A Plague Tale: Requiem, l'ambizioso sequel di Asobo Studio | Recensione

A Plague Tale: Requiem è l'ambizioso seguito dell'amato A Plague Tale: Innocence di Asobo. Ve ne parliamo in questa recensione.

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a cura di Mario Petillo

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Asobo Studio arriva con prepotenza nella finestra autunnale del mercato videoludico con il suo A Plague Tale: Requiem, sequel del già acclamato titolo che aveva spinto gran parte della critica e del pubblico a guardare con curiosità e ammirazione il lavoro svolto dal team francese, supportato da Focus Entertainment. Diciamo con prepotenza perché il team di Bordeaux negli ultimi anni ha decisamente saputo mettere l'acceleratore sulle proprie produzioni, dopo essersi dedicata per un'intera vita a tie-in di matrice Disney e Pixar. Con le release di A Plague Tale: Innocence e Microsoft Flight Simulator, invece, Asobo Studio ha fatto in modo che l'occhio di bue si spostasse nella sua direzione, spingendoci a guardare con grande attenzione alle vicende di Requiem, in uscita il 18 ottobre su console e PC. Ve ne parliamo, adesso, nel dettaglio.

A Plague Tale: Requiem: la peste che colpì la Provenza

È il 1349 e, senza addentrarci eccessivamente nel contesto narrativo col rischio di consegnarvi qualche spoiler, Hugo De Rune e Amicia fuggono dalla loro città natale, una terra devastata dalla guerra, dai ratti e dall'Inquisizione. È trascorso pochissimo dalla fine del precedente capitolo, ambientato in Francia e nel 1348, quindi un anno pima, nel pieno della Guerra dei Cent'anni. Avevamo lasciato i due fratelli nella condizione di poter iniziare una nuova vita, mettersi alle spalle quella peste che tanto stava attanagliando non solo la popolazione, ma lo stesso Hugo. La Macula, quel potere soprannaturale rimasto dormiente nel sangue di alcune nobili famiglie, inizia a essere preponderante e ingombrante nella testa del ragazzino, che pur avendo imparato a manovrare i ratti che infestano la città deve confrontarsi con l'odio che serpeggia tra la gente nei suoi confronti.

Adesso, mentre attraversano la Provenza, la speranza, condivisa anche con Beatrice e Lucas, è quella di trovare non solo un po' di pace, ma anche una soluzione alla Macula. In questa ambientazione, diversa dalla straziante guerra Aquitania, andremo a denotare ancora di più il contrasto che vive tra la realtà oppressiva del medioevo, soprattutto nel periodo dell'Inquisizione, e ciò che invece la Provenza ha sempre saputo offrire con i suoi ambienti inesplorati e allo stesso tempo affascinanti, fedelmente ricostruiti anche grazie alla consulenza di storici medievali, capitanati da Roxane Chila. Nel corso di circa quindici ore, qualcuna in più rispetto a Innocence, andremo ancora una volta a sviscerare, con la parsimoniosa attività di esplorazione da parte di Amicia, i meandri di un'epoca per noi lontana, ma che non ha mai smesso di esserci vicina nei modi e nella ruvidità della gente.

La sete di vendetta dei fratelli De Rune

Dal punto di vista del gameplay, A Plague Tale: Requiem riprende quelli che erano gli stilemi del suo predecessore, affidandosi a quella fedeltà continuativa che non poteva stravolgere l'avventura in pochi mesi di passaggio da Innocente al proprio sequel. Amicia è sicuramente diventata più aggressiva, figlia anche dell'esperienza vissuta sul finale della prima avventura dei fratelli De Rune, e questo ci ha aiutato nelle prime fasi di gioco, quando lo stealth non ci è stato molto di supporto. Se da un lato, quindi, il team di Asobo Studio ha puntato forte sullo sgattaiolare e sull'assalto alle spalle dei nostri nemici, dall'altro lato ci è stata lasciata piena libertà in fase di costruzione del nostro futuro.

