AAA cercasi tempo per videogiocare: la “dura” vita di un gamer over30

Questa è la vita di moltissimi di noi, videogiocatori over 30, mariti/mogli, magari pure genitori che, nonostante i tantissimi impegni quotidiani, continuiamo ad amare alla follia i videogiochi e lottano ogni giorno per conquistarsi del tempo con il proprio passatempo preferito. Ma sistematicamente falliscono.

Avatar di Marco Locatelli

a cura di Marco Locatelli

“Forse sì, domani dopo cena ce la dovrei fare. Ho un paio di orette libere. Ah no, accidenti! C'è la partita di calcetto. Va beh, c'è sempre domenica mattina: mi alzo alle 7.00 e poi via, almeno tre ore di sfrenato gaming prima che il nanetto si svegli non me le toglie nessuno”.

E scegli proprio la domenica, unico giorno di meritato riposo ma sacrificabile pur di avere un momento con il tuo passatempo preferito. Ma niente, non basta nemmeno quello: il pupetto si sveglia alle 7.30 e devi preparargli la colazione. E non ci provi nemmeno a giocare con lui attorno: il gamepad entrerebbe immediatamente di diritto nella sua lista di oggetti preferiti da sgraffignare nei momenti meno opportuni, superando pure il telecomando della tv.

“E va beh, allora ci riproverò domani sera. Andrà meglio”. Ci credi, mentre sul tuo lunghissimo backlog annoti l'ennesimo titolo che non giocherai mai. E forse in fondo lo sai, ma tuo lo inserisci lo stesso, e ci piazzi pure una stellina perché è uno di quelli tripla A. Mica gli indie o le “scommesse”, quelli ormai non puoi permetterteli più. E va bene così, tanto tra poco arrivano le vacanze di Natale.

E già pregusti quei giorni al calduccio, sotto al tuo plaid mentre distruggi orde di mostri al tuo GDR preferito. Come si dice “l'attesa del piacere è essa stessa il piacere”, peccato a te rimanga solo l'attesa: sì, perché realizzi ben presto che nelle vacanze natalizie c'è la cena di mezzanotte con il parentado al completo, poi il giorno di Natale dai tuoi h24, e non vorrai mica rinunciare al richiamino di Santo Stefano? E poi le cene aziendali, le cene con gli amici, la cena del calcetto (sì, quello di cui sopra – e mannaggia a te che non ti decidi ad ascoltare quel mal di schiena e appendere le scarpe al chiodo).

Poco alla volta vedi le possibilità di videogiocare assottigliarsi in maniera inversamente proporzionale alla tua silhouette post natalizia. “È ineluttabile”, come diceva quel simpatico mascellone prima di schioccare le sue dita con il “guantone magico”. E intanto le vacanze sono finite e l'unica attività lontanamente ludica affrontata è stata la partita a Trivial Pursuit. E poi pensi che, tutto sommato, se Trivial Pursuit lo giochi sulla PlayStation 4 – e magari fai pure il “ganassa” con i parenti – è pur sempre un videogioco. E quindi, sì, hai avuto un momento per videogiocare. Ok, ok, non sarà il gioco del “postino” di Kojima che devi ancora finire (ma chi lo finisce più?), ma è pur sempre meglio della tombolata.

Questa è la vita (videoludica) di moltissimi di noi, videogiocatori over 30, mariti/mogli e magari pure genitori che, nonostante i tantissimi impegni quotidiani, continuiamo ad amare alla follia i videogiochi. Un amore travestito da chimera, che ci porta alla continua e strenua ricerca di un piccolo (ci accontentiamo, ormai) momento magico gamepad alla mano, come vampiri affamati di sangue. E certe volte rimpiangiamo quelle sessioni stringate di “solo un'ora, ma prima finisci i compiti” che la mamma ci imponeva durante l'adolescenza. Che tanto poi diventavano tre perché lei si fidava (santa donna).

E quando qualche amico o conoscente ti dice: “perdi ancora tempo con quei giochini?”. Rispondi che a quel momento tutto tuo, unico, non vuoi assolutamente rinunciare. Non vuoi mollare, tieni duro, perché sai che tornerà. Ma ora la prospettiva è cambiata: la verità è che ogni tanto, la domenica, la sveglia suona alle 7.00 del mattino e la casa è silenziosa. Il pupo dorme profondamente, la moglie pure. Li guardi, pregusti già le tue ore di “aria” in compagnia del tuo amato passatempo. Potresti finalmente giocare. Ma poi li guardi ancora, e li vedi così bellissimi. Allora decidi di restare ancora un po' con loro e pensi: “Va beh, posso sempre giocare domani”. E giocherai amico mio. Solo un po' di meno, ma va bene lo stesso.