Android 11, Snapdragon 865 sarà il primo a supportare le carte d’identità digitali su smartphone

Lo smartphone si trasformerà in un documento di identità digitale grazie a Qualcomm e Google. I nuovi SoC Snapdragon 865 e Snapdragon 765 supporteranno le API per i documenti di identità digitali in arrivo su Android 11.

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a cura di Lucia Massaro

Nel corso dello Snapdragon Tech Summit 2019, Qualcomm e Google hanno annunciato che i nuovi processori Snapdragon 865, Snapdragon 765 e Snapdragon 765G saranno i primi a supportare le API per i documenti di identità digitali in arrivo sugli smartphone Android. Non sono stati forniti maggiori dettagli, ma è evidente che questa possibilità stia per concretizzarsi magari con la prossima versione del sistema del robottino verde, Android 11, prevista per il 2020.

In realtà, non si tratta di una notizia inaspettata. Già nei mesi scorsi, i colleghi di XDA-Developers avevano scovato degli indizi nel codice di Android 10. C’erano dunque pochi dubbi sul fatto che Google stesse lavorando a una funzione in grado di trasformare gli smartphone in documenti di identità, digitalizzando questi ultimi. Come ben sappiamo, la funzione non è approdata con la versione definitiva di Android 10. E in questo contesto che l’annuncio fatto alle Hawaii assume un’importante valenza. Vuol dire che probabilmente sarà il 2020 l’anno in cui vedremo comparire questa funzione sui nostri smartphone Android.

In pratica, grazie a un'API denominata "IdentityCredential", un documento di riconoscimento (carta di identità o patente di guida per esempio) viene memorizzato in modo sicuro sullo smartphone. Fatto ciò, l’utente potrà utilizzare lo smartphone per mostrare il proprio documento digitale in caso di bisogno. Certo, parliamo di una soluzione che pone davanti molte sfide, prima fra tutte la questione della privacy e della sicurezza.

Insomma, bisognerà capire bene in che modo avviene la digitalizzazione e il livello di sicurezza assicurato. Inoltre, uno dei limiti di un documento digitale è quello che può essere utilizzato solamente se il dispositivo è acceso. Un problema estremamente difficile da risolvere, se non addirittura impossibile. Siamo quasi certi che ci vorrà ancora un bel po’ di tempo prima di poter utilizzare una soluzione simile che dovrà essere accettata dai vari Stati per poter essere implementata e soprattutto sfruttata.

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