La Fair Labor Association è troppo tenera con Apple e Foxconn, e ha fatto affermazioni infondate sul miglioramento delle condizioni lavorative negli stabilimenti dove si producono iPhone, iPad e Mac. L'accusa proviene dall'Economic Policy Institute (EPI), un'organizzazione non profit dedita alla ricerca sulle politiche economiche, con particolare attenzione ai "bisogni dei lavoratori con entrate basse e medie".
La Fair Labor Association (FLA) è invece l'associazione scelta da Apple (e da altre grandi multinazionali) per raccogliere informazioni sulle condizioni dei lavoratori presso i propri fornitori, Foxconn in particolare. Il compito è stato assegnato lo scorso gennaio, ma da subito è emerso qualche dubbio sull'affidabilità e la credibilità delle indagini.
Pausa pranzo
Se è normale sospettare di un controllore nominato e finanziato dal controllore, una terza voce disinteressata che nega le affermazioni della FLA è certamente un altro paio di maniche. La FLA infatti in passato aveva affermato che le condizioni dei lavoratori cinesi erano in via di miglioramento, e che qualche modesto passo avanti c'era stato.
Non è così, tanto secondo EPI quanto secondo altre associazioni, come China Labour Watch. "A differenza delle affermazioni incoraggianti della FLA, i miglioramenti nelle condizioni lavorative presso Foxconn sono stati modesti nella maggior parte dei casi, effimeri o puramente simbolici, mentre alcune pretese sono del tutto infondate", si legge nel documento pubblicato dall'EPI.
Il problema starebbe nel fatto che i report positivi della FLA risalgono a giugno e luglio 2012, quando la produzione dell'iPhone 5 non era ancora cominciata. Nei mesi successivi la situazione sarebbe nuovamente precipitata - in parte anche per le difficoltà nel produrre il nuovo smartphone, che hanno portato a un sorprendente sciopero.
"Le prove suggeriscono che, anche se i miglioramenti c'erano nel periodo analizzato dalla FLA, non sono state mantenute quando si è intensificata la produzione dell'iPhone 5. I media cinesi hanno anche riportato che le fabbriche cinesi hanno forzato gli stagisti a prolungare la loro permanenza per lavorare all'iPhone 5", continua il documento.
Insomma le due aziende (cliente e fornitore) si sarebbero date una lucidata in un momento di relativa calma, per poi tornare alle solite (brutte) abitudini nel momento in cui il lavoro si è nuovamente intensificato. Per alcuni aspetti EPI parla di promesse non mantenute da parte di Apple e Foxconn: l'azienda statunitense e quella cinese si erano impegnate a pagare i lavoratori per le riunioni obbligatorie e i periodi di formazione, ma non è accaduto.
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"Il tema centrale è capire se Apple eserciterà la leggendaria abilità negli affari, lo spirito d'innovazione e le sue enormi risorse finanziarie per proteggere i diritti umani essenziali delle persone che creano i loro prodotti", conclude il documento.
Un'affermazione che riaccende un dibattito mai concluso: le violazioni e le pratiche scorrette nelle fabbriche dei fornitori sono in qualche modo anche una responsabilità dei clienti, che oltre ad Apple includono Nintendo, Sony, Samsung, Microsoft, Dell e tanti altri?