Google, gogna per i produttori che non aggiornano Android

I produttori non aggiornano gli smartphone Android? Google sta studiando la contromossa, la classifica della vergogna.

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a cura di Manolo De Agostini

Uno dei problemi degli smartphone Android è legato agli aggiornamenti. I produttori dei dispositivi e gli operatori non aggiornano i terminali alle versioni più recenti del sistema operativo e, se lo fanno, ciò avviene con grande ritardo. Questo è un problema per Google sia d'immagine che di sostanza, perché le nuove versioni introducono funzioni di sicurezza e nuovi servizi che l'azienda vorrebbe si diffondessero più celermente.

La casa di Mountain View, negli anni, ha provato diverse strade per persuadere le aziende a mantenere aggiornati i propri smartphone, ma le iniziative - per quanto fossero buone - si sono sciolte come neve al sole.

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Chi acquista uno smartphone Android, specie se di fascia media o bassa, non sa quindi se e per quanto riceverà gli aggiornamenti del sistema operativo, tanto che i più smaliziati guardano i dispositivi Nexus della stessa Google per eliminare questa preoccupazione.

Forse però c'è una soluzione: stando alle indiscrezioni raccolte da Bloomberg in casa Google starebbero valutando la pubblicazione di una sorta di "classifica della vergogna" dove elencare i produttori che si sono comportati più o meno bene nell'aggiornamento dei propri terminali.

Una gogna mediatica, una classifica che metterebbe i produttori di fronte alle proprie responsabilità esponendoli al pubblico ludibrio, con potenziali risvolti anche sul fronte delle vendite: d'altronde chi acquisterebbe uno smartphone da un'azienda nota per lo scarso supporto? Le alternative non mancano. Tale classifica è già stata compilata e condivisa con i partner all'inizio di quest'anno, ma Google starebbe pensando di forzare la mano e renderla pubblica.

Il tema della frammentazione si trascina dalle origini di Android e negli ultimi mesi si è fatto più evidente: solo il 7,5% dei dispositivi Android adotta Marshmallow, l'ultima versione del sistema. E problemi di sicurezza come quello della libreria Stagefright, la cui patch non è arrivata celermente a tutti gli utenti, rappresentano un bel problema per Google.

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"La situazione non è ideale", ha confessato Hiroshi Lockheimer, boss di Android, descrivendo la mancanza di aggiornamenti come l'anello debole di Android per quanto riguarda la sicurezza. Anche le autorità non sono soddisfatte, tanto da dare inizio a un'indagine ufficiale negli Stati Uniti per capire i motivi dei ritardi o dell'assenza di update.

La spiegazione più logica è che ai produttori e agli operatori non conviene investire risorse sugli aggiornamenti. Il perché è presto detto: i margini sono ridotti nel mondo mobile e il processo di aggiornamento è costoso. Così si scelgono solo determinati prodotti simbolo, spesso di fascia alta, e pochi altri modelli. Aggiornare i prodotti di fascia bassa invece non è conveniente, anzi c'è la possibilità che un utente si stufi di avere un smartphone antiquato e lo cambi. Raramente ci sono ragioni tecniche dietro un mancato update.

A peggiorare la situazione ci sono anche gli operatori, che prima di dare luce verde alla distribuzione degli update sono soliti testarli a lungo per evitare malfunzionamenti sulle proprie reti. Benché le tempistiche si siano ridotte negli anni, servono comunque diverse settimane per completare tutti i test.

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Google, almeno per gli aggiornamenti di sicurezza mensili distribuiti in prima persona, starebbe cercando di convincere gli operatori a non effettuare i test di compatibilità sulle reti. Google riuscirà a cambiare la situazione con le buone, oppure dovrà passare alle maniere forti? Staremo a vedere, ma è evidente che l'azienda stia vagliando altre strade.

Una soluzione per diffondere i propri servizi senza dipendere dagli update è quella di introdurre nuove caratteristiche sotto forma di app. Un esempio è il servizio di messaggistica Allo, svelato nelle scorse settimane. Un'altra funzione come Instant Apps, che permette di provare app senza scaricarle, è stata studiata per funzionare sul 95% degli smartphone Android (da Jellybean in poi).

"Il modo migliore per risolvere questo problema è una massiccia riprogettazione del sistema operativo", ha affermato Mike Chan, cofondatore di Nextbit che ha lavorato su Android per diversi anni. Oppure Google potrebbe investire nella formazione dei produttori e degli operatori affinché imparino "essere buoni cittadini Android", ha aggiunto Chan, ma non sappiamo se volesse fare una battuta o se ci credesse davvero.

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