Google, il CEO Pichai: “L’intelligenza artificiale va regolamentata”

Il CEO di Google sottolinea la necessità di regolamentare l'intelligenza artificiale con quadri normativi che tengano conto di criteri come sicurezza, chiarezza, equità e responsabilità.

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a cura di Lucia Massaro

L’intelligenza artificiale va regolamentata. È questa la dichiarazione di Sundar Pichai, CEO di Google e Alphabet, che in un recente editoriale pubblicato su Financial Times invoca alla regolamentazione dell’AI che tenga conto del potenziale positivo e negativo nello sviluppo delle nuove tecnologie. La domanda più importante per il numero uno del colosso di Mountain View è come farlo.

Per Pichai, le aziende non devono lasciare che siano le forze di mercato a decidere come verranno utilizzate le nuove tecnologie sviluppate. “Spetta anche a noi accertarci che la tecnologia venga sfruttata per il bene collettivo e che sia disponibile per tutti” scrive il CEO che – per questo – invita i legislatori di tutto il mondo a definire delle linee guida comuni al fine di elaborare e far rispettare degli standard globali di utilizzo.

Per evidenziare ancor più l’importanza di avere una regolamentazione chiara e ben definita, vengono fatti alcuni esempi di come – nel corso della storia – alcune tecnologie abbiano comportato anche effetti negativi. Il più evidente è l’arrivo di Internet, la cui diffusione avvenuta in assenza di regole ha portato alla proliferazione della disinformazione.

Come detto in apertura, il problema è capire come procedere. Le norme e le misure già adottate dall’Unione Europea – come il GDPR – rappresentano una buona base di partenza anche per l’intelligenza artificiale per Pichai che invoca allo sviluppo di “un quadro normativo ragionevole che adotti un approccio proporzionato in grado di bilanciare i potenziali danni, soprattutto nelle aree ad alto rischio, e le opportunità sociali delle nuove tecnologie”.

Considerazioni che fanno eco alla proposta dell’UE di vietare l’utilizzo del riconoscimento facciale nelle aree pubbliche per un massimo di cinque anni proprio per stabilire nuove regole in materia di privacy e sicurezza e per prevenire gli abusi sull’uso che si potrebbe fare dei dati raccolti. Una mossa che si allinea all’approccio adottato da Google che ha deciso di non vendere le proprie tecnologie di riconoscimento del volto, preoccupata dal fatto che potrebbero essere utilizzate come strumento di sorveglianza di massa.

I quadri normativi dovrebbero tener conto di criteri come sicurezza, chiarezza, equità e responsabilità. A tal proposito, il manager di Mountain View sostiene che "per alcuni usi dell'IA, come possono essere i dispositivi medici regolamentati, inclusi i cardiofrequenzimetri assistiti dall'IA, i framework esistenti rappresentano dei buoni punti di partenza. Mentre per i settori più recenti come i veicoli a guida autonoma, i governi dovranno stabilire nuove regole appropriate che tengano conto di tutti i costi e i benefici rilevanti". I settori citati non sono casuali ma sono quelli in cui Google è attiva con progetti come Google Health, Verily e Waymo.

Insomma, le buone intenzioni ci sono ma – come lo stesso Pichai conclude – i principi che restano sulla carta non servono a nulla. La regolamentazione dovrà trasformarsi in azione stabilendo sanzioni pesanti e legittime a livello internazionale contro coloro che infrangono le regole stabilite. Per questo, diventa al contempo necessario la creazione di organi creati ad-hoc dalle istituzioni con il compito di controllare l’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

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