La batteria del futuro è "ad alga" e si ricarica al sole

In futuro potremmo avere smartphone alimentati grazie alla luce solare (proprio come le alghe e le piante in generale).

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a cura di Rossella Pastore

Come saranno gli smartphone del futuro? Be', probabilmente più grandi, più sottili e con componenti più eco-friendly. Questo è quanto suggerisce un nuovo studio dell'Università di Cambridge, impegnata in questi mesi nello sviluppo di un dispositivo innovativo che funzioni un po' come funzionano le piante.

L'ispirazione è tratta proprio dal meccanismo della fotosintesi, ossia di quel processo chimico attraverso cui i vegetali si alimentano a partire dalla luce solare. Più in particolare, la batteria sfrutterebbe le proprietà di fotosintesi di un'alga, la Synechocystis, classificata più di recente come "cianobatterio" (in realtà, a livello biologico, è molto simile a una normalissima pianta).

Sfruttando tali proprietà, i ricercatori sono riusciti a creare un piccolo sistema elettrochimico che, alimentato con la luce, produce corrente elettrica. Insomma: la batteria dei nuovi smartphone potrebbe ricaricarsi con la luce solare o anche artificiale, e inoltre sarebbe davvero poco ingombrante, a differenza delle attuali batterie al litio (è per questo che in premessa parlavamo della possibilità di avere smartphone "più sottili").

La batteria "ad alga" prodotta dai ricercatori pesa 50 g, è alta 6 cm e contiene 14 ml di "soluzione acquosa a base di Synechocystis". L'elettricàt complessiva è pari a 700/800 millivolt, mentre l'intensità è di pochi microampere. Nell'esperimento, la batteria è stata capace di fornire energia per più di un anno.

"La prospettiva è di intervenire probabilmente sia sulle dimensioni della batteria che sulla ricerca di un cianobatterio più efficiente o comunque più adatto alla tipologia di sensore", anticipa Paolo Bombelli, una delle persone che hanno lavorato al progetto. "Nello studio – prosegue il ricercatore – abbiamo confermato che la batteria ha funzionato sei mesi, ma in verità siamo riusciti ad alimentare il chip Arm Cortex M0+ per più di un anno e probabilmente avremmo potuto proseguire se non avessimo dovuto restituire il processore". In tutti questi mesi, l'elettricità ha permesso al chip di eseguire in loop una semplice operazione matematica.

Lo studio completo è disponibile qui. A detta del ricercatore, la difficoltà più grande riscontrata durante il lavoro ha riguardato la creazione di un meccanismo attraverso cui un elettrodo potesse trasportare e trasformare l'energia derivante dalla fotosintesi: "Alla fine abbiamo scoperto che con un anodo in alluminio, il cianobatterio formava colonie attive e quindi un biofilm. E vi abbiamo abbinato un secondo elettrodo costituito da una lamina in carbonio e nanoparticelle di platino affinché funzionasse come catodo", si legge in un'intervista di Bombelli a Repubblica datata 27 maggio. "Il nostro trasportatore era frutto della combinazione dell'alluminio e i batteri che prolificano nella soluzione liquida".

Ovviamente la strada da fare è ancora molta, ma il fatto che l'esperimento sia stato condotto in ambiente domestico (non in laboratorio) fa ben sperare.