovazione proposta potrebbe trasformare radicalmente il trattamento delle malattie metaboliche. Invece di puntare solo su interventi sistemici o sulla modulazione ormonale, questo approccio agisce preventivamente, bloccando alla fonte uno dei processi che contribuiscono al deterioramento metabolico.

Schertzer, che ricopre una cattedra di ricerca canadese in Infiammazione Metabolica presso il Centre for Metabolism, Obesity, and Diabetes Research, sottolinea come questa rappresenti “un modo completamente nuovo di pensare al trattamento delle malattie metaboliche”.

Fonte dell'articolo: www.sciencedaily.com

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