A Plague Tale: Requiem, quando un legame va oltre lo schermo

Ecco il nostro approfondimento dedicato ad A Plague Tale: Requiem, il secondo capitolo del franchise ideato da Asobo Studio

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a cura di Nicholas Mercurio

Lo ammetto, amo le belle storie e i momenti da lacrime virili, e a Plague Tale: Requiem non ha rotto questa magica tradizione. Trovo che alcuni racconti siano davvero difficili da scrivere e proporre in un medium complesso come quello videoludico, che ne ha già di particolareggiati, intensi e coinvolgenti a profusione. La serie A Plague Tale, tuttavia, è un progetto che ha attirato su di sé tante discussioni costruttive, tra chi è rimasto incantato da A Plague Tale: Innocence, e chi non ne ha assolutamente un bel ricordo. Con A Plague Tale: Requiem (qui il link alla nostra recensione) c’è da dire che le polemiche si sono tutte concentrate sui trenta fotogrammi al secondo, più che sull’opera stessa, con i suoi pregi e difetti, tra le sue incongruenze e soprattutto le sue ipocrisie, oltre ai suoi tanti meriti. Il suo vero obiettivo, che in realtà è sempre stato chiaro sin dal principio, era offrire un racconto ambientato in un periodo storico complesso, dilaniato da guerre e sferzato da orribili vicende, proponendo una trama matura e un contesto diversi dagli altri.

Non si è mai presentato, infatti, come un progetto che aspirasse a essere innovativo e un capolavoro immortale, e ricordo i primi trailer pubblicati sul profilo YouTube di Asobo Studio, che raccontavano celermente la trama di gioco e il contesto in cui era ambientato. Inoltre, una volta pubblicato attirò gli occhi su di sé in un modo che riesce soltanto a poche opere, facendosi apprezzare sia dalla critica che dal pubblico per la sua storia struggente. Vuoi perché era un’opera che ha avuto la capacità di raccontare una bella trama, vuoi perché Amicia e Hugo erano protagonisti notevoli, vuoi perché i temi al loro interno erano trattati con maturità, A Plague Tale: Innocence sapeva incastrarsi nel panorama odierno in modo convincente. Da allora è passato molto tempo, e il giocatore ha vissuto esperienze diverse in attesa del secondo capitolo del franchise, giunto da poco su quasi tutte le piattaforme.

Sono tornati i ratti, oltre ad Amicia e Hugo, e ora la trama si è fatta più oscura, spaventosa, terribile e angosciante. La fanciullezza, che ormai è un ricordo del passato, è stata sostituita da una crescita forzata a causa degli eventi. Non c’è più pace, non c’è più armonia e non è rimasto nulla del passato di Amicia e Hugo che entrambi ricordano con gioia. C’è solo il lento sfacelo del tempo e c’è la piaga dei ratti chiamata Macula, una malattia che sta via via consumando Hugo, togliendogli le energie, alimentando al contempo la peste, che ha ormai devastato ogni reame d’Europa, incluso il regno d’Inghilterra governato da Edoardo III. Siamo sempre in Francia, nello scenario non belligerante della Provenza, diverso dalla Guienna, la regione settentrionale in cui le avventure dei fratelli hanno avuto inizio. Ma meglio procedere con ordine, dal perché esiste questo secondo capitolo.

Perché A Plague Tale ha avuto successo?

Giunto sul mercato nel 2019, l’anno in cui Sekiro: Shadows Die Twice ha vinto il Game of the Year, A Plague Tale: Innoncence si presentò al pubblico e alla stampa specializzata senza grandi proclami. Aveva attirato su di sé le attenzioni per i trailer e per Olivier Derivière, già compositore di opere come Remember Me di Dontnod, 11-11: Memories Retold e Vampyr, per citarne solo alcune, che offrì il suo prezioso contributo per creare delle musiche indimenticabili.

Il progetto A Plague Tale: Innocence, in realtà, avrebbe dovuto chiamarsi “The Plague” per indicare la piaga dell’esperienza di gioco, che in questo caso è la Peste Nera, inserita come un deterrente narrativo convincente e assolutamente ben azzeccato. Inoltre, i due attori Charlotte McBurney e Logan Hannah hanno prestato la voce, il volto e le loro movenze durante l’intero sviluppo della produzione, che il team francese aveva intenzione di rendere ottimamente rappresentati. Asobo Studio, infatti, non ha mai nascosto di essersi ispirato a Brothers: A Tale of Two Sons, sviluppato da Josef Fares, conosciuto per la favola di It Takes Two e A Way Out.

