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Nuovo studio MIT ribalta il modello di elaborazione visiva

Una ricerca MIT mostra come la corteccia prefrontale moduli visione e movimento, adattando la percezione allo stato interno dell’organismo.

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Avatar di Antonello Buzzi

a cura di Antonello Buzzi

Senior Editor @Tom's Hardware Italia

Pubblicato il 01/12/2025 alle 08:50

La notizia in un minuto

  • La corteccia prefrontale modifica attivamente la percezione visiva attraverso due regioni specializzate che inviano segnali mirati alle aree visive e motorie, adattandole allo stato di vigilanza e all'attività motoria dell'organismo
  • L'area cingolata anteriore e la corteccia orbitofrontale esercitano effetti opposti e complementari: la prima potenzia stimoli incerti quando aumenta la vigilanza, la seconda attenua stimoli forti ma irrilevanti in condizioni di vigilanza elevata
  • La scoperta ribalta la concezione tradizionale del flusso di informazioni cerebrali, dimostrando che le aree di controllo esecutivo non si limitano a elaborare dati sensoriali ma modulano attivamente la percezione stessa

Riassunto generato con l’IA. Potrebbe non essere accurato.

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Una nuova ricerca condotta al Massachusetts Institute of Technology dimostra che il cervello modifica attivamente l'elaborazione degli stimoli visivi in base allo stato interno dell'organismo e alle sue azioni. Lo studio, pubblicato sulla rivista Neuron il 25 novembre, rivela un sofisticato sistema di controllo attraverso cui la corteccia prefrontale orchestra l'attività delle regioni cerebrali dedicate alla visione e al movimento, adattandole dinamicamente al livello di vigilanza dell'animale e alla sua attività motoria. Si tratta di una scoperta che ribalta la concezione tradizionale del flusso di informazioni nel cervello, mostrando come le aree deputate al controllo esecutivo non si limitino a ricevere ed elaborare dati sensoriali, ma intervengano attivamente per modulare la percezione stessa.

Il gruppo di ricerca guidato da Mriganka Sur, professore presso il Picower Institute for Learning and Memory del MIT, ha identificato due regioni specifiche della corteccia prefrontale con ruoli complementari e talvolta opposti. La corteccia orbitofrontale (ORB) e l'area cingolata anteriore (ACA) inviano segnali distinti e specializzati verso la corteccia visiva primaria (VISp) e la corteccia motoria primaria (MOp). Questi segnali non costituiscono un flusso di informazioni generico, ma messaggi calibrati con precisione in base al destinatario e alle condizioni comportamentali del momento. Come sottolinea Sur, "questa è la conclusione principale della ricerca: esistono proiezioni mirate per un impatto mirato".

Per comprendere l'architettura di queste connessioni, la ricercatrice Sofie Ährlund-Richter, prima autrice dello studio e borsista post-dottorato nel laboratorio di Sur, ha condotto un tracciamento anatomico dettagliato dei percorsi neurali che collegano ACA e ORB alle aree visive e motorie. Gli esperimenti hanno rivelato che ciascuna regione prefrontale comunica con una varietà di tipi cellulari nelle aree bersaglio, piuttosto che con una singola classe di neuroni. Inoltre, i pattern di connessione mostrano una specificità spaziale notevole: nella corteccia visiva primaria, l'ACA si dirige principalmente verso lo strato 6, mentre l'ORB comunica soprattutto con lo strato 5. Questa organizzazione stratificata suggerisce che i due sistemi di controllo prefrontale operino attraverso circuiti neurali distinti, pur influenzando la stessa regione corticale.

La metodologia sperimentale ha previsto la registrazione simultanea dell'attività neuronale in quattro regioni cerebrali mentre i topi si muovevano liberamente su una ruota, osservando immagini strutturate o filmati naturalistici con diversi livelli di contrasto. Piccoli soffi d'aria aumentavano periodicamente il livello di vigilanza degli animali, permettendo ai ricercatori di misurare come i neuroni modificassero la loro attività in risposta a questi cambiamenti di stato. Un'attenzione particolare è stata dedicata ai segnali che viaggiano lungo gli assoni che collegano le aree prefrontali a quelle posteriori del cervello.

