Aggiornamenti Android automatici: ecco come Google pensa di velocizzarli

Google starebbe testando una nuova funzione che eviterebbe all'utente di inserire le credenziali di accesso dopo il riavvio dello smartphone al termine di un aggiornamento Android.

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a cura di Lucia Massaro

Ogni volta che installiamo un nuovo aggiornamento del sistema operativo Android sul nostro smartphone, il dispositivo si riavvia per far sì che tutte le applicazioni ritornino a funzionare correttamente. A questo punto ci viene chiesto di inserire il codice di sblocco per aver accesso alla schermata principale. Un passaggio che – in alcuni casi – può risultare fastidioso per l’utente soprattutto se è stato impostato l’aggiornamento automatico o l’installazione durante la notte. È proprio quest’ultimo passaggio che Google starebbe tentando di eliminare.

A riferirlo sono i colleghi di XDA-Developers, sempre attenti alle novità presenti all’interno del codice di Android. La funzione - identificata come “Resume on Reboot – è stata scoperta su Android Gerrit. Sulla base della descrizione del commit AOSP del sistema del robottino verde, quando viene scaricato un aggiornamento OTA la funzione sarebbe in grado di memorizzare in modo sicuro quello che viene definito knowledge factor della schermata di blocco dell’utente. In pratica, le credenziali d’accesso come può essere il codice PIN.

Con Resume on Reboot, dunque, lo smartphone completerebbe il processo di installazione riavviandosi in maniera più veloce senza nessun intervento da parte dell’utente. Questo infatti non sarebbe costretto a inserire le proprie credenziali per accedere al dispositivo. Tuttavia, la fonte sostiene che questa funzione non arriverà su tutti i dispositivi in quanto necessita di uno specifico Hardware Abstraction Layer (HAL) chiamato IRebootEscrow.

A quanto pare però Google la starebbe già testando sull’ultima generazione di Pixel 4. La funzione potrebbe fare il suo debutto con un prossimo aggiornamento di Android 10 oppure bisognerà attendere il futuro Android 11. Il fatto che Big-G la stia sperimentando sui suoi ultimi smartphone lascia presupporre che almeno i recenti e futuri top di gamma degli altri marchi soddisfino già i requisiti hardware necessari e che quindi la funzione possa essere estesa anche ad altri dispositivi, diversi da quelli del colosso di Mountain View.

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