Procediamo con ordine. Nel 2017, il consulente tecnico d'ufficio nominato dal giudice del Lavoro di Ivrea ha riconosciuto al dipendente Telecom un danno biologico permanente del 23%. INAIL è stata dunque condannata al pagamento di un'indennità di 500 euro al mese a Roberto Romeo (questo il nome del dipendente Telecom) per tutta la vita. Di fatto, la sentenza ha riconosciuto "il nesso eziologico tra la prolungata e cospicua esposizione lavorativa a radiofrequenza emesse da telefono cellulare e la malattia denunciata".
È bene comunque sottolineare un aspetto. All'epoca dei fatti (1995-2010), Roberto Romeo trascorreva tra le 2 e le 7 ore al giorno al cellulare, ovvero una media di 4 ore al giorno. In più, nel primo periodo in cui si è consumata la vicenda non esistevano strumenti che consentissero di evitare il contatto diretto del telefono cellulare con il viso. Parliamo dunque di un utilizzo continuato nel tempo nell'effettuare telefonate, un caso particolare ma certamente significativo.
Si tratta comunque di un caso che, inevitabilmente, riaccende il dibattito sul nesso tra cellulari e tumori. L'estate scorsa un rapporto curato dall'Istituto Superiore di Sanità, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea non ha dato conferme sull'aumento di neoplasie legato all'uso del cellulare. In tal senso, esistono tante altre pubblicazioni scientifiche internazionali, ma ciò non sminuisce la portata storica della sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Torino. Chissà che questa vicenda possa spingere a effettuare nuovi e ancora più approfonditi studi.