L'area cingolata anteriore e la corteccia orbitofrontale si bilanciano reciprocamente: mentre la prima potenzia stimoli incerti o difficili da rilevare, la seconda attenua stimoli forti ma potenzialmente irrilevanti

I risultati hanno mostrato che i neuroni dell'ACA trasmettono informazioni visive più dettagliate rispetto a quelli dell'ORB e rispondono con maggiore sensibilità alle variazioni di contrasto. L'attività dell'ACA si sincronizza strettamente con il livello di vigilanza, mentre l'ORB entra in gioco solamente quando la vigilanza raggiunge soglie elevate. Quando inviano segnali alla corteccia motoria, entrambe le regioni prefrontali comunicano informazioni sulla velocità di corsa dell'animale. Tuttavia, quando si rivolgono alla corteccia visiva, il messaggio si semplifica in una segnalazione binaria: movimento o immobilità. Entrambe le aree prefrontali trasmettono anche alla corteccia motoria informazioni sulla vigilanza e una piccola quantità di dettagli visivi.

Per determinare l'impatto funzionale di questa comunicazione, i ricercatori hanno temporaneamente bloccato i percorsi che collegano ACA e ORB alla corteccia visiva primaria. Questo intervento sperimentale ha permesso di misurare come i neuroni visivi rispondessero agli stimoli in assenza degli input prefrontali. L'analisi ha rivelato che le due regioni prefrontali esercitano effetti specifici e contrapposti sulla codifica visiva, con modalità che variano in funzione del movimento dell'animale e del suo livello di vigilanza. L'ACA, ad esempio, tende ad affinare le rappresentazioni visive quando la vigilanza aumenta, aiutando probabilmente il cervello a concentrarsi su dettagli visivi potenzialmente significativi. L'ORB, invece, diventa influente solo in condizioni di vigilanza molto elevata e la sua azione sembra ridurre la nitidezza della codifica visiva, presumibilmente per attenuare l'attenzione verso stimoli distraenti o eccessivamente intensi.

Secondo Ährlund-Richter, questo meccanismo rappresenta un sistema di bilanciamento: "Queste due sottoregioni della corteccia prefrontale si equilibrano a vicenda. Mentre una potenzia stimoli che potrebbero essere più incerti o più difficili da rilevare, l'altra attenua stimoli forti che potrebbero essere irrilevanti". Un simile controllo dinamico potrebbe rivelarsi fondamentale per adattare la percezione visiva alle esigenze comportamentali del momento, ottimizzando l'elaborazione delle informazioni rilevanti e filtrando quelle superflue.

I risultati supportano un modello di feedback prefrontale specializzato sia a livello delle sottoregioni della corteccia prefrontale sia a livello dei loro bersagli, come scrivono gli autori nell'articolo pubblicato su Neuron. Questo consente a ciascuna regione di modellare selettivamente l'attività corticale specifica del bersaglio, anziché modulare il cervello in modo globale. La ricerca si inserisce in un filone di studi, portato avanti tra gli altri dal collega di Sur al MIT Earl K. Miller, che da tempo propone un ruolo attivo della corteccia prefrontale nel guidare l'attività delle aree posteriori del cervello. Mentre le evidenze anatomiche avevano già supportato questa idea, il nuovo studio fornisce la prima dimostrazione dettagliata di come questi segnali siano calibrati in modo specifico per destinatari diversi.

Il team di ricerca ha incluso, oltre a Sur e Ährlund-Richter, anche Yuma Osako, Kyle R. Jenks, Emma Odom, Haoyang Huang e Don B. Arnold. Il lavoro è stato finanziato da una borsa post-dottorato delle Wenner-Gren Foundations, dal National Institutes of Health e dalla Freedom Together Foundation. Le prospettive future di questa ricerca includono l'indagine sui meccanismi molecolari attraverso cui questi segnali prefrontali modificano l'elaborazione sensoriale, nonché lo studio di come alterazioni in questi circuiti di controllo possano contribuire a disturbi neurologici e psichiatrici che coinvolgono deficit attentivi e percettivi. Comprendere come il cervello adatti dinamicamente la propria sensibilità agli stimoli esterni potrebbe aprire nuove strade per interventi terapeutici mirati in condizioni come l'ADHD, i disturbi d'ansia o le patologie dello spettro autistico, dove proprio questi meccanismi di regolazione appaiono compromessi.

Fonte dell'articolo: www.sciencedaily.com

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