Armati inizialmente solo di sassi e di fonde, abbiamo scoperto che un colpo alla testa al nostro avversario poteva essere fatale, così come che nonostante i nemici muniti di elmetto non fossero in grado di cadere al suolo storditi avremmo potuto intontirli per qualche secondo, necessario a fuggire alle loro spalle. Approcci variegati, che non ci costringono a seguire una specifica direzione, tantomeno a sentirci vincolati su un binario predisposto dal team di sviluppo. La varietà aumenta, inoltre, proseguendo nel gioco, perché al di là di alcune armi che andremo a sbloccare, tra cui una balestra o anche dei coltelli, andremo ad attivare anche le nostre competenze alchemiche.

Amicia, d'altronde, non vuole essere da meno rispetto al fratello Hugo e la sua ghiera del crafting andrà a riempirsi gradualmente di artefatti che a prima vista potrebbero sembrare magici, ma in realtà sono solo delle ottime combinazioni da alchimista. Da quelle che saranno delle semplici, ma efficaci bombe incendiarie, utili per allontanare i ratti che popolano la Provenza, si passerà a delle bombe fumogene per oscurare le fonti di luce, oltre a una melma in grado di rallentare i movimenti dei nemici avversari per qualche secondo. Un aspetto che ha giovato sia nel dare più profondità al gameplay, ma che allo stesso tempo mi ha permesso di apprezzare il lavoro svolto con gli enigmi ambientali.

A Plague Tale Requiem: gli spazi della Provenza

Tutti gli ambienti e i luoghi di Requiem sono infatti più ampi di Innocence e permettono uno studio dell'enigma molto più raffinato e complesso. Là dove, inoltre, Ignifer ed Extinguis, le due matrici alchemiche a disposizione di Amicia, non bastassero, Asobo Studio ha inserito il catrame, materiale in grado di incrementare il raggio delle fonti luminosi e che può essere utilizzato anche per dar fuoco ai nostri avversari. In questo caso, però, come sempre d'altronde, bisognerà tener conto del rumore che questi produrranno nel momento in cui verranno colpiti.

D'altronde approcciare A Plague Tale: Requiem in modalità stealth richiede grande attenzione, soprattutto fino a quando non sbloccherete l'abilità Echo di Hugo, che vi permetterà di rivelare la posizione dei nemici attraverso le pareti. Disponibile da circa metà gioco in avanti, l'ho percepita come una sorta di ricompensa per essere riusciti a sopravvivere fino a quel punto senza l'ausilio di una mappa o di qualsivoglia supporto ambientale: un realismo decisamente esasperato, che ha aumentato in diversi momenti e punti dell'avventura la difficoltà, che però è stata anche mitigata da altre importanti modifiche.

Rispetto al suo predecessore, infatti, Amicia adesso non cade tramortita al primo colpo, ma può controbattere e soprattutto scappare per riconquistare lo stato di stealth. Ciò che meno mi ha colpito di questa nuova meccanica è il fatto che la nostra protagonista debba incassare il primo colpo e cadere rovinosamente a terra prima di poter replicare: una farraginosità che si poteva evitare permettendomi di schivare il primo assalto avversario. Allo stesso tempo le sessioni di stealth sono state rese difficili e faticose dall'estrema attenzione dei nemici, in grado di scovarci anche se ben nascosti sotto un tavolino ad altezza pavimento. Soprattutto per questo in alcuni tratti l'offerta stealth mi è sembrata evitabile e ho preferito correre fino all'obiettivo schivando i colpi avversari laddove possibile.

Questo strapotere di IA viene meno, clamorosamente, nel momento in cui ci siamo trovati ad affrontare i nostri avversari. Nelle prime fasi del gioco, soprattutto, armati di fionda siamo riusciti ad avere la meglio su chi avrebbe potuto stenderci da lontano con una lancia. Aspetto che si è acuito nelle battaglie contro i boss, che ho preferito elidere da questa analisi per non rovinarvi l'esperienza di affrontare queste corazze umane che ci torchieranno nelle rispettive arene. Una pecca che, in ogni caso, non va a minare l'esperienza complessiva di A Plague Tale: Requiem, in grado di regalare un'esperienza che dal punto di vista visivo si esalta a gran voce.

