7 videogiochi che hanno anticipato i tempi

Scopriamo alcuni videogiochi che hanno anticipato i tempi e hanno lasciato delle importanti lezioni ai giochi arrivati dopo.

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a cura di Martina Fargnoli

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Oggi non fanno molto scalpore i videogiochi totalmente multiplayer online, ma com'era giocare online prima del modem 56k? Mondi virtuali elettronici prima di Second Life e degli MMO? No, non stiamo impazzendo. Halo ha cambiato per sempre gli sparatutto, Gears of War ha inventato le coperture… quante volte avete sentito delle frasi così? Sono del tutto vere? Jesse Faden ha riportato in auge la telecinesi e i poteri psichici, ma lo sapete chi sono Nick Scryer e John Vattic? Quanti giochi avete cancellato dalla vostra memoria nonostante avessero quel quid che li rendeva avanti rispetto ai tempi? A queste e altre domande cercheremo oggi di dare una risposta. Lo sappiamo che la storia la scrivono i vincenti, eppure qualcosa degli sconfitti è rimasto.

Majestic - Alternative Reality Game

Negli ultimi anni potremmo dire che sono molti i giochi EA che non hanno riscosso il successo che ci si aspettava. Tra Mass Effect Andromeda e Anthem, di delusioni cocenti ce ne sono state, ma mai da toccare punti bassi come Majestic. Colpa della sfortuna, di un pizzico di scelte sbagliate e di tempi e tecnologie che risultavano fin troppo stretti a quello che voleva essere un grande gioco multiplayer di realtà alternativa. Era il 2001 del resto. Riuscite a immaginare cosa vuol dire attendere che un personaggio vi scriva l’indizio del prossimo enigma via fax o tramite sms o che vi chieda di cercare informazioni collegandovi a un sito dalla vostra connessione dial-up? Non promette nulla di buono.

Aggiungeteci poi una struttura a episodi e un abbonamento da circa 10 dollari per andare avanti e la frittata è fatta. Abbiamo dovuto attendere il 2004 per World of Warcraft e una sottoscrizione mensile che ci sembrasse equa, e solo negli ultimi anni stiamo accogliendo di buon grado il pagamento di servizi per fare, be’, praticamente qualsiasi cosa: guardare film, ascoltare musica, giocare ai videogiochi, ottenere consegne in giornata. I numeri iniziali erano promettenti, circa 800.000 giocatori avevano registrato interesse per l'episodio pilota gratuito. Tuttavia, solo 71.200 hanno concluso l’episodio e la situazione non è andata migliorando quando è stato chiesto di sottoscrivere un abbonamento.

Le storie di cospirazioni e paranoia generale erano state forti per tutti gli anni novanta, basti pensare al successo di X-Files. Un gioco così richiamava sicuramente l’attenzione, purtroppo fu pubblicato un mese prima dell’attentato alle Torri Gemelle. Un vero e proprio caso di bad timing. Un altro problema fu prendere dalle serie tv - prima dell’era del binge watching di Netflix - oltre al mood, anche le tempistiche, con ritmi tra una sessione e l’altra di gioco più cadenzati. Ai videogiocatori piaceva avere il controllo del proprio tempo e decidere in modo autonomo quando e come poter continuare una partita.

Gli ARG oggi sono utilizzati soprattutto a fini pubblicitari per promuovere videogiochi, film, libri e altri media. Uno degli esempi più famosi è I Love Bees, organizzato per pubblicizzare Halo 2. I giocatori si sono ritrovati a risolvere enigmi che rimandavano addirittura alle coordinate di telefoni pubblici da cui interagire con gli operatori dietro al gioco. Anche Halo 3 ha utilizzato un ARG per incuriosire i giocatori fino al lancio, ma questa volta facendo partire la “caccia al tesoro” direttamente dai forum della community.

Habitat - un cyberspazio negli anni ottanta

Forse non avete mai sentito parlare di Habitat, vuoi perché in Italia non è mai arrivato, vuoi perché quando uno sente parlare della Lucasfilms Games / LucasArt pensa a Grim Fandango o The Secret of Monkey Island, ma nel 1986 Chip Morningstar e F. Randall Farmer hanno dato vita a un “cyberspazio condiviso” inizialmente sviluppato per QuantumLink, un servizio online - ai tempi - in esclusiva per i possessori di un Commodore 64.

