Un recente studio pubblicato su PNAS rivela come il nematode Steinernema carpocapsae riesca a catturare insetti in volo sfruttando le forze elettrostatiche, in quella che rappresenta una delle scoperte più affascinanti nel nascente campo dell'ecologia elettrostatica. La ricerca, frutto della collaborazione tra l'Università Emory e l'Università della California a Berkeley, dimostra che questo verme lungo pochi millimetri è in grado di compiere salti fino a 25 volte la propria lunghezza corporea, l'equivalente di un essere umano che si lancia oltre un palazzo di dieci piani.
Il protagonista di questa straordinaria vicenda biologica è un verme cilindrico non segmentato che prospera nei terreni di quasi tutto il pianeta, eccetto le regioni polari. Il suo ciclo vitale è strettamente legato a una relazione simbiotica con dei batteri: quando individua un insetto sopra di sé, il nematode si arrotola su se stesso e si lancia in aria con una forza propulsiva notevole. Durante questi salti acrobatici, il verme ruota su se stesso alla impressionante velocità di mille giri al secondo, come ha osservato Victor Ortega-Jiménez, professore associato di biomeccanica all'Università della California a Berkeley e co-autore principale dello studio.
La scoperta rivoluzionaria riguarda il meccanismo che permette a questi minuscoli predatori di colpire il bersaglio con precisione. Le ali degli insetti in volo, sfregando contro gli ioni presenti nell'aria, generano un campo elettrico di diverse centinaia di volt. Questa carica induce una carica opposta nel verme, creando un'attrazione reciproca che facilita l'incontro tra i due organismi. I ricercatori hanno confermato che il processo è alimentato dall'induzione elettrostatica, un principio fisico già teorizzato dal fisico scozzese James Clerk Maxwell nel 1870.
Per verificare questa teoria, gli scienziati hanno dovuto affrontare sfide sperimentali di straordinaria complessità. Ortega-Jiménez ha sviluppato una tecnica per controllare con precisione la carica elettrica di moscerini della frutta, attaccando un minuscolo filo connesso a un alimentatore ad alto voltaggio sul dorso di ciascun insetto. "È molto difficile incollare un filo su un moscerino della frutta", ha spiegato il ricercatore, sottolineando come l'operazione richiedesse generalmente tra mezz'ora e un'ora per ogni singolo esemplare. Il processo di documentazione è stato altrettanto impegnativo, utilizzando telecamere ad alta velocità capaci di catturare 10.000 fotogrammi al secondo per registrare le traiettorie in volo di vermi praticamente invisibili all'occhio umano.
L'analisi matematica dei dati sperimentali è stata condotta da Ranjiangshang Ran, borsista post-dottorato nel laboratorio di Justin Burton, professore di fisica all'Università Emory. Ran ha utilizzato un algoritmo informatico noto come Markov chain Monte Carlo per analizzare circa 60 video di esperimenti, identificando 50.000 valori plausibili di parametri come il voltaggio dell'insetto, le dimensioni fisiche e la velocità di lancio del verme. I risultati hanno dimostrato che in assenza di forze elettrostatiche, solo una traiettoria su 19 raggiungeva con successo il bersaglio. Con una carica di appena 100 volt, la probabilità di successo rimaneva inferiore al 10%, ma con 800 volt la percentuale saliva all'80%.
Le simulazioni hanno inoltre rivelato un elemento sorprendente: anche la più impercettibile brezza, con una velocità di appena 0,2 metri al secondo, combinata con un voltaggio più elevato, aumenta ulteriormente la probabilità che il verme colpisca il suo obiettivo. Questo dettaglio è cruciale se si considera l'enorme dispendio energetico richiesto dal salto e i rischi di predazione o disidratazione che il verme affronta mentre è sospeso in aria. Come ha spiegato Ran, "I nostri risultati suggeriscono che, senza l'elettrostatica, non avrebbe senso che questo comportamento predatorio saltellante si sia evoluto in questi vermi".
Una volta che il verme riesce a raggiungere l'insetto, penetra nel suo corpo attraverso un'apertura naturale e deposita i batteri simbiotici, che uccidono l'ospite entro 48 ore. Dopo la morte dell'insetto, il nematode si nutre dei batteri in moltiplicazione e del tessuto dell'ospite, deponendo le uova. Diverse generazioni possono svilupparsi nel cadavere dell'insetto prima che i vermi giovanili emergano nell'ambiente per infettare altre prede. Questa caratteristica ha reso il Steinernema carpocapsae sempre più utilizzato nel controllo biologico dei parassiti in agricoltura, con ricercatori in tutto il mondo impegnati a ottimizzarne l'efficacia come pesticida naturale.
La scoperta si inserisce in un quadro più ampio di ricerche che stanno rivelando l'importanza dell'elettricità statica nel mondo degli organismi di piccole dimensioni. Nel 2013, Ortega-Jiménez aveva già dimostrato che le ragnatele possono sfruttare la carica elettrica degli insetti vicini per attirarli e intrappolarli. Altri studi hanno mostrato che le api utilizzano le forze statiche per raccogliere il polline, che gli acari dei fiori si aggrappano ai colibrì attraverso l'attrazione elettrostatica, e che i ragni che praticano il "ballooning" si affidano alla seta carica per spostarsi su lunghe distanze. Come ha spiegato Burton, "Le zecche possono essere risucchiate dal suolo da animali pelosi, puramente attraverso l'elettricità statica nella pelliccia dell'animale".
Victor Ortega-Jiménez ha sottolineato come questi piccoli organismi possano riservare scoperte tanto significative quanto quelle relative agli animali di grandi dimensioni: "Potreste aspettarvi di trovare grandi scoperte in grandi animali, ma anche quelli minuscoli custodiscono molti segreti interessanti". Il lavoro rappresenta un nuovo paradigma per ulteriori indagini sul ruolo dell'elettrostatica in ecologia. "Viviamo in un mondo elettrico, l'elettricità è tutto intorno a noi, ma l'elettrostatica dei piccoli organismi rimane per lo più un enigma", ha aggiunto il ricercatore, evidenziando come il team stia sviluppando gli strumenti per investigare molte altre preziose questioni legate a questo mistero. La ricerca è stata sostenuta da una sovvenzione della W.M. Keck Foundation e dalla Tarbutton Postdoctoral Fellowship dell'Emory College of Arts and Sciences, con il contributo di collaboratori del Georgia Institute of Technology e dell'Università della California a Riverside.