Gli alleati della famiglia

Tra le novità che ho annoverato poc'anzi dal punto di vista delle armi a disposizione di Amicia c'è sicuramente la balestra, a nostra disposizione per stendere gli avversari, anche quelli corazzati, con un solo colpo. C'è da dire che il suo essere micidiale viene controbilanciato dalla penuria di dardi reperibili negli scenari, ma in diverse situazioni, una volta recuperata, saprà rivelarsi adeguata. Nelle fasi avanzate del gioco, inoltre, come già raccontato da chi ha avuto l'occasione di provare il gioco in anteprima rispetto alla release, verrete affiancati da un muscoloso alleato di Hugo in grado di eseguire degli ordini che gli verranno impartiti. Arnaud, infatti, come anche Lucas nelle prime fasi del gioco, può eseguire delle azioni che Amicia gli indicherà, così da sfruttare anche la componente che riguarda il non essere quasi mai da soli durante l'esplorazione e i combattimenti.

Prima di passare ad analizzare, quindi, l'aspetto tecnico, un ultimo accenno va sicuramente usato per il potere di Hugo, che rischiava, in particolar modo adesso che risulta essere più possibile da padroneggiare da parte del ragazzino, di rivelarsi OP. Innanzitutto il potere non può essere usato troppo a lungo, così come i topi possono essere assoggettati solo se collocati a breve distanza da Hugo, che non sempre riuscirà a raggiungerli facilmente. Allo stesso tempo Amicia potrà usare i ratti a proprio vantaggio, cercando di manipolarli e gettarli contro gli avversari di turno. Una meccanica che rappresenta quel cuore delle novità che Asobo Studio ha voluto offrire al panorama videoludico e che sono sicuro riuscirete ad apprezzare, musofobia a parte.

Arriviamo in chiusura alle considerazioni sull'aspetto tecnico. Graficamente siamo dinanzi a un lavoro meraviglioso, in grado di donarci delle ambientazioni davvero affascinanti, soprattutto quando mi sono ritrovato a camminare all'interno del mercato nella prima cittadella nella quale abbiamo deciso di fare sosta. I colori della Provenza si esaltano e creano quel contrasto che lo stesso Hugo evidenzia nel dire che lì le persone non hanno paura delle cose brutte che stanno succedendo. Tra un'illuminazione sempre precisa e una costruzione degli ambienti in grado di farci viaggiare indietro nel tempo fino al 1300, A Plague Tale si conferma un titolo dall'alto valore produttivo.

Inoltre, la versione dai me testata, su PC, non era ancora fornita di ray tracing, che verrà aggiunto solo al lancio del gioco. Questo significa che l'esperienza finale per l'utente potrà giovare ancora di più di effetti di luce e riflessi in grado di avvicinarsi sempre di più al realismo. Il tutto arricchito con un ottimo doppiaggio - al di là forse di Hugo, che così come in Innocence continua a essere molesto dopo qualche riga di dialogo - e una colonna sonora coinvolgente e un sound design ben pensato per adattarsi a ogni momento e sequenza.

A schermo compaiono fino a 300mila ratti, molti di più dei 5mila che ci venivano offerti nel 2019, andando ad aumentare anche la loro intelligenza, con un movimento più coordinato e in grado anche di scalare alcune superfici, con grande sorpresa di Amicia, per sfuggire alle fonti di luce. L'evoluzione dal punto di vista tecnico si esalta anche nei volti dei due protagonisti, perché se da un lato Amicia ha un outfit che riconduce a una grande guerriera, in contrasto con Innocence, Hugo si ritrova affranto e contrito da ciò che gli sta accadendo: il suo volto parla anche quando la sua bocca non lo fa e quell'impatto psicologico e quel trauma che ha vissuto nell'avventura precedente prendono piede in quelle cicatrici morali che il ragazzo si porta dietro.