Habitat è stato ispirato dalla fantascienza, in particolare, fondamentale fu il romanzo “Il vero nome” di Vernor Vinge, ma sul concetto di cyberspazio è forte anche l’influenza di Gibson e Sterling. Gli avatar nel gioco possono muoversi, raccogliere e manipolare oggetti, parlare tra loro e comunicare a gesti. Per conversare è sufficiente digitare il messaggio sulla tastiera. Il testo digitato viene visualizzato sopra la testa di un personaggio come se fosse un balloon in stile fumetto.

Il progetto era molto ambizioso: il prototipo del mondo di Habitat consisteva in circa 20.000 regioni. Ognuna di esse poteva confinare con un massimo di altre quattro regioni, tutte raggiungibili semplicemente camminando. Non erano però solo schermate con diversi fondali, ma contenevano anche diversi oggetti per specifiche interazioni. 20.000 erano anche le persone che da accordi commerciali avrebbe dovuto ospitare lo spazio condiviso, con l’obiettivo di espandersi fino ad arrivare a 50.000.

I problemi iniziarono a venir fuori già con test da 50 giocatori. Tutti gli avatar avevano bisogno di case e non potevano trovarsi tutte nello stesso luogo: c’era bisogno di arterie stradali, aree commerciali e ricreative per offrire dei luoghi interessanti da visitare. Ognuno di questi elementi però doveva essere prima creato. La fase beta terminò nel 1988 e il gioco fu rilanciato come Club Caribe. Oggi Habitat rivive in NeoHabitat, un progetto open source promosso dal Museum of Art and Digital Entertainment e ospitato su GitHub.

Starsiege: Tribes - un'influenza che dura fino a oggi

Riprendendo il quesito se Halo ha effettivamente influenzato gli FPS, senza dubbio ha cambiato il mondo degli sparatutto su console. Il suo contributo al genere è innegabile: è riuscito a unire in una formula vincente e ben funzionale elementi nuovi e di già presenti sul mercato, ma tre anni prima di Halo: Combat Evolved c’è stato un gioco a cui i moderni FPS devono molto e di cui spesso ci si dimentica. Parliamo di Starsiege: Tribes, uno dei primi giochi solo online che con le sue idee ha aperto la strada a tanti che sono arrivati dopo.

Tribes poteva contare su un sistema di classi – ormai onnipresenti in giochi come Call of Duty – che ben si sposava con la natura a obiettivi delle sue modalità multigiocatore. Un’altra delle sue particolarità era la grandezza delle mappe e la facilità con cui si passava dagli interni all'esterno. Oggi combattimenti a 100 giocatori in grandi mappe all'aperto sono diventati la norma, ma nel 1998 non erano esattamente lo standard. DooM era lo standard. Purtroppo per Tribes, quell’anno, Half-Life fu molto più dirompente.

Non bastarono però i jet pack, una caratteristica chiave dello sviluppo di Tribes dotata di un grande potenziale: maggiori possibilità di movimento nella mappa, imprevedibilità nel combattimento e un ritmo di gioco diverso. Fu la scoperta di un bug a dare forma alle possibilità di movimento definitive. Premendo il pulsante di salto si annullava la collisione con il paesaggio, consentendo al giocatore di accelerare giù per i pendii e lanciarsi senza attrito in aria, raggiungendo velocità molto più elevate di quanto fosse possibile con il solo jet pack. Così nacque lo “skiing” di collina in collina.

Anche Tribes non può considerarsi un successo planetario, ma ha riscosso un grande seguito all'interno di una community che per moltissimi anni lo ha supportato e che, dopo la chiusura dei server ufficiali della Sierra nel 2007, ha mantenuto viva la passione per un titolo che vent'anni fa poteva apparire come un azzardo. Oggi l’incarnazione più recente della serie è lo sparatutto free-to-play Tribes: Ascend.

WinBack: Covert Operations / Kill.Switch e le coperture nei videogiochi

Gears of War non ha inventato il sistema di coperture, su questo si può concordare, e per stessa ammissione di Cliff Bleszinski, l’influenza maggiore l’ha avuta da Namco e il suo Kill.Switch. Il che non è un caso, considerato che Chris Esaki è stato sia il producer di Kill.Switch che il lead designer di Gears of War. Chi sia stato il primo o meno, però, è innegabile che sia stato proprio GoW a renderla una meccanica popolare e ben integrata nel corso di tutta l’avventura.