E non ha mai nascosto, oltretutto, di nutrire profonda stima nei confronti di The Last of Us. Ci tengo a sottolineare, ovviamente, che le due operazioni sono totalmente diverse non solo per il budget, tanto che quello di The Last of Us Parte II ammonta a cento milioni di dollari, mentre le produzioni di Asobo Studio dedicate alle avventure di Amicia e Hugo sono costate un prezzo che è all’incirca la metà del capolavoro di Naughty Dog, e forse addirittura di meno. Questo è un dato importante poiché non soltanto rende l’idea dei costi di produzione del primo capitolo della serie, che ha proposto un’avventura indimenticabile ma un gameplay lineare, nonostante fosse funzionale al racconto. La trama di A Plague Tale: Innocence era ben scritta perché arrivava all’obiettivo che si era inizialmente prefissato: essere un’avventura narrativa con qualche sprazzo di gameplay qua e là e con poche altre novità.

Non si è mai presentato, quindi, come un videogioco che intendeva innovare il genere, né voleva sfidare grandi nomi. Asobo Studio fino al momento della pubblicazione di A Plague Tale: Innocence ha sempre sviluppato videogiochi dedicati al mercato Disney, e non ha mai osato creare qualcosa di nuovo poiché sarebbe stato impossibile oltre che assolutamente ambizioso. Con A Plague Tale: Innocence, semplicemente, il team francese intendeva raccontare una storia struggente e proposta a una larghissima fetta di pubblico per fargli conoscere il racconto di Amicia e Hugo. Il suo scopo, dunque, non è mai stato sfidare grossi nomi, nonostante le ovvie ispirazioni di cui ho parlato, ma neanche cercare di essere un videogioco nato perché c’era bisogno di una storia simile. Anzi, in realtà intendeva raccontarsi in un modo semplice, senza strafare, e aggiungendo alla ricetta quel goccio di paranormale che, per quanto esagerato, aveva un comunque un senso di esistere, sebbene alcuni lo ritenessero fuori dal contesto e con il Medioevo c’entrasse poco.

Un altro aspetto del precedente capitolo, forse, era che la Macula è stata spiegata in maniera frammentaria, cosa che nel secondo capitolo è stata approfondita a dovere. Il successo di Asobo e in generale di A Plague Tale: Innocence, quindi, è dettato dalle qualità del racconto, della narrazione e del contesto offerto dai francesi. Per capire a fondo un progetto, dunque, serve interfacciarsi con esso nel modo giusto, capendo anche il processo di sviluppo di un’opera, oltre che il risultato finale.

Amicia e Hugo: due fratelli, un destino incerto

Uno dei motivi per cui attendevo A Plague Tale: Requiem era il rapporto tra Amicia e Hugo, che ho sempre trovato commovente oltre che scritto in modo travolgente. Se nel primo capitolo entrambi erano piccoli, immaturi e probabilmente spaventati, adesso Amicia è più matura, mentre Hugo è consapevole della sua malattia, del fatto che il suo futuro potrebbe essere segnato e inevitabile. Il predecessore, senza mezzi termini, introduceva il giocatore a un mondo brutale, facendogli conoscere da vicino le conseguenze della guerra portata avanti da Edoardo III Plantageneto, con la Francia completamente assediata dalle truppe inglesi. C’era un contesto, che Amicia e Hugo pensavano fosse lontano anni luce dalle loro abitudini e da cosa conoscevano del mondo. Al tempo, infatti, Amicia aveva solamente quindici anni, ed era una ragazzina che viveva a stretto contatto con il padre, vedendo raramente il fratellino. Il bambino, infatti, era tenuto lontano dagli altri dalla madre Beatrice, un’alchimista abile, nonché una studiosa attenta e una lettrice appassionata.

