Apple creò il primo iPhone seguendo le regole del Fight Club

Nel processo Apple contro Samsung emergono particolari interessanti sulla progettazione del primo iPhone: fu fatta in un edificio supersegreto soprannominato Purple Building che sulla porta riportava la scritta Fight Club. Si pensava anche di fabbricare una Apple car e una fotocamera, ma poi non se ne fece nulla.

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a cura di Elena Re Garbagnati

Progetti per un iPad da 7 pollici, per una Apple car, una fotocamera digitale e un misterioso "Purple Project": è venuto fuori di tutto nella terza giornata di udienze del processo in cui sono contrapposte Samsung e Apple in California.

Innanzi tutto il giudice Koh è intervenuto in risposta alla richiesta di Apple di vincere il processo a tavolino per la fuga di notizie relativa alla copia del concept Sony (le prove respinte dal giudice sono passate in mano alla stampa): è stata respinta con una nota di sdegno in cui il magistrato ha chiesto retoricamente agli avvocati di Apple se davvero pensavano che parlare alla stampa equivale a violare un brevetto.

L'iPhone fu progettato nel Fight Club

Sono quindi saliti alla sbarra Philip Shiller, veterano di Apple, e Justin Denison, Samsung Strategy Officer. Schiller ha spiegato che, sebbene non sia contrario alla concorrenza, la copia conforme dei prodotti Apple "è un problema enorme" perché crea confusione fra i clienti, che potrebbero vedere un prodotto pubblicizzato su un cartellone solo per una frazione di secondo e compare quello concorrente molto simile.

Schiller inoltre, narrando la storia di Apple, ha detto che "il successo dell’iPod aveva persuaso Apple che poteva diventare molto più di una società di computer" per questo erano state analizzate idee per un'autovettura e una fotocamera, la seconda di Apple dopo la QuickTake degli anni '90.

Apple vagliò anche il progetto di una Apple car

Meno scontata e più interessante è stata la testimonianza di Scott Forstall, vice presidente della divisione iOS, che ha rivelato particolari curiosi sullo sviluppo del primo iPhone. All'inizio il telefono che oggi tutti conosciamo è stato l'oggetto del Purple Project, per il quale Apple blindò uno degli edifici di Cupertino con "porte con lettori di schede, che dovevano essere passate anche quattro volte per entrare in alcuni laboratori". L'edificio riportava sulla porta di ingresso la scritta "Fight Club" in riferimento al gruppo segreto del film omonimo, a cui era imposto di tacere a chiunque l'esistenza del gruppo stesso (La prima regola del Fight Club è non parlare mai del Fight Club).

Proprio Forstall durante il controinterrogatorio ha dovuto ammettere che Eddy Cue, oggi vice presidente della divisione Internet Services, abbia in passato più volte sostenuto la necessità di produrre un tablet da 7 pollici. Idea che a quanto pare non aveva scartato nemmeno Steve Jobs, come emerge da una mail del 24 gennaio 2011. Cue scriveva a Forstall: "Ritengo che ci sia mercato per un 7 pollici e che dovremmo produrne uno. Ne ho parlato a Steve diverse volte dal Giorno del Ringraziamento e sembrava molto recettivo l'ultima volta".

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L'ultimo a salire alla sbarra è stato Justin Denison, ritenuto una persona con una visione ampia dei piani sud coreani sui prodotti in corso di sviluppo. L'avvocato di Apple gli ha sottoposto una serie di documenti che proverebbero i tentativi di Samsung di emulare i prodotti Apple. Fra questi figura quello che è stato battezzato un "rapporto di valutazione relativo all'S1 e all'iPhone" datato 2 marzo 2010, ossia pochi mesi prima dell'annuncio del Galaxy S. 

Denison ovviamente ha negato ogni riferimento, e si è limitato a giustificare il cambio dello schermo previsto in un primo momento con quello piatto poi scelto per la produzione di massa spiegando che era stato scelto un modello bombato ma i che i costi erano troppo alti.

Se questa testimonianza abbia convinto la giuria è difficile a dirsi, in realtà sembra che a parte le curiosità che vi abbiamo raccontato di elementi probanti al di là di ogni dubbio non se ne siano visti da entrambe le parti. Sembra davvero la causa dei castelli di carta.