Tornando però ancora più indietro nel tempo, al 1999, WinBack: Covert Operations è stato tra i primi giochi in terza persona a presentare un embrionale sistema di copertura che si avvicina a quelli moderni. Una meccanica successivamente ripresa anche da Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty il quale aveva indubbiamente più carisma della creatura creata dal team Omega Force di Koei. Jean-Luc Cougar, un agente segreto che deve infiltrarsi in un centro di comando satellitare, non è Solid Snake.

Le novità includevano il potersi riparare dietro muri e ostacoli sia in posizione eretta che da accovacciato per sporgersi a destra o a sinistra muovendo la levetta e sparare con la pressione di un altro tasto. Controllare il personaggio non era però semplice come oggi, ma richiedeva una combinazione di tasti per abbattere i nemici, entrare e uscire dalla copertura. Fu però nel 2004 che Kill.Switch migliorò quel rozzo sistema di coperture e introdusse anche la possibilità di sparare alla cieca senza esporsi e lanciare granate. In Namco i sistemi di copertura non erano una novità assoluta, basti pensare che già nel 1995 in Time Crisis se ne faceva uso per ripararsi e ricaricare.

Il sistema di copertura è diventato una parte integrante di moltissimi giochi moderni, ma se dobbiamo guardare a una reale innovazione dopo che la meccanica si è stabilizzata, allora non possiamo che citare anche Vanquish, l’action di Platinum Games da poco disponibile in versione remastered per PS4 e Xbox One. La distruttibilità delle coperture e lo slow-motion per entrare o uscire dai ripari hanno cambiato completamente i ritmi di gioco.

Second Sight vs. Psi-Ops: The Mindgate Conspiracy

Lo scorso anno Control ha riscosso un grande successo. L’action-adventure di Remedy Entertainment ha colpito per la narrativa, i suoi elementi soprannaturali applicati al gameplay e alla distruzione ambientale dinamica, ma prima che Jesse Faden salisse agli onori della cronaca, nel 2004 ci fu un’inattesa esplosione di poteri paranormali. Second Sight e Psi-Ops: The Mindgate Conspiracy finirono per scontrarsi e nessuno ne uscì davvero vincitore. Entrambi non riuscirono a suscitare abbastanza interesse per un seguito e nonostante le differenze tra i due, finirono spesso per essere accostati l’uno all'altro.

Prima di TimeSplitters, Free Radical Design stava lavorando a un gioco chiamato Redemption che sarebbe dovuto essere il primo titolo sviluppato dallo studio inglese, ma con la PS2 in arrivo in America solo a ottobre del 2000, venne messo in pausa per lanciare insieme alla console il fortunato sparatutto in prima persona. La fortuna non sembrava seguire Second Sight, perché il successo di TimeSplitters finì per essere un danno collaterale: Eidos chiedeva altri TimeSplitter. Nel frattempo, Second Sight era entrato in piena produzione passando nelle mani di Activision, ma il turbolento intervento di Bobby Kotik lasciò nuovamente Free Radical Design senza un publisher.

Codemasters si fece avanti e alla fine nel 2004 il gioco fu finalmente pubblicato senza ormai la possibilità di grandi interventi di marketing per la sua promozione, né ci fu il tempo per rifinire il sistema di controllo, uno dei punti sempre molto criticati. Midway Games, dal canto suo, uscì sul mercato con Psi-Ops: The Mindgate Conspiracy, un gioco più incentrato sull'azione e gli effetti visivi rispetto a Second Sight. La presenza di 6 abilità psichiche, talvolta usate in modo violento, con le quali destreggiarsi in livelli costruiti per sfruttare diverse soluzioni, finì per oscurare il ritmo più lento e riflessivo dello stealth di Free Radical Design.

La storia di Second Sight resta però uno degli aspetti più intriganti e di qualità del titolo, che ha acquisito solo più tardi l’appellativo di gemma da riscoprire. Intrecciando storie parallele, flashback e flashforward, è in grado di attirare e coinvolgere in un racconto sorprendente portato avanti da un cast molto credibile. Oggi Free Radical Design ha cambiato pelle diverse volte ed è stata al centro di svariate acquisizioni: prima è passata sotto Crytek UK mentre oggi continua a lavorare su Dead Island 2 come Dambuster Studios sotto Deep Silver.

Tra i giochi citati non manca Vanquish, disponibile oggi in un bundle insieme a Bayonetta per festeggiare i 10 anni dall'uscita. Acquistalo su Amazon.