I fratelli De Rune si ritrovano, quindi, in un conflitto in cui non sono preparati. E Amicia è costretta a crescere, ferita dopo ferita, privazione dopo privazione, imparando che il mondo è brutale, triste e ostile. Che non è adatto ai bambini, ma solo ai mostri. Ritrovandosi a crescere, braccati dall’Inquisizione, Amicia e Hugo attraversano le regioni settentrionali francesi, con la speranza di lasciare quel luogo il più fretta possibile, ricominciando magari altrove. La conclusione di A Plague Tale: Innocence, infatti, non aveva dato ulteriori informazioni sulla Macula e c’era ancora molto da raccontare sulla malattia del piccolo. A Plague Tale: Requiem, insomma, è una produzione pensata per spiegare in maniera approfondita le origini della malattia di Hugo, che è ormai alle fasi finali e potrebbe portarlo alla morte da un momento all’altro. In verità, però, sia Amicia che Hugo non conoscono tutta la verità sulla Macula né sulla sua evoluzione, e nel secondo titolo viene approfondito ogni elemento che riguarda questa orribile piaga. Pur cercando di evitare che la malattia lo consumi, comincia a credere di essere una minaccia per il mondo intero, e solo Amicia può trovare un modo per aiutarlo, promettendogli che non lo lascerà mai. Una promessa che, per un bambino di sei anni, significa tutto: il loro rapporto, che in A Plague Tale: Innocence era partito in un modo burrascoso, è legato da un amore profondo e dall'eroismo di entrambi.

Ogni loro scontro, infatti, non porta più al loro allontanamento, e qualunque problematica viene affrontata senza paura. Mentre Amicia si fa forza da sola, deve trovarne anche per Hugo, che si ritrova a dover convivere con qualcosa di ben più grande di lui. Pur provando a farlo, convincendosi che tutto è al suo posto, vive con il crescente peso di dover stendere la mano verso la sorella, che è visibilmente stanca. Non mi è mai capitato, a parte con New Tales from the Borderlands, di assistere a un vero e proprio attacco di panico, che ha portato Amicia a non lottare più. In tanti la conoscono come una protagonista forte e indomita, ma quanto è complicato trovare il coraggio in un mondo devastato e in totale conflitto con sé stesso oltre che con il resto del mondo?

La giovane affronta il passato, convive con la perdita di suo padre, ha visto persone a cui teneva morire, ha vissuto traumi che in realtà potrebbero bastarle per un’intera vita e vorrebbe solo un po’ di tranquillità. Un tema assolutamente calzante e ben implementato è la ricerca della pace, che sia Amicia quanto Hugo cercano a discapito della loro sofferenza. Cosa significa vivere una vita, se non si può stringere a sé? E cosa vuol dire convivere con il passato, se quest’ultimo è così orribile? I due protagonisti, pur provando a rispondere a questa domanda, si ritrovano però a dover convivere con il peso del loro dolore. I brevi istanti in cui sono felici, mentre cercano di trovare qualcosa di bello dal mondo, riflettono soltanto ciò che sognano, e non è una contentezza duratura ma solo momentanea.

Non facendo troppi spoiler, sappiate solo che lo stesso Hugo in più di un’occasione si ritrova a dover fare i conti con sé stesso, considerandosi una minaccia per la pace di ogni reame d'Europa. Quando un bambino di sei anni pensa che la morte sia la sola soluzione per dare pace al mondo, significa che la speranza, per quanto nobile, si è esaurita da tempo. Pur provando a lottare, cercando una risposta in antichi e monumenti, il futuro sembra ormai segnato. Asobo Studio, scegliendo dunque di alzare il livello qualitativo della propria opera, ha optato per una narrazione per nulla scontata. Pensavo che, con A Plague Tale: Innocence, avrebbe finito le idee. E invece mi ha sorpreso positivamente, andando a definire e a spiegare le origini della Macula, che a quanto pare arrivano subito dopo il crollo dell’Impero Romano d’Occidente, nel cuore dell’Impero Romano d’Oriente, a Costantinopoli. Conosciuta come la peste di Giustiniano, la pandemia si diffuse principalmente nell’Impero Bizantino. Oltre a essere un ottimo deterrente narrativo, delinea in realtà l’intera trama del secondo capitolo, andando a spiegare con semplicità come la Macula abbia già colpito in passato. Lo ha fatto, in tal senso, ai danni di un altro Portatore e della sua Protettrice.

In A Plague Tale: Requiem, dove ogni elemento di trama viene spiegato accuratamente, si nota come il rapporto tra Amicia e Hugo sia diventato più forte proprio a causa degli avvenimenti che devono sopportare. Amicia, che teme di perdere il suo amato fratellino, è sicura di trovare una cura ma non lo è fino in fondo. Prova a cercare risposte nel passato, impegnandosi con tutta sé stessa, nonostante non sia affatto semplice. Nel frattempo, Hugo può solo contare su di lei, oltre che su nuovi amici che li accompagnano nel loro viaggio. I due fratelli crescono insieme mentre gli avvenimenti si susseguono, non apparendo mai scontati, privi di enfasi e momenti morti.

