Le app mobile arricchiscono i soliti noti, briciole agli altri

Una ricerca di Canalys mostra come il mercato dei software per smartphone abbia generato una disparità rilevante tra alcuni sviluppatori che guadagnano quasi tutto e gli altri, che devono spartirsi ciò che resta.

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a cura di Valerio Porcu

Senior Editor

L'App Store di Apple e il Play Store di Google producono molto denaro, ma solo per pochi fortunati. Secondo Canalys infatti la metà dei profitti finisce nelle tasche di soli 25 sviluppatori, la maggior parte dei quali sono colossi come Disney, Electronic Arts, Zynga, Gameloft e altri.

Canalys ha esaminato i 120 milioni di dollari generati nei primi 20 giorni di novembre del 2012, la metà dei quali derivanti da acquisti in-app. La società di ricerca ha scoperto non solo la disparità tra una minoranza ricca e una maggioranza povera, ma anche che oltre un terzo delle applicazioni a pagamento prese in considerazione sono videogiochi: 145/300 sull'App Store, 116/300 sul Play Store. Unica eccezione rilevante a questa regola è Pandora, un'applicazione di streaming musicale non disponibile ufficialmente sul mercato italiano.

Il maialino salvadanaio di Rovio

Quanto alle strategie, la società di ricerca ha rilevato che i grandi sviluppatori assaltano il mercato con molti titoli piuttosto che puntare su un solo gioco. Rovio per esempio offre otto varianti di Angry Birds e qualche altro titolo, mentre EA ha ben 962 applicazioni disponibili sullo scaffale elettronico di Apple.

La posizione dei grandi sviluppatori inoltre non potrà che rinforzarsi con le spese natalizie, perché hanno la possibilità di offrire almeno parte dei loro prodotti con forti sconti promozionali. Un'operazione quasi impossibile per gli sviluppatori più piccoli - che tuttavia dovrebbero far tesoro della lezione.

Se i grandi festeggiano, i più piccoli si preoccupano, perché sarà sempre più difficile per loro raggiungere e convincere nuovi compratori. La questione centrale è quella della cosiddetta discoverability, cioè la capacità di trovare e provare nuove applicazioni da parte degli utenti.

"La discoverability è un problema dell'Apple App Store e di Google Play in particolare, per via del loro enorme inventario", ha affermato Tim Sheperd di Canalys. E così gli sviluppatori meno in vista "dovrebbero considerare come sfruttare al meglio i social media e le raccomandazioni, le promozioni strategiche, gli sconti e le pubblicità in-app (per i propri prodotti, NdR)".

Il problema è così serio che esistono motori di ricerca e applicazioni dedicate proprio alla ricerca di applicazioni. Queste potrebbero non essere che dei palliativi, ma non è detto che il problema sia poi così grave. Dopotutto è il mondo stesso a riproporre la stessa realtà: pochi uomini in tutto il mondo detengono praticamente tutta la ricchezza, e lasciano agli altri le briciole o poco più. Per alcuni si tratta di una diseguaglianza intollerabile che obbliga moralmente a cercare modelli diversi per il futuro, ma per altri le cose vanno bene come stanno e ognuno ha ciò che merita.

La stessa dicotomia, a quanto pare, si ritrova nel più piccolo pianeta del software. Siamo piuttosto sicuri che gli squilibri tra gli sviluppatori, nel bene e nel male, si evolveranno di pari passo con quelli della popolazione mondiale. Siete d'accordo?