In A Plague Tale: Requiem il loro legame viene approfondito in maniera tale che ogni gesto è pensato per far stare bene Hugo. E nonostante Amicia provi a rasserenarlo, il piccolo è in conflitto e ha paura di sé stesso. Prova a convivere con le sue paure, mentre cerca di non pensare alla sofferenza, anche se è impossibile. Il supporto di sua sorella è fondamentale, tanto da ritrovarsi a contare soltanto su di lei. I loro sguardi, facendosi intensi, diventano tutt’uno e ogni cosa all’apparenza complessa e impossibile, diventa più facile da approcciare. La narrazione dell'opera gioca su queste fondamenta, proponendo al giocatore un rapporto che ammetto di aver visto raramente in una produzione videoludica.

È complesso non provare empatia per Amicia, che è responsabilizzata a dare conforto a suo fratello, il quale soffre perdutamente per il suo passato e le sue perdite. Tutti temono di perdere la fanciullezza nel momento in cui diventano grandi, e Amicia è cresciuta troppo in fretta per apprezzarne le sfumature. In realtà immaginiamo quanto sia complesso per Hugo non riuscire a vivere un’infanzia serena, costretto a sopportare il peso di una malattia che lo sta consumando mentre il mondo fa di tutto per essere un posto orribile, sferzato dall’odio e dal rancore. Per esempio, qualcuno vede Hugo come un’ancora di salvezza e sarebbe pronto ad approfittare di lui in modo sconsiderato. Amicia fa di tutto per proteggerlo da chi sarebbe pronto a rendergli la vita impossibile e sgradevole, sfruttando una maledizione che sarebbe in grado di devastare il mondo intero.

Il fato di Hugo è già segnato

Asobo Studio, scrivendo del rapporto tra Amicia e Hugo, ha dunque cercato di far notare queste sfaccettature, dando loro la dovuta importanza. È qualcosa che, infatti, spiega in modo sopraffino cosa significa sacrificare sé stessi per qualcuno che si ama. Amicia ama suo fratello, e Hugo sarebbe pronto a tutto pur di proteggerla. Il gesto migliore, d’altronde, è stringere la mano di chi amiamo per portarlo lontano dalla paura, ed è qualcosa che in A Plague Tale: Requiem avviene perché è inevitabile aspettarselo. L’intera produzione, che ha grossi meriti e difetti, è riuscita ad approfondire a dovere un rapporto che non è soltanto accessorio, ma è totale, importante e vivo. Rappresenta l’essenza stessa di A Plague Tale, offrendo un contesto intenso e profondo a tal punto da risultare indimenticabile. In più di un’occasione, infatti, avrei voluto essere al posto di Amicia per sopportare Hugo durante i suoi momenti di sconforto, proprio per darle l’occasione di riposare, poiché anche lei, dopo otto mesi di fughe rocambolesche, necessita di pace.

La stanchezza, i sospiri, la paura e le emozioni di Amicia sono quintuplicate nel secondo capitolo, e risultano talmente ben amalgamate nel racconto da risultare commoventi. In più di un’occasione, e non lo nascondo, mi sarebbe piaciuto supportare anche Hugo, che a soli sei anni si ritrova a sopravvivere in un contesto fuori dal comune. Mentre i bambini della sua età dovrebbero giocare, lui si ritrova a sopravvivere ai suoi fantasmi e alle sue paure. E passo dopo passo, come se ormai avesse accettato il suo fato.

Cosa aspettarsi dal futuro di A Plague Tale?

Evitando spoiler e dettagli sulla trama principale di A Plague Tale: Requiem, ho provato a spiegare cosa rende questo secondo capitolo unico e assolutamente imperdibile dal punto di vista narrativo. Il gameplay, funzionale alla storia, non ha subìto grossi travolgimenti ed è sempre rimasto sui binari già delineati in passato con A Plague Tale: Innoncence.

Pensare al futuro della serie, dopo la spiegazione della Macula e delle sue origini è stata capace di dare al racconto una maggiore profondità, viene inevitabile. Mi sono arreso all’idea che esista un’eredità nella vita di tutti i giorni e che i migliori insegnamenti nascano dai sacrifici che si compiono per andare avanti, magari andando contro tutti. È un pensiero incoraggiante perché, oltre a confortare, può offrire un altro modo per affrontare il dolore. È tutta una questione di eredità, in fondo, e lo è anche nel caso di Amicia e Hugo, due fratelli nati sotto una stella sbagliata che si amano come non mai, sostenendosi a vicenda. Il futuro, d’altronde, passa dall’eredità. E che posta